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Votare senza correggere il proporzionale è un suicidio politico. Un appello

La nostra richiesta al Parlamento è per una legge elettorale con voto di preferenza plurimo, in una chiave che rispetti i principi costituzionali del voto “uguale”. Occorrerà anche fissare maggioranze parlamentari qualificate al fine di evitare il cambiamento compulsivo delle regole registrato negli ultimi decenni

Le leggi elettorali che regolano la rappresentanza parlamentare italiana sono l’esempio più ricco di manomissioni che le democrazie occidentali possano offrire: dal 1993 al 2017 il ritmo compulsivo del legislatore ha licenziato quattro leggi elettorali, comprendendo anche l’inedito di una legge approvata dalle Camere e velocemente respinta dalla Corte Costituzionale (il cosiddetto Italicum). L’Italia si presenta, dunque, come un cantiere perennemente aperto che nasce male perché allestisce le nuove leggi elettorali non per costruire una regola condivisa, spinta verso il massimo grado possibile di neutralità, ma poggiata sulle convenienze della maggioranza pro-tempore, visto che la riforma delle regole per eleggere la rappresentanza è approvata con i numeri della legge ordinaria, pur avendo un valore specialissimo e fortemente connesso alle dinamiche costituzionali. 
Alla domanda se in un Parlamento ridotto di quasi il 40 per cento e in un quadro di scomposizioni irriducibili tra le forze politiche, possa meglio funzionare un sistema elettorale proporzionale o maggioritario, la risposta non può che essere quella data dai nostri Costituenti di fronte all’incognita del nuovo parlamento repubblicano: certamente è più adeguato il sistema proporzionale, seppur corretto con soglie di sbarramento appropriate o con premio di maggioranza, per incentivare le alleanze tra forze ideologicamente compatibili. 


La scelta del proporzionale avrebbe anche il merito di avviare un minimo di convergenza in un ordinamento elettorale italiano che si presenta con caratteristiche duali: da un lato i comuni, le regioni, la rappresentanza italiana al Parlamento europeo, operano in ambiente prevalentemente proporzionale, mentre, invece, arrivati al livello nazionale il sistema misto vigente continua a contenere più del 36 per cento di regola maggioritaria. 


Ma la divaricazione più significativa che marca la dualità, è rappresentata dalla presenza del voto di preferenza a tutti i livelli elettorali tranne che per la Camera e il Senato. Questa determinazione ad escludere il voto di preferenza dal Parlamento nazionale ha inciso in modo decisivo sulla formazione della rappresentanza, bruciandone le radici territoriali, esaltando il metodo della cooptazione da parte dei capi e distruggendo l’autonomia del parlamentare in contrasto l’art. 67 della Costituzione. E’ giunta l’ora di restituire agli elettori il diritto di scegliersi il proprio rappresentante in Parlamento: lo scettro confiscato dalle liste bloccate deve tornare nelle mani del popolo sovrano. Il nostro appello al Parlamento è per un sistema proporzionale con voto di preferenza plurimo, in una chiave che rispetti i principi costituzionali del voto “uguale”, e valorizzi la solidarietà e non la conflittualità tra i candidati della stessa lista, in una stagione in cui l’effetto maggioritario è già dato dalla riduzione dei parlamentari e dunque pone la necessità di garantire il massimo possibile di pluralismo e di “libera concorrenza” tra le forze in campo. 


Occorrerà, in ultimo, fissare maggioranze parlamentari qualificate per procedere all’approvazione delle leggi elettorali, al fine di evitare il cambiamento compulsivo delle regole registrato negli ultimi decenni, che rappresenta in se’ un fattore di instabilità politica. Il nostro, allora, è un invito alla responsabilità rivolto allo stesso Parlamento che ha prodotto la riforma costituzionale ed ha auto-ridotto la sua composizione numerica, riforma destinata a rimanere incompiuta se non si metterà mano ad una adeguata revisione delle regole per eleggere la rappresentanza.


Pino Pisicchio
professore di Diritto pubblico 
comparato, Unint, Roma
Ciro Sbailò
professore di Diritto pubblico 
comparato, Unint, Roma
Raffaele Guido Rodio
professore di Diritto costituzionale, Università Aldo Moro, Bari
Eugenio Mazzarella
professore di Filosofia teoretica, 
Università Federico II, Napoli
Mario Caligiuri
professore di Pedagogia della comunicazione, Università della Calabria
Giuseppe Lauricella
professore di Diritto pubblico e 
costituzionale, Università di Palermo
Antonello De Oto
professore di Diritto ecclesiastico, Università di Bologna

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