Perché il prossimo Eurogruppo segnerà il grande imbarazzo del governo Meloni sul Mes

Valerio Valentini

Il 16 gennaio Giorgetti sarà l'unico ministro dell'Economia contrario alla ratifica del Fondo salva stati. A Bruxelles notano il cortocircuito tra Mef e Palazzo Chigi. E Tajani sbuffa: su unione bancaria e riforma del patto di stabilità l'Italia diventa sabotatrice di se stessa

Sul calendario di Giancarlo Giorgetti il 2023 presenta già una casella segnata in rosso. E’ il 16 gennaio: il giorno – l’ennesimo – del grande imbarazzo. Sarà quella la data in cui il ministro dell’Economia si ritroverà a partecipare all’Eurogruppo, e a vestire i panni del solo  ministro dell’Economia dell’Eurozona che chiede condivisione e flessibilità offrendo in cambio ostruzionismo e sabotaggio. Per la prima volta, l’Italia si presenterà a Bruxelles come unico esponente in difetto sulla ratifica del Mes: e non sarà un dettaglio. Il 5 dicembre scorso, nella stessa assise, c’è stato il gran debutto di Pierre Gramegna, il direttore del Fondo salva stati: ed era stata l’occasione per rinnovare i solleciti ai paesi ritardatari sul varo del nuovo trattato. Giorgetti aveva avuto buon gioco a fare il sovranista con la Corte costituzionale degli altri: “L’Italia attende il pronunciamento dei giudici di Karlsruhe”, aveva spiegato. Ora che la sentenza tedesca è arrivata, Roma non ha più alibi.

Tanto più che pure la Croazia, fresca di adesione all’euro, ha subito fatto richiesta di ammissione al Mes. Resta solo il governo Meloni. E le sollecitazioni arrivate nei giorni scorsi dallo stesso Gramegna, oltreché dal commissario Paolo Gentiloni, dicono di un’insofferenza ormai notevole a Bruxelles nei confronti degli attendismi italici. E non a caso, di fronte alle recenti scombiccherate dichiarazioni della premier, c’è stato chi, dalle parti della Commissione, s’è chiesto se ci fosse più improvvisazione o sfacciataggine, nell’atteggiamento dell’esecutivo Meloni.

La leader di FdI ha infatti affermato che “c’è un motivo se il Mes non è mai stato utilizzato da nessuno”. Ignorando, evidentemente, non solo che ben cinque stati membri hanno già fatto ricorso al Fondo, ma che nell’ultimo Eurogruppo Gramegna aveva riferito ai ministri dell’Economia sugli sviluppi del programma di sorveglianza su Cipro, Irlanda, Spagna e Portogallo. E, come si legge nel comunicato diramato alla fine del vertice, “si è trattato di una discussione molto serena perché abbiamo convenuto con l’analisi della Commissione per cui tutti questi paesi (…) non hanno alcun problema a ripagare i loro debiti”, e anzi “possono vantare una riduzione dei loro crediti deteriorati e un accesso piuttosto agevole ai mercati”. Dunque non solo era falso che “il Mes non è stato utilizzato da nessuno”, ma anche la fantasmatica ragione alla base di questo falso assunto, e cioè che il ricorso al Mes sarebbe sconveniente o  pericoloso, è infondata. E Giorgetti doveva saperlo. Era distratto o si è dimenticato di riferirlo alla premier?

Di fatto c’è che le istanze per ratificare in tempi rapidi il Mes arrivano ormai anche dalla stessa maggioranza. Raffaele Fitto ha opposto un imbarazzato silenzio alle domande arrivategli giorni fa, sul tema, durante l’esposizione delle sue linee programmatiche in Parlamento: “E’ un tema complesso”, ha detto. Antonio Tajani ai parlamentari di FI ha ribadito che “al di là delle obiezioni di merito, non possiamo permetterci di essere gli unici che bloccano una riforma”. Sanno entrambi, il ministro per gli Affari europei e quello degli Esteri, che d’altronde è proprio l’Italia a invocare un rafforzamento dell’Unione bancaria, e che è italo-francese l’idea di trasformare il Fondo salva stati in un’Agenzia del debito che promuova investimenti per la crescita: ma entrambe le strade sono sbarrate, paradossalmente, dal boicottaggio della stessa Italia, sabotatrice di se stessa. “Se chiediamo flessibilità all’Ue, dobbiamo essere flessibili”, ha ricordato Tajani in un’intervista alla Stampa. E di flessibilità il governo Meloni ne chiederà parecchia, nelle prossime settimane, sia sul Pnrr sia sul RePowerEU. In cambio, Giorgetti andrà a Bruxelles, il 16 gennaio, a offrire patriottico diniego?

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  • Valerio Valentini
  • Nato a L'Aquila, nel 1991. Cresciuto a Collemare, lassù sull'Appennino. Maturità classica, laurea in Lettere moderne all'Università di Trento. Al Foglio dal 2017. Ho scritto un libro, "Gli 80 di Camporammaglia", edito da Laterza, con cui ho vinto il premio Campiello Opera Prima nel 2018. Mi piacciono i bei libri e il bel cinema. E il ciclismo, tutto, anche quello brutto.