Foto di Matteo Bazzi, via Ansa 

La cronaca

Perché Cernobbio è Cernobbio

Michele Masneri

Senza gli Agnelli, i Berlusconi e i Draghi, oggi il forum somiglia a una kermesse di industriali ma senza industriali. Tutti, loro malgrado, aspettano “Giorgia” e la sera si balla “Maracaibo”. Il racconto dal lago di Como 

Saranno i nuvoloni, sarà l’assenza di Draghi, ma questa quarantottesima pare una annata un po’ peculiare per il forum di Cernobbio, grande kermesse, gran teatro del potere e dell’economia, organizzato da mezzo secolo sul lago di Como quando non era ancora caro a Hollywood. È la prima edizione elettorale: che cade a tre settimane dal voto, dunque un po’ ansiogena.

 

Tutti sono abbronzati, appena tornati dalle vacanze, tutti ostentano sicurezza ma si sentono stanchi, non hanno ancora svuotato le valigie dell’estate. Le misure di sicurezza sempre eccezionali attorno alla gloriosa villa d’Este promettono miracoli, e però qualcuno rimpiange tempi passati. “Guardi lì, qua una volta c’era Agnelli, c’era Berlusconi, adesso chi c’è? Un raduno di industriali senza industriali”. Ci sono gli amministratori delegati, e ancor più i presidenti, tante aziende statali e parastatali. Un vecchio abitudinario del raduno di Cernobbio ricorda il solito Avvocato, con l’elicottero, certo, stava una mezz’ora e se ne andava. E un addetto alla sicurezza: eh sì, quante grane ci ha dato, l’elicottero era troppo grande, doveva fare delle gran manovre. Quello di Berlusconi era più piccolo. Bene anche Formigoni, nel 2012, e Renzi, nel ’15. Poi più niente. Ogni tanto qualche elicottero passa, ma non si ferma: forse è quello della Ferragni che va a prendere un aperitivo su un ghiacciaio in Svizzera, forse questi forum erano più utili in tempi di intermediazione.

 

L’eliporto, che giace lì, inutilizzato da tre quattro anni, è un po’ il simbolo di Cernobbio 2022, che è un po’ il simbolo dell’Italia di oggi, a fine estate, spiaggiata, in attesa di un verdetto elettorale che pare scontato e fatale, anche se qui tutti rimpiangono Draghi, il grande assente, il fantasma che aleggia nell’aria. I manager ostentano sicurezza. “Penso e auspico che non ci saranno stravolgimenti”, mi dice Luca Colombo, capo di Facebook Italia, seduto a un tavolino vicino al lago dove passano tutti tra una sessione e l’altra che come sempre è a porte chiuse. “Di calma rassegnazione, definirei il clima”, mi dice un giornalista inglese.

 

Tutto è sempre uguale al Forum, e insieme diverso: occasione come la prima della Scala o il meeting di Rimini (lì però Draghi è andato). La ricetta: il primo giorno le questioni internazionali, il secondo l’economia, il terzo la politica, e così la domenica arrivano “Giorgia” e Salvini, certo altri tempi da quando arrivavano insieme Arafat e Shimon Peres – il primo addirittura atterrò nello stadio di Como, non fidandosi del piccolo eliporto della villa, mi racconta un addetto alla sicurezza. La sicurezza, sempre ai massimi livelli, ci sono i sommozzatori anche prima e dopo, eccoli, sul fondo, “ma poi a che serve, tanto se vogliono fare fanno”, dice un po’ depressa la guardia. Tutto è come sempre, l’organizzazione perfetta, i pass multicolori che segnalano l’appartenenza a caste diverse: i gialli, visibili anche da un chilometro, sono la lettera scarlatta, son quelli dei giornalisti, sottocategoria giornalisti scrausi, che non hanno accesso ai panel. Blu i giornalisti ganzi, che hanno invece accesso ai misteri gaudiosi di Cernobbio e che moderano qualche conferenza, come il direttore del Corriere Luciano Fontana; blu anche i paganti, cioè gli imprenditori che pagano fior di quattrini per sedersi a parlare coi potenti. Verde gli accompagnatori; bianco comunicatori e lobbisti.

