Totò-Conte vs Maciste-Grillo, ovvero il dritto e lo storto del M5s

Salvatore Merlo

Il presidente del Movimento 5 stelle come Totò contro Maciste. Agli ucraini? “Frecce, tricchetracche e castagnole”. Poi arriva Grillo: “Sciogliamo l’esercito come hanno fatto in Costa Rica”. E poi: chi ci mandiamo a mediare con Putin? L’Onu? Ma no, ovviamente. La Cina!

Astratto per prudenza, vaporoso per necessità, contorto per formazione, insomma  un autentico bodybuilder dell’opaco, ecco che ieri Giuseppe Conte ha annunciato che lui e il M5s faranno in modo che all’Ucraina vengano consegnate (rullio di tamburelli). . . “soltanto armi difensive”. In pratica l’avvocato e leader grillino è riuscito a dire (nella stessa frase) che, sì, bisogna dare le armi agli ucraini ma anche che in effetti, no, non bisogna dare più armi agli ucraini. D’altra parte le armi difensive non si sa bene cosa siano. Ed è probabile che non lo fossero nemmeno quelle citate da Totò contro Maciste nel memorabile discorso ai Tebani, anche se è forse a quelle che Conte si riferiva: “Abbiamo lance, frecce, mortaretti, tricchetracchi e castagnole”. Come direbbe il signore de La Palice, infatti, un’arma è un’arma. Se attacchi, è offensiva.  Se ti difendi, è difensiva.  

 

Ma ecco che nel pieno dell’inverosimiglianza contiana, proprio quando credevamo d’essere in presenza di un capolavoro superiore in cui si fondono Google e Kafka, Hoffmann e Orwell, Totò e Checco Zalone, ecco che – dicevamo – su quello stesso palcoscenico incongruamente chiamato M5s è piombato anche Beppe Grillo. Con estrema franchezza. L’opposto di Conte. “Sciogliamo l’esercito come hanno fatto in Costa Rica”, ha fatto sapere l’altro giornoE poi: chi ci mandiamo a mediare con Putin? L’Onu? Ma no, ovviamente. La Cina!

 
Sospesi tra Giuseppe Conte e Beppe Grillo, lo choc principale viene dalla discrepanza stilistica. L’avvocato è un aquilone (o pallone) che nessun filo tiene più legato a terra. Da quando ha visto che le elezioni in Francia le ha vinte Macron e non Le Pen, per dire, è tornato a battere a sinistra secondo un modello che non è certo Grillo e nemmeno Cavour, ma forse il manzoniano conte (nomen omen) duca don Gasparo Guzman, che faceva “perdere la traccia a chi che sia, e quando accenna a destra si può essere sicuro che batterà a sinistra”.

 

In sostanza l’ex presidente del Consiglio svolazza spensieratamente tra nube e nube, rincorre chi gli capita  da cirro a nembo (Macron, Le Pen, Letta, Speranza e persino Salvini  sul Quirinale) perduto in un’astrattezza invincibile e talvolta oscura. Mercoledì, e non è certo un dettaglio, per esempio, consigliato da Rocco Casalino che si dava da solo le pacche sulle spalle per la trovata geniale, l’avvocato ha pure detto che Stati Uniti, Europa e Nato devono agire dentro i confini della carta dell’Onu. Ma va? Come se fosse possibile un’azione dell’occidente al di fuori del diritto internazionale. In pratica, quando com’è ovvio gli alleati occidentali si muoveranno seguendo l’articolo 51 dell’Onu,  ovvero  la base del diritto internazionale che giustifica il supporto militare a un paese aggredito che stia esercitando il proprio diritto di difesa, ecco che Conte-Bismarck dirà: “Avete visto? Ho imposto la linea a Biden”. Qualcosa del genere.

 

Insomma da una parte c’è un fabbricatore di  contorte reticenze, banalità, ripetizioni e sofismi anche fin troppo attorcigliati, uno cui il furbissimo Casalino spiega come tener calda la scena con quattro stecche e qualche nuvola di fumo colorato, e dall’altra c’è invece il vecchio Grillo che gli scompagina il gioco delle nebbie con una raffica di sparate chiarissime e senza briglia. Conte deve tenersi in equilibrio tra Letta e Speranza? Ma arriva Grillo: “Disarmiamo l’Esercito”. Conte coltiva l’ambiguità come estrema risorsa del galleggiamento? Ma arriva Grillo: “Ci vuole la Cina per risolvere la guerra in Ucraina”. Bum bum. E questo malgrado i circa duecentomila euro l’anno che Conte, sudando visto che i quattrini mancano in cassa, aveva deciso di pagare a Grillo per comprarsi il blog e forse anche (illuso) il silenzio del vecchio comico che non fa più spettacoli e deve pagare le onerose spese legali del figlio accusato di stupro a Tempio Pausania.

 

Osservandoli, anzi ascoltandoli entrambi, il fumoso e lo scoppiettante, l’ambiguo e il diretto, viene da dare ragione a Vito Petrocelli, il presidente putinista della commisione Esteri che Conte vuole espellere dal M5s. “Ho la stessa posizione in politica estera del governo Conte I e del programma con cui sono stato eletto nel 2018”, ha scritto disperato su Twitter. “Vergognoso”. Dagli torto.

  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi erasmiana a Nottingham. Un tirocinio in epoca universitaria al Corriere del Mezzogiorno (redazione di Bari), ho collaborato con Radiotre, Panorama e Raiuno. Lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.