Foto di Roberto Monaldo, via LaPresse 

Passeggiate romane

Nel Pd riparte il tiro al segretario (che intanto soppesa Conte)

All'interno dei dem ricomincia la sinistra agguerrita che guarda al dopo-Letta: da Orlando a Bonaccini. Intanto, tra le fila del partito si pensa al Movimento di Giuseppe Conte e a possibili alleanze

È già cominciato nel Partito democratico lo sport preferito dai dem: il tiro al segretario. Ufficialmente sono tutti con Enrico Letta: da Dario Franceschini a Lorenzo Guerini passando per Beppe Provenzano e Andrea Orlando. Inevitabile, con le elezioni alle porte nemmeno il tafazzismo pd potrebbe spingere i dirigenti del Nazareno a criticare il leader pubblicamente. Ma ogni corrente affila le armi in vista del dopo voto. Base riformista, che è stata penalizzata nelle liste elettorali, perdendo così il potere che aveva quando aveva dalla sua la maggior parte dei gruppi parlamentari.

 

Anche la sinistra, però, sembra agguerrita, benché da quelle parti il rapporto tra Orlando e Provenzano non sia più quello di una volta. Il secondo infatti si è “affrancato” dal ministro del Lavoro e ora punta in prima persona alla segreteria del dopo-Letta. C’è poi Stefano Bonaccini, sostenuto da Base riformista: per ora il presidente dell’Emilia Romagna non si muove, ma sono in molti  a scommettere che al momento giusto farà la sua mossa. 

 

La leadership di Letta è quindi in pericolo? Non come sembrerebbe, in realtà. Il segretario infatti è l’unico che può tenere insieme le sue diverse anime del partito. Uno scontro congressuale Bonaccini e Provenzano farebbe esplodere i dem. E inoltre avrebbe un esito troppo incerto. Per questa ragione i bene informati raccontano che checché si dica e si scriva Franceschini, che vuole a tutti i costi evitare una spaccatura del Partito democratico, stia con Letta in questa partita. Troppo rischioso andare a una conta adesso, tanto più che nel centrosinistra più di uno è convinto che il governo di centrodestra, se mai vedrà la luce, non avrà vita lunga. Perciò dividersi in un frangente come questo non sarebbe il caso. 

 

E a proposito di centrodestra raccontano che Giorgia Meloni abbia una gran paura di affrontare la prova del governo. Non si fida di Matteo Salvini, come è noto: è convinta che possa tradirla in corso d’opera e non ha nessuna voglia di vederlo di nuovo al Viminale. Ha candidato Giulio Tremonti ma non pensa certo di mandarlo al ministero dell’Economia: lo ha inserito nelle liste di Fratelli d’Italia solo per fare concorrenza alla Lega. Insomma, la situazione è tale che nei palazzi della politica corre voce che alla fine Meloni potrebbe rinunciare a palazzo Chigi.

 

Ma tornando al Partito democratico: tra i dem si ragiona sul futuro dei rapporti con il Movimento 5 stelle. Nel Pd sembra prevalere la convinzione che, chiusa la parentesi barricadiera per riconquistare il consenso perduto, Giuseppe Conte tornerà quello di sempre e allora con lui si potrà ragionare. Perciò una fetta dei dem spinge per sancire un nuovo patto con i grillini dopo le elezioni. Letta però si mostra molto cauto. Il segretario si è già bruciato una volta dando credito a Conte e non intende fare il bis.

 

Piuttosto Letta pensa a convergenze sul campo, in Parlamento, di volta in volta, per mettere in difficoltà la maggioranza di centrodestra. Mai più invece rapporti privilegiati e patti di sangue con i 5 stelle. Quelli sono un ricordo del passato. Peraltro, siccome il cavallo di battaglia di questa campagna elettorale dem, ma anche di quella futura, dopo il voto, sarà il tema dei rapporti tra il centrodestra e Putin, allearsi con chi, come Conte, non ha mai fatto chiarezza sull’argomento, non sarebbe opportuno.

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