 

L’inizio dei lavori è sempre segnalato da un “gong”, ma sarà registrato? “No, macché, è il capo barman che da sempre ha questo incarico. Prima era Ilio, adesso Graziano, ma dice che se ne vuole andare pure lui”. Pure lui aspira alla grande dimissione? Quella per cui tutti vogliono adesso cambiar vita? Non pare un lavoro molto usurante fare il gonghista a Cernobbio. “No, non va d’accordo con la nuova direzione”. Per qualche anno direttore fu il fratello di Corrado Passera, quando la famiglia possedeva ancora lo storico hotel.

 

E siccome è un hotel, ci sono anche i turisti, pochi, ma difficilmente distinguibili, passa un signore con una camicia a scacchi e sembra un boy scout (andrà a funghi?), è Joseph Stiglitz, premio Nobel per l’economia. Passa un altro signorotto in braghe corte, è l’ex segretario di Stato Mike Pompeo. E i turisti veri? “Li hanno invitati a rimanere nella spa”, dice un cameriere. La spa, bellissima, con piscina a mosaico, azzurra. Speriamo che gli abbiano fatto uno sconto. Intanto la stessa Cernobbio è un buon test per capire il grande spauracchio di tutti, l’inflazione. Uno spritz qui in hotel costa 25 euro, e se vai in Paese i ristoranti un piatto viene almeno lo stesso. Gli hotel partono da trecento euro. Tutti però sembrano contenti, molti fanno jogging per la strada, Porsche e Bmw scorrono placide. Non si sa se c’entra come al solito Putin o se è colpa di tutti i ricconi che hanno preso le ville qui, i vari Clooney, “ma quelli non ci danno molti pensieri, certo, un occhio glielo diamo”, dice Ernesto Molteni, capo della Digos di Como, che si occupa della protezione del Forum da vent’anni e questo è il suo ultimo, e anche per questa volta tutto è andato liscio. Ma c’è stato qualche problema alla sicurezza negli anni? “No, solo nel 2000 arrivò un gruppo di skinheads veneti”. E qualcuno che si è infiltrato? “mah, più che altro curiosi, che si fingevano giornalisti”, dunque la categoria più sfessata.

 

L’unico fremito oggi sono i politici anzi le politiche; arriva la Carfagna, sembra una star del cinema, tailleur pantalone, tutti si agitano, lei sorride, si fa fare un paio di foto vista lago, poi entra. Il giorno dopo arriva la vera protagonista, Giorgia Meloni, e tutti la trattano già come nuova premier in pectore, senza vero grande entusiasmo. Fa la tavola rotonda finale con Letta, Calenda, Salvini, Tajani, e in collegamento Conte. Chi prende più applausi è Calenda. Poi Letta, e solo al terzo posto Meloni. Ultimi classificati, Salvini e Tajani e Conte (che rimane frizzato anche parecchie volte nello Zoom). Ma tutta la scena è per Giorgia (“è già tutto un Giorgia c’è/Giorgia non c’è”, “come negli anni Ottanta con Bettino”, dice una dama). È, in questo, il primo forum al femminile.

 

Intanto, nei tempi morti, Nel lago, sotto le nuvole, un barchino elettrico imbarca illustri ospiti per dare dimostrazione delle potenzialità dell’elettrico. A bordo Nicola Monti ad di Edison e l’ex ministro Severino, poi torna e carica altri personaggi. Arriva un grande barcone, il Sakura, ne scende una folta delegazione di senatori americani con bustoni di shopping, accompagnano Pompeo. Il barcone e il barchino si incastrano. Momenti di piccolo imbarazzo. Il programma per gli accompagnatori è intenso, si può fare una visita al negozio Tod’s di Milano (“fu dagli inizi del Novecento che Filippo Della Valle, nonno di Diego, diede vita a un piccolo laboratorio”, dice il programma; in alternativa, visita a “Villa Monastero”, di stile eclettico). Ma Pompeo vuole andare invece a vedere il derby a Milano. Va al derby anche il ceo del fondo Certares che si comprerà Alitalia, O’ Hara, senza passare per Cernobbio dove pure era atteso.

 

“Una volta qui si combinavano grandi affari nei tempi morti, mi dice un vecchio partecipante. Sono i tempi morti infatti quelli più interessanti. Storicamente, raccontano, c’è sempre stata una controprogrammazione al Forum: di fronte, sull’altro lato del lago, a villa Gavazzi, il finanziere Davide Serra faceva una gran festa in concomitanza con la serata di sabato del Forum, in cui vengono tradizionalmente sparati fuochi d’artificio, come voleva il vecchio Ambrosetti, che ha creato questo eventone mezzo secolo fa, ma quest’anno niente, la controprogrammazione è data da un anti-Forum fatto dall’Arci; all’oratorio di via Cinque giornate. Il ministro delle Instrastrutture Enrico Giovannini fa un salto. Tra il pubblico, Vittorio Agnoletto.

