(Foto di Lapresse) 

Il punto sulla crisi

Draghi, la fiducia e tutti i vincoli che salveranno l'Italia

Claudio Cerasa

Il costo di scappare dalla stagione dei doveri sarebbe un prezzo troppo alto da pagare per qualisiasi forza politica: le alternative al governo dell'ex presidente della Bce ci sono, al metodo no

Quello che si sa, mentre questo giornale va in stampa, mentre il Pd tenta di spingere il M5s a votare la fiducia, mentre un pezzo di M5s si prepara a uscire dal M5s per votare la fiducia, mentre la Lega tenta di resistere alla tentazione di andare a votare capitalizzando le divisioni degli avversari, mentre Mario Draghi si prepara a offrire ai senatori e ai deputati un discorso costruito non per confermare le sue dimissioni ma per rilanciare sull’azione di governo, su ciò che bisogna fare, su ciò che non si può rinviare, sull’energia che occorre avere. Ecco, mentre succede tutto questo, quello che si sa è che oggi, comunque andranno le cose al Senato, chiudere la parentesi aperta con questo governo, con il governo Draghi, potrebbe essere meno semplice rispetto a quanto qualcuno potrebbe credere. E per fortuna, verrebbe da dire. Il punto, naturalmente, non riguarda lo scenario delle elezioni anticipate da-evitare-assolutamente, come se anticipare di qualche mese la data delle urne possa essere questo grave affronto alla stabilità del paese. Il punto, evidentemente, è un altro e riguarda una richiesta trasversale contenuta nei molti appelli rivolti al presidente del Consiglio sia dal mondo produttivo sia dal mondo politico. Una richiesta così sintetizzabile: fare tutto il necessario, whatever it takes, per evitare di disfarsi con anticipo di un metodo che incarna bene la stagione dei doveri all’interno della quale si trova oggi l’Italia.

 

There is no alternative, Tina, come amava dire Margaret Thatcher, non al modello Draghi ma al modello di un governo deciso a interpretare la stagione dei vincoli europei non come una calamità per le nostre vite, ma come un’opportunità. Non c’è alternativa a questi vincoli, a questi contratti, a questi impegni, e non c’è altra priorità oggi per l’Italia se non quella di fare tutto il possibile per non perdere tempo quando si parla di mettere a terra i progetti legati al più importante investimento mai visto nella storia recente del nostro paese: i 220 miliardi di euro del Pnrr (2022-2027). E’ quello che hanno in testa gli azionisti del partito del pil quando chiedono a Draghi di tenere duro. Ed è quello che hanno in testa i sindaci italiani, anche quelli di destra, per la disperazione di Giorgia Meloni, che hanno chiesto a Draghi di non mollare non solo per questioni legate alla stima personale ma anche per questioni legate a una consapevolezza precisa: 40 miliardi su 220 miliardi del Pnrr sono destinati alle città, i prossimi mesi saranno decisivi per completare alcuni passaggi cruciali del Pnrr e andare a votare in anticipo significherebbe bloccare una macchina che non può permettersi di rimanere ferma.

 

Può darsi che sia esagerato sostenere che in queste ore per Draghi ci siano in ballo non solo i prossimi cinque mesi ma anche i prossimi cinque anni, quando l’eventualità di un nuovo Parlamento incapace di esprimere una maggioranza chiara potrebbe riportare Draghi laddove si trova oggi. Ma ciò che non è esagerato dire è che comunque andrà a finire la battaglia in Senato le forze politiche, anche quelle di opposizione, hanno osservato in purezza che costo avrebbe per il paese la scelta di mettere da parte non solo questo premier ma anche il suo metodo di lavoro. Alternative a Draghi ci sono, ma al metodo no. E mai come oggi opporsi alle regole previste della stagione dei doveri rappresenterebbe un prezzo troppo alto da pagare per qualsiasi forza politica desiderosa non solo di urlare ma anche di governare.

Di più su questi argomenti:
  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.