Giuseppe  Conte e Enrico Letta (Ansa)

la strategia

Adesso anche Letta tifa Conte e lancia lo sprint al sud

Ruggiero Montenegro

"Un risultato importante del M5s al sud ci favorisce, rende contendibili anche collegi uninominali che prima non lo erano", dice il segretario dem smussando i toni aspri di qualche giorno fa e, chissà, guardando già al 26 settembre. Ma sull'Ucraina le posizioni restano molto distanti. Il capo M5s: "No all'invio di nuove armi"

I toni, rispetto a qualche giorno fa, sono decisamente cambiati. Smussati, ammorbiditi. Perché Giuseppe Conte sarà anche il leader di una forza politica che sempre più veste i panni di una "Lega Sud" ma è vero pure che "da un punto di vista elettorale un risultato importante del M5s al sud ci favorisce, rende contendibili anche collegi uninominali che prima non lo erano". Oggi Enrico Letta lo spiega in un'intervista a Repubblica, mettendo in chiaro quello che una parte dei dem, anche ai piani alti, va ripetendo a mezzabocca da settimane. In queste ultimi giorni però, a questa sensibilità - affinità - politica si sono unite considerazioni più concrete: secondo alcune analisi arrivate sui tavoli del Nazareno la crescita grillina nel meridione avviene a scapito della coalizione di centrodestra, insidiando Fratelli d'Italia, il che aprirebbe spazi all'allenza "democratica e progressista". Michele Emiliano, il governatore della Puglia, si era spinto ancora oltre, invitando (non senza attirarsi qualche critica) direttamente a votare quantomeno un candidato grillino. Insomma voto utile sì, ma non troppo.

 

Centrale resta il dibattito sul Reddito di cittadinanza, osteggiato apertamente da Giorgia Meloni e con varie sfumature anche da Matteo Salvini e Silvio Berlusconi. Circa il 70 per centro dei percettori vive nelle regioni meridionali e, inevitabilmente, il tema potrà incidere sull'esito di alcuni collegi. Ed è sempre nel mezzogiorno, inolte, che si concentra il numero più alto di indecisi. Anche per questo nei giorni scorsi Letta, dopo aver lanciato a Taranto il manifesto per il sud, ha partecipato a più iniziative elettorali tra Calabria e Campania insieme a Roberto Speranza e Pier Luigi Bersani, quelli che rappresentano la sinistra più radicale all'interno del perimetro del centrosinistra. Tra le figure più credibili per biografia e posizionamento quando si tratta di agenda sociale. Segnali che rivelano alcuni passaggi della strategia dem di queste ultime ore, prima dell'evento conclusivo in programma domani a piazza del Popolo a Roma. E d'altra parte anche i toni della stesso Letta sono cambiati, più coraggiosi: "Vinciamo", ha ripetuto più volte questa settimana, in tv e ai giornali.

 

È chiaro che la vittoria a cui pensa il segretario dem è più che altro la non-vittoria del centrodestra, un esito che aprirebbe un nuovo spazio per le trattative e, al netto di dichiarazioni e stoccate, potrebbe rendere di nuovo attuali le relazioni tra grillini e democratici. Conte continua a incolpare Letta per il mancato accordo elettorale: una mancanza che si deve alla "pertinace determinazione del Pd di emarginarci per prenderci i voti", dice alla Stampa il leader grillino che tuttavia, in una intervista precedente a Rete4, aveva detto anche "valuteremo", in merito a eventuali acccordi post elezioni. Non proprio la netta chiusura registrata a inizio campagna elettorale, quando la ferita della caduta del governo Draghi era ancora viva.

 

Certamente restano ampie divergenze tra Pd e M5s, derivanti oltre che dalla frattura governativa, dal posizionamento internazionale delle due forze politiche, con Letta determinato a insistere nel solco tracciato dell'ex banchiere della Bce mentre Conte continua a mantenersi su un doppio piano, quello di chi si dice "orgoglioso" della controffensiva ucraina grazie alle armi mandate dall'Europa e dalla Nato, ma al contempo: "Servono sforzi diplomatici che devono vedere l'italia protagonista all'interno dell'alleanza atlantica". Ieri lo stesso Avvocato del popolo ha anche attaccato Zelensky che "accetta la logica dell'escalation militare"., dopo aver ribadito il "no" pentastellato a nuovi armamenti. Distanze che al momento paiono insanabili ma che il 26 settembre, davanti ai risultati elettorali, potrebbero cambiare. D'altronde molte di queste posizioni, il Movimento le professava a parole anche durante il governo Draghi, votando poi per il sostegno militare all'Ucraina. Chissà. Ma se c'è una qualità che deve essere riconosciuta a Giuseppe Conte è quella di saper cambiare idea. 

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