(Foto di Lapresse) 

L'uscita di scena

Draghi: “La colpa ricadrà su Lega, FI, M5s”. Si pensa a un governo senza l'ex banchiere

Carmelo Caruso

I tre partiti di maggioranza si sono serviti di Draghi per risolvere la loro "non democrazia interna" dopo aver rotto il patto di fiducia. Ma non hanno neanche saputo affondargli il pugnale

Questa è la misura della loro debolezza. Non riuscivano neppure a pugnalarlo. Dopo nove ore di agonia non volevano neppure concedergli la dolce morte di governo, le dimissioni terminali. A un certo punto, al Senato, un girone di anime ignave, ha avuto perfino questa idea: “Facciamo mancare il numero legale così la votazione è nulla e abbiamo ancora spazi per trattare. Aggiorniamo la seduta a domani. Draghi? Non se ne può andare. Chi si crede. Deve restare?”. Ci sono tanti modi per accompagnare un governo alla fine. M5s, Lega e Forza Italia sono scappati dall’aula. In guerra, e tutti dicono che lo siamo, si chiama fellonia, tradimento. Al momento del voto sulla risoluzione di Pier Ferdinando Casini su cui il governo ha posto la questione di fiducia (“udite le frasi del premier il Senato approva”) i senatori rimasti in Aula erano 133. C’era chi si fingeva assente, chi non entrava. Matteo Salvini sorseggiando una Coca-Cola ha dichiarato ai giornalisti: “La risoluzione non la voto”. E’ così che si cercava di mettere fine al governo dell’italiano più amato all’estero, dell’italiano che dopo Gianni Agnelli ci ha fatto sentire fieri di essere italiani. Mario Draghi non è salito al Quirinale. Oggi si presenterà alla Camera. Spiegano che serve a verificare se c’è la remotissima possibilità di “costruire qualcosa dopo il governo Draghi e prima delle elezioni”. Draghi sta per uscire di scena. Gli hanno sentito dire questa frase: “Tutti gli italiani devono sapere che i colpevoli sono loro. Lega, M5s, Forza Italia. I colpevoli sono loro”. 


Aveva ragione quando diceva “non me ne sono ancora andato e cercano già il sostituto”. Dicono che proveranno a cercarlo pure oggi. Nessuno dei leader ci ha capito nulla, chiedere di capirlo ai giornalisti ormai un esercizio inutile. E’ un Parlamento che gioca con la carne. Draghi aveva preparato l’intervento più duro, tanto che anche i suoi collaboratori si erano chiesti se non fosse il caso di aggiustare qualche passaggio. La sua uscita di scena l’ha immaginata come un giuramento, un programma di quattro punti. Francesco Giavazzi, che è il suo consigliere più fidato, che era per l’occasione era al Senato confidava: “Ci sono momenti in cui bisogna essere sinceri. Draghi lo è stato”. Enzo Amendola, del Pd, parlava “di spettacolo” e si riferiva al M5s. E’ così che intendono la politica dalle parti di Giuseppe Conte. La cosa che più ha fatto male a Draghi sarebbe stata l’accusa di “aver chiesto i pieni poteri”. Lo ha detto Giorgia Meloni che vuole il voto, ma che questa volta non si è accorta di aver maltrattato un uomo che non lo meritava. Draghi ce l’aveva con la Lega, sì, con la Lega, con le proteste violente dei tassisti, dei balneari: Potere tassinaro, squadracce Italia. Un leghista notava: “Ma lui la violenza vera non l’ha vista”. C’è pure chi ha provato a dire al premier di fare un altro governo senza M5s. Ci speravano tutti. A Palazzo Chigi spiegavano che “i partiti hanno fatto i loro congressi oggi”. La Lega era lacerata. Il M5s non fa testo.

 

Si sono serviti di Draghi per risolvere la loro “non democrazia interna”. Povero illuso! Voleva fare le cose, pensava di poterle fare. Un senatore: “Si vede che è economista”. Mentre Draghi parlava lo spread già volava ai livelli della Grecia carta straccia. C’è stato un momento in cui sembrava che Berlusconi potesse fare il miracolo. Quando ha capito che non era aria, Maria Stella Gelmini se ne è andata. Ha lasciato Fi. Il Quirinale non sapeva che dire. Draghi invece alla sua squadra confidava solo: “Avrei fatto tutto quello che avevo promesso e sarebbe stato abbastanza”. Aspetta di vederli all’esame quando il paese sarà a un punto dall’esplosione. Non farà mai politica, no, ma dirà chi ritiene gli affidabili e chi gli inaffidabili. Li chiamerà per nome. Le sue parole peseranno come una maledizione. I colpevoli sono loro: “Chi ha rotto il patto di fiducia”. “Chi non ha ascoltato la mobilitazione dei sindaci”. I colpevoli sono loro che hanno disegnato “un superbonus malfatto”. I colpevoli sono Lega, Forza Italia, M5s. Non hanno saputo affondargli neppure il pugnale. 

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  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio