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Editoriali

I sindaci di centrodestra contro Meloni che reclama il voto

Redazione

Dalle città arriva un messaggio a Fratelli d'Italia: no, non si governa senza agenda Draghi. La legittima, ma inopportuna, volontà della destra

La replica stizzita di Giorgia Meloni all’appello di centinaia di sindaci che chiedono a Mario Draghi di completare la sua agenda di governo è una prova, persino preoccupante, di un atteggiamento settario e pregiudiziale da parte della leader di Fratelli d’Italia. La preoccupazione dei sindaci (tra i quali anche alcuni di centrodestra, da quelli di Palermo Roberto Lagalla e di Genova Marco Bucci, a quelli di Asti, Lucca, Barletta, Venezia, Arezzo, tutte giunte di centrodestra sostenute anche dal partito di Giorgia Meloni) è che l’interruzione traumatica dell’azione di governo lasci incompiute riforme importanti e renda impossibile dare qualche sollievo alla situazione critica di molti cittadini colpiti dall’inflazione e dalla siccità.

 

Meloni ha tutto il diritto, dal suo punto di vista di leader dell’opposizione, di pensare che un governo uscito dalle elezioni risponderebbe meglio a queste esigenze, ma dovrebbe spiegare in che modo intenderebbe provvedere ai problemi sollevati dai sindaci. Interpretare la loro richiesta di continuità (che riguarda l’agenda di governo, non naturalmente la formula irripetibile, e che riguarda anche gli impegni inderogabili del Pnrr, che hanno un forte impatto sulla vita delle città) come una indebita pretesa di rappresentare la volontà dei cittadini è insolente e soprattutto non è una risposta politica ma puramente propagandistica e identitaria.

 

Se vuole candidarsi alla guida del governo, che le elezioni si svolgano tra otto settimane o otto mesi cambia poco, Meloni deve concordare con la coalizione di centrodestra e illustrare con chiarezza che cosa intende continuare a realizzare e che cosa intende invece cambiare rispetto agli impegni che il governo ha assunto nei confronti dei partner internazionali e nei confronti delle rappresentanze sociali ed economiche. Chiedere le elezioni è lecito, chiedere una specie di mandato generico senza condizioni programmatiche precise e compatibili con la realtà e i suoi problemi è preoccupante. E i sindaci hanno mille ragioni per esprimere la loro  sacrosanta preoccupazione.

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