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Mi alleo o non mi alleo

Cosa avrebbe potuto fare Letta per rendere l'esito del voto meno ineluttabile

Sergio Belardinelli

Il “campo largo” del segretario dem è stato distrutto principalmente da Conte e 5 stelle che, dopo aver fatto cadere il governo Draghi e dopo la scissione di Di Maio, forti del Reddito di cittadinanza, hanno visto nel ritorno alla demagogia delle loro origini l’unico modo per evitare la totale catastrofe

Non posso dire che mi appassionino, ma da cittadino elettore seguo sempre le campagne elettorali con un certo interesse. Ognuna di esse presenta in genere una sua specificità, una voce che più di altre sa interpretare la natura dei problemi e i desideri degli elettori. Ma questa volta, salvo qualche rarissima eccezione, mi sembra che non ci sia niente di tutto questo. Siamo tutti più o meno concordi sul fatto che il Covid prima e la guerra poi abbiano generato una situazione economico-politica tra le più drammatiche dal secondo Dopoguerra a oggi, ma i temi cruciali  – la guerra, il Covid, il debito pubblico – vengono appena evocati, additando genericamente l’Europa come orizzonte della loro soluzione, senza che nessuno dica con precisione che cosa intende fare. Dell’emergenza energetica sembra addirittura che per unanime volontà debba occuparsi l’attuale governo in carica, anziché il governo che verrà dopo le elezioni.

 

Quindi cosa resta? Molto ovviamente. Resterebbero le riforme istituzionali, la riforma del sistema fiscale, l’abbassamento del costo del lavoro, la sanità, la scuola e si potrebbe continuare, ma nessuno di questi temi viene affrontato con la dovuta serietà e determinazione. Chi ne parla ne conosce l’oggettiva importanza, ma dà l’impressione di utilizzarli in modo strumentale, opportunistico, per conquistare gli elettori con promesse impossibili, proposte estemporanee o evocando improbabili emergenze democratiche.  Conta insomma vincere le elezioni, poi si vedrà.


Ci sono alcune eccezioni. Calenda, ad esempio, sta conducendo una campagna elettorale poco incline alla demagogia o alla demonizzazione preventiva dell’avversario politico; le proposte che fa sembrano commisurate a soluzioni credibili. Lo stesso si potrebbe dire dell’atteggiamento della Meloni, la quale, forte dei sondaggi favorevoli, sembra voler stare al di sopra delle parti, preoccupata soltanto di accreditarsi come un futuro capo di governo affidabile. Sta di fatto comunque che mai come questa volta si avverte nell’aria un non so che di già deciso, di ineluttabilità che rende vacui i dibattiti elettorali e quasi inutili gli elettori. Non è una bella cosa. 


Se da qui al 25 settembre Meloni, Salvini e Berlusconi scomparissero dalla scena pubblica per farsi una vacanza, credo che al loro rientro, il giorno 26, si ritroverebbero comunque con la maggioranza dei seggi in Parlamento. Per qualcuno di loro questa vacanza potrebbe essere addirittura consigliabile. Quanto a Letta, Calenda e Conte sembra che, rassegnati all’ineluttabile, si concentrino esclusivamente sulla percentuale dei voti che ognuno riuscirà a racimolare, per lo più contro l’altro. Solo Calenda e Renzi possono sperare di erodere voti al centrodestra. Complice una legge elettorale che anche molti di coloro che l’hanno votata considerano indecente, si è creata una situazione che, prevedibilissima, rende proprio per questo la campagna elettorale surreale.

 

Se a destra lottano contro la sinistra per il governo del paese, trattenendosi a fatica dall’ostentare fin d’ora la certezza della vittoria, a sinistra, senza crederci, dicono di lottare contro la destra, ma in realtà lottano l’uno contro l’altro, dando per scontato che la destra ha già vinto. Una situazione surreale, appunto, imputata per lo più all’insipienza di Enrico Letta, reo di non aver capito che con questa legge elettorale sarebbe stato necessario soprattutto allearsi per rendere contendibili i seggi assegnati col maggioritario. E sta bene. D’altra parte i fatti parlano chiaro, anche se per adesso sono soltanto sondaggi. Se però ripensiamo ai giorni successivi alla caduta del governo Draghi, non mi sembra che tutto il male della sinistra sia imputabile soltanto a Letta.

 

Il suo “campo largo” è stato distrutto principalmente da Conte e i 5 stelle che, dopo aver fatto cadere il governo Draghi e dopo la scissione di Di Maio, forti del Reddito di cittadinanza, hanno visto nel ritorno alla demagogia delle loro origini l’unico modo per evitare la totale catastrofe. Letta ci avrà anche messo del suo, ma proviamo a immaginare come sarebbe oggi la campagna elettorale, quali sarebbero le possibilità di vittoria di un Pd alleato con i 5 stelle e che cosa si direbbe di Letta. Più o meno tutto il male che si dice adesso, visto che le possibilità di vittoria di una coalizione Pd-5 stelle sarebbero state ugualmente vicine allo zero.

 

Secondo me, il vero errore è stato fatto invece con Calenda e con Renzi, coi quali, sì, bisognava allearsi a ogni costo, anziché sacrificarli per imbarcare i Verdi e Fratoianni. E’ molto probabile che avrebbero perso le elezioni comunque, ma magari al Senato avrebbero avuto qualche margine di manovra in più. In ogni caso anche su questo punto le cose sono forse più intricate di quanto sembrano e, per comprenderle, in casa Pd farebbero forse bene ad aprire una discussione sul Pd prima di Letta, quello che decise di fare il governo Conte 2. Per me, la madre di tutte le loro sciagure e la vera fortuna della coalizione di centrodestra.

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