Maurizio Landini (Ansa)

Verso il 2023

Il campo largo di Landini: da Renzi a Conte, fino a Letta, Calenda e Speranza

Nunzia Penelope

Nel sempre più incasinato scenario politico si appresta a scendere in campo anche la Cgil, con un’iniziativa decisamente sorprendente: riunire i progressisti per “riavvicinare la rappresentanza sociale e quella politica". Il sindacato come laboratorio di aggregazione della sinistra?

Nel sempre più incasinato scenario politico si appresta a scendere in campo anche la Cgil, con un’iniziativa alquanto insolita, o meglio, decisamente sorprendente. Maurizio Landini nelle scorse settimane ha infatti chiamato a raccolta, uno per uno, tutti i leader dell’area progressista, da Matteo Renzi a Nicola Fratoianni, passando per Carlo Calenda, Giuseppe Conte, Enrico Letta, Roberto Speranza e Pierluigi Bersani, invitandoli a un confronto collettivo con il gruppo dirigente della confederazione sindacale. E tutti, a quanto pare, avrebbero accettato.

Compreso Renzi, che con la Cgil non ha mai avuto un rapporto facile (la guerra sul Jobs act e sulla riforma costituzionale del 2016 ha lasciato ferite serie), diversamente da Conte, che con il capo della Cgil ha una consuetudine consolidata, o da Speranza e Bersani, che a fine maggio erano a Corso Italia assieme a Landini per tenere l’orazione funebre in ricordo di un ex sindacalista passato alla politica con Articolo Uno (tra l’altro, proprio in quella occasione il leader sindacale aveva in qualche modo anticipato la necessità di avviare un confronto con la politica sui temi del lavoro), o allo stesso Enrico Letta, segretario di un Pd che con la Cgil ha avuto rapporti altalenanti ma che attualmente sembrano volgere al bello. 

 

E dunque venerdì primo luglio politici e sindacalisti dovrebbero ritrovarsi tutti assieme, in una location ancora da definire. Ma per fare cosa, per parlare di che? L’obiettivo della riunione (tutt’altro che improvvisata: Landini, a quanto dicono, ci lavora da mesi)  è “riavvicinare la rappresentanza sociale e quella politica”, da troppo tempo lontane anni luce. Per tentare questa ricomposizione la Cgil offrirebbe ai leader dei vari partiti una base di partenza per discutere di un programma dell’area progressista in vista delle prossime elezioni. Un programma con al centro il lavoro, naturalmente: argomento che, rimprovera la Cgil, la sinistra ha troppo spesso accantonato, preoccupandosi più dei diritti civili che dei diritti sociali, col risultato di finire schiacciata da una destra che oggi appare più pronta a intercettare e rappresentare le istanze della gente comune e dei lavoratori.

 

“La crisi della sinistra è la crisi del lavoro”, è infatti la convinzione di Landini, espressa esattamente in questi termini anche nel documento elaborato per il congresso confederale, testo che dovrebbe fungere da spunto per la discussione  del primo luglio. Al centro, i temi cari al sindacato ma anche alla sinistra: la rivalutazione del lavoro, la lotta al precariato, i salari, il fisco, la legge sulla rappresentanza, gli investimenti pubblici, eccetera. 

Ovviamente Landini sa bene che questa iniziativa potrebbe rilanciare le ipotesi su un suo impegno politico diretto, ma ha deciso di correre il rischio: ritenendo infatti che il pericolo vero, e peggiore, sia quello di arrivare al voto con una sinistra frastagliata e senza un programma chiaro, finendo per celebrare elezioni senza elettori e ripetendo così il terrificante fenomeno delle urne svuotate dall’astensione già visto in Francia e non solo. Peraltro, a fine anno si terrà il congresso che rinnoverà per altri quattro anni il suo mandato alla guida della Cgil, e dunque Landini non ha certo problemi di ruoli e poltrone. 

La Cgil, insomma, come laboratorio di aggregazione della sinistra? Quanto sia realistica  un’alleanza che tenga insieme diavoli e acquesante, ovvero Renzi e Calenda con Di Maio e Conte,  Speranza e Letta, al momento è davvero impossibile dirlo. Sembra più che altro un’utopia. Senza contare il diverso atteggiamento nei confronti del governo Draghi, sia da parte delle forze politiche convocate sia della stessa Cgil, che già promette battaglia in autunno sulla finanziaria. Ma ottenere intanto un segnale di interesse su un programma, o un manifesto sociale o come lo si vorrà chiamare, che abbia un minimo comune denominatore, e che possa attrarre nella sua orbita anche movimenti, associazioni e società civile, secondo Corso Italia sarebbe già un gran passo avanti. E poi si vede chi ci sta.
 

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