 

Sabato sera però si balla. Parte Maracaibo. Si fa notare Mariana Mazzucato, la teorica del sexy-statalismo. Nostalgia d’altri tempi, per la piccola Davos. Ma nella vera Davos Draghi allora capo della Bce incontrò Serra con delle vistose stampelle per un incidente e gli disse: “aho, finalmente t’hanno menato”. Oggi manca quel cazzeggio. Emma Marcegaglia “che non manca mai”, dice un intenditore, è tutta in giallo, forse per essere ben visibile, in fondo una dei pochi grandi industriali presenti; dà un’intervista pure lei al Financial Times.

 

“Sembra Sanremo”, dice un collega. In effetti; i giornalisti assiepati in sala stampa, poi c’è il televoto (i duecento manager e imprenditori di tanto in tanto vengono sondati su temi sensibili: per esempio, usare o non usare questo benedetto jet privato, tema già lanciato da Fratoianni e poi cavalcato da Grillo?  il 56,1 per cento è favorevole a vietare l’uso dei combustibili tradizionali e il 9,8 per cento a vietarne del tutto l’utilizzo). Nouriel Roubini è il Gianni Morandi di questo Sanremo, c’è sempre, e sempre c’è stato. Mario Monti è Massimo Ranieri. Giorgia è Giorgia. Roubini ora scrolla pigramente il suo Instagram fuori in giardino, poi lo raggiunge una splendida ragazza e prendono uno splendido Riva. Ah, la dolce vita dei guru.  Brunetta prende un mezzo spritz (“sono mezzo a dieta”), Calenda dice che deve dimagrire; Carrai dicono che arriverà dopo il tramonto perché è shabbat. La scrittrice Chimamanda Ngozi Adichie viene scambiata per la direttrice generale del Wto, Ngozi Okonjo-Iweala. Il ministro Giovannini mentre torna dal suo Arci fa fermare la macchina e la va ad abbracciare, non si sa se ritenendola la scrittrice o l’economista.

 

I più indaffarati sono i diplomatici, anime in pena a ogni giro di governo. L’ambasciatore Pontecorvo, il nostro uomo Nato che fu l’ultimo ad andarsene dall’Afghanistan, eroe dei nostri giorni, fa splendidi baciamano a tutte, e parla con tutti, appena arriva Giorgia con uno scatto micidiale scavalcando scorte e telecamere e portavoce piomba su di lei come un falco, le bacia la mano e non la molla più. Cos’è Cernobbio per uno abituato ai teatri di guerra. Sussurra a un altro che lei è bravissima, e lui le manda vari whatsapp ogni giorno. Poi Salvini forse per bruciarlo dice, durante la tavola rotonda, che tra i presenti c’è già il prossimo ministro degli Esteri, “io non lo posso dire, ma lui lo sa”. Massolo, interrogato, nega. Dunque sarà proprio Pontecorvo? “Ha studiato tantissimo”, il commento unanime su Giorgia. Non entusiasta, però, quasi rassegnato. Cernobbio come tutte queste kermesse è un implacabile termometro della politica, chi sale e chi scende, sono passati tutti, e di tutti ci si è entusiasmati e poi stufati, adesso arriva Giorgia, ma siccome ha già vinto è come se tutti si fosse già stufi in partenza, e poi sono appena finite le vacanze, non si è ancora svuotata la valigia, uffa (ma poi, finito tutto, mentre le scorte sgommano via, e i sommozzatori se ne vanno, ecco i turisti dell’hotel che tornano, in costume e braghe corte, dalla Spa, e si reimpossessano dell’hotel, tipo "Parasite", vabbè).  

  • Michele Masneri
  • Michele Masneri (1974) è nato a Brescia e vive prevalentemente a Roma. Scrive di cultura, design e altro sul Foglio. I suoi ultimi libri sono “Steve Jobs non abita più qui”, una raccolta di reportage dalla Silicon Valley e dalla California nell’èra Trump (Adelphi, 2020) e il saggio-biografia “Stile Alberto”, attorno alla figura di Alberto Arbasino, per Quodlibet (2021).