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Bandierine

Vaccini, autonomia e pensioni. Gli screzi nella maggioranza

Ruggiero Montenegro

Questioni (post) elettorali e mancati riconoscimenti che rischiano di rallentare il governo. Ma anche storie personali, come quella di Ronzulli che non voterà il reintegro dei medici No vax. La Russa avverte: "Esercizio provvisorio sarebbe un danno per l'Italia. Si voti la manovra entro il 30 dicembre"

La lealtà al governo, dicono tutti i protagonisti, non è in discussione. Il pericolo di strappi - assicurano - non esiste. E però tra i vari decreti in discussione e la legge di Bilancio, ovvero su quel filo che unisce il lavoro della maggioranza, i nodi e le frizioni non mancano. Questioni di bandierine e posizionamenti, di mancati riconoscimenti che rischiano di rallentare il percorso dell'esecutivo. Ma anche di storie individuali, come le beghe tra il ministro del Turismo in quota di FdI Daniela Santanché e il suo predecessore leghista Massimo Garavaglia. 
  
O come, e soprattutto, quella di Licia Ronzulli in prima fila nella battaglia per i vaccini, che di votare un decreto - quello sui Rave - tra i cui rivoli c'è anche un articolo che riammetterà in corsia medici e sanitari No vax, proprio non vuole saperne.  Lei, la caprogruppo di Forza Italia in Senato, figura tra le più vicine a Silvio Berlusconi e protagonista di aspre polemiche nella fase che ha portato alla nascita del governo, getta acqua sul fuoco, sottolinea che si tratta di una "scelta personale", e che tutto il resto del gruppo di FI voterà il decreto. Ma si domanda anche: "Cosa accadrebbe nel caso in cui dovessimo trovarci a fronteggiare un’altra emergenza sanitaria? Si rischia un precedente pericoloso". Ronzulli dice di aver avvisato per tempo il Cav., chiede anche di non essere strumentalizzata per questa scelta e ribadisce un'altra volta il supporto "incodizionato" a Meloni. Solo che "non ho mai visto un capogruppo votare in difformità dal suo gruppo,  è la prima volta che vedo capitare una cosa di questo genere", fa notare il presidente del Senato. E non è un commento a caso, Ignazio La Russa la politica la conosce bene e ancor di più resta tra gli uomini più vicini a Giorgia Meloni, le sue parole pesano.

  

Ed è sempre dalle sue parole che si capisce come, per quanto i rapporti siano buoni, in maggioranza ci sia ancora da discutere, limare, rivedere. Anche a proposito della legge di Bilancio, dove le scadenze non ammettono ritardi. "Se qualcuno tentasse di mandare all’esercizio provvisorio la manovra sarebbe un danno non al governo, ma all’Italia", agita il sospetto La Russa, richiamando alla responsabilità delle forze politiche: "Ci sia un un confronto profondo, anche duro se necessario, ma entro il 29 dicembre, massimo il 30 si voti". 

 

 

Il timore insomma è che le battaglie dei singoli partiti possano avere ricadute sulla Finanziaria, dove per gli emendamenti della maggioranza c'è un tesoretto di circa 400 milioni, che non permette tuttavia grandi spazi di manovra e di trattativa. Oltre a un intervento sui crediti del Superbonus, ("altrimenti si richia un disastro"), per Forza Italia resta dirimente il tema delle pensioni minime, un cavallo di battaglia del Cav.: vanno portate subito a 600 euro - come lo stesso capogruppo alla Camera Cattaneo ha spiegato su su queste pagine - con l'obiettivo di arrivare a 1000 entro la fine della legislatura. Le risorse per iniziare a lavorare subito a un innalzamento, benchè minimo - è il conto che fanno gli azzurri -, potrebbero essere trovate a discapito di quota 103, ovvero di quella riforma delle pensioni che è stata argomento centrale nella campagna elettorale della Lega. Che infatti non gradisce. Così come non ha gradito troppo quel "valutiamo con prudenza la proposta di autonomia differenziata", pronunciato in pubblico da Silvio Berlusconi, dopo aver sentito per telefono il ministro per gli Affari regionali Roberto Calderoli - il massimo promotore della riforma - fissando i paletti di questo percorso.

 

Il Cav. chiede garanzie per le regioni del sud. E d'altra parte non è un mistero che le principali divergenze sul tema siano geografiche prima ancora che politiche. Tanto che "sull'autonomia mi sento più vicino a Emiliano e De Luca che a Zaia e Fontana", ha dichiarato qualche giorno fa il presidentre forzista della Sicilia, Renato Schifani. Segnali al Carroccio, ma pure a Meloni, che con questo nodi dovrà fare i conti. 

  

Oggi intanto alla Camera e al Senato, interviene il ministro della Difesa Guido Crosetto a proposito del sostegno all'Ucraina. Si voteranno anche le risoluzioni. Una questione su cui non sono mancate nelle scorse settimane le fughe in avanti di Lega e Forza Italia, che hanno dimostrato un approccio più morbido rispetto all'atlantismo di Fratelli d'Italia. Ma almeno su questo non sono attese oggi sorprese. Sul resto invece toccherà a Meloni trovare le mediazioni più efficaci, salvaguardando gli equilibri della sua maggioranza e soprattutto scongiurando il rischio dell'esercizio provvisorio.