Ansa 

Mentre il Pd suona la chitarra (o la lira) Conte si prende la sinistra

Salvatore Merlo

Madonna pellegrina dei diseredati. Dopo Scampia, il presidente grillino oggi visita la periferia di Milano e Torino

Lo stolto ci vedrà soltanto vane emulazioni, turistici coraggi, fatue e pubblicitarie scimmiottature che contribuiscono a creare la più inquietante delle atmosfere: quella dell’inautenticità. Giuseppe Conte in golfino a collo alto che abbraccia gli emarginati di Scampia, Conte travestito da esistenzialista francese in mezzo ai disoccupati di San Salvario a Torino, e ancora Conte, misericordioso in cappotto di cachemire fra i senzatetto della periferia sud di Milano... Ma un grande saggio come Rocco Casalino, al contrario sa  che l’operazione (nome in codice: “Madonna pellegrina dei diseredati”) è l’invenzione di una leadership. Per rifondare la sinistra, i mastri birrai del Pd distillano barilotti di purissima noia congressuale, mettono insieme in nome del popolo e a spese del popolo spettacoli di cui il popolo (che Dio gliene renda merito) si ostina a non capire assolutamente niente, quando  bastava andare in giro per le periferie d’Italia indossando – come a carnevale – il vecchio golfino del professor Sartre. Altro che Adorno e Habermas, era sufficiente Casalino.

   
E allora stamattina Giuseppe Conte visiterà il quartiere multietnico di San Salvario a Torino, seguito dalle telecamere dei talk show, e poi nel pomeriggio eccolo alla periferia sud di Milano (sempre seguito dalle telecamere) e infine, arieccolo, alla prima della Scala. Ma non nel palco reale, attenzione. Quello va bene per la casta. Quello va bene per  i borghesi e i nemici del popolo. Lui no. Conte non sarà seduto nel palco centrale, sotto la corona dorata di Vittorio Emanuele II, lì dove ci saranno invece Giorgia Meloni assieme (orrore) a Ursula von der Lyen e al presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Conte ci sarà, sì, ma ultimo tra gli ultimi, profeta scalzo: seduto tra i senza tetto dell’associazione Opera cardinal Ferrari, ospiti a fin di bene, proprio come lui, della Scala. E anche se l’Avvocato, tornato finalmente del popolo, non indossa (non ancora) i sandali di San Francesco, ma quel golfino a collo alto che è diventato la sua divisa da Café de Flore, da scapigliato di sinistra (“se sto nel Palazzo mi metto la pochette, ma tra la gente indosso questi maglioncini”), è ormai chiara e manifesta la sua vocazione.

 

Ma quanti ne ha di questi golfini, presidente Conte? “Tantissimi”. Glieli ha comprati Casalino? Chissà. Ma d’altra parte non è stato forse Nicola Zingaretti a spiegare a Conte che lui, e lui solo, è il  “punto di riferimento fortissimo della sinistra”? Non era forse Bettini a dire che soltanto lui sa “conservare un dialogo semplice e attento con il popolo”? E allora eccolo, lo hanno evocato da anni, e dunque adesso eccolo davvero sotto forma di Madonna pellegrina ma in golfino a collo alto, mentre   spazia sulle periferie dell’emarginazione italiana, mentre vola pacifista sui campi di battaglia dell’Ucraina, mentre soccorre  idealmente i moribondi, i profughi, i famelici...

 

E dopo Milano e dopo Torino, arriveranno anche Bari e infine Palermo, nelle piazze di spaccio del quartiere Japigia e tra gli edifici diroccati dello Zen, “per offrire rappresentanza politica alla disperazione della gente”. Egli si dedica  all’incauta imitazione di Berlinguer e  di Pertini, e abbandonando le piccole, modeste parole  che forse gli sarebbero congeniali, adopera dei termini perentori e totali. Tutto un’interlocuzione, un ripetitivo, un gratuitamente, una interrogazione, un susseguirsi di termini onnicomprensivi che piacciono alla televisione trash del pomeriggio. Padrone di un sinistrese riarrangiato, sì, ma che tuttavia proprio questo ha di buono: è generico. E sarà anche vero che è tutto finto, posticcio e costruito perché Conte è oggi l’unico leader  circondato da uno staff numeroso e combattivo, visto che il capo del partito leggero è ormai l’unico con la squadra pesante, fatta di gente che lo veste e lo prepara: Casalino, Chiara Ricciuti e il social media manager Dario Adamo.

 

E sarà anche vero che i soli proletari di cui fino a ieri questo avvocato da un milione di euro all’anno ha avuto conoscenza diretta sono il garzone idraulico e il garzone benzinaio che votano Lega. Sarà anche tutto vero, ma mentre lui visita i tossicodipendenti di Rogoredo col dolcevita addosso, dall’altro lato la figura paradigmatica del Pd è il sindaco di Roma Roberto Gualtieri, uno di cui se non l’avessimo visto ieri mattina suonare la chitarra in tv da Fiorello, e la settimana prima suonarla con Vasco Rossi, non sapremmo dire altro.  

 

Ecco allora che forse basta un altro po’ di congresso lisergico, un altro po’ di chitarre e di statuti da riscrivere, un altro po’ di Schlein che si riconnette “con il fuori” e di Bonaccini che non parla e di Letta che si è dimesso ma non si è dimesso, un altro po’ di correnti chiamate “onde” o “aree culturali”, e chissà che alla fine di tutto questo il Pd  non diventi per Conte quel che Mariano Apicella era per Silvio Berlusconi: un falò, una chitarra, un abbraccio e un accordo elettorale di sudditanza. 

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  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.