(foto EPA)

dopo il saggio sul foglio

Le reazioni al manifesto di Letta sul "Nuovo ordine europeo". Parlano Fabbrini e Panebianco

Annalisa Chirico

Il professore di Scienza politica della Luiss e l'editorialista del Corriere commentano le parole del segretario Pd a proposito dell'Europa di domani


È un manifesto importante e innovativo”. Parla così al Foglio Sergio Fabbrini a proposito dell’articolessa firmata da Enrico Letta sulle colonne di questo quotidiano. Fabbrini, direttore del dipartimento di Scienza politica alla Luiss Guido Carli e già Pierre Keller visiting professor alla Harvard Kennedy School, guarda con favore alla riscossa di un’Europa “potenza di valori”, secondo la definizione lettiana: “L’importanza di tale manifesto – spiega l’accademico – risiede nell’assunto iniziale: la sicurezza dei singoli paesi e il futuro della democrazia nazionale dipendono dal livello di integrazione in Europa. A differenza di Macron, il segretario del Pd considera l’Europa il punto di partenza, il perimetro irrinunciabile entro cui incasellare ogni altra questione. Per la prima volta, Letta formalizza l’idea di una Confederazione degli stati membri come anello più largo rispetto all’Unione europea. E’ un’idea del tutto nuova anche per i socialdemocratici. Il discorso sull’allargamento, se ‘dentro o fuori’, viene superato dalla possibilità concreta per paesi come l’Ucraina di far parte della famiglia europea anche senza essere membri Ue”.

Un punto di svolta sarebbe l’abolizione del diritto di veto. “A livello comunitario servono procedure decisionali a maggioranza, anche qualificata, ma senza veti.  La Confederazione potrebbe avere una dimensione intergovernativa mentre nell’Ue più stretta si potrebbe ridimensionare il ruolo del Consiglio europeo”. Anche Romano Prodi è fautore di cooperazioni rafforzate. “L’unico tentativo è stato l’istituzione della Pesco nell’ambito della Politica di sicurezza e difesa comune che ha raccolto 25 su 27 membri, ricreando le medesime difficoltà”.

 

Letta parla di un’Europa delle politiche comuni di asilo. “L’impostazione è appropriata e corretta. Finalmente è stata attivata la Direttiva Ue sulla protezione temporanea, introdotta nel 2001 ma mai utilizzata a causa dei veti nazionali. Essa consente ai cittadini in fuga dall’Ucraina di restare per almeno un anno all’interno dell’Ue senza i vincoli del passato. Del resto, la risposta alla crisi ucraina non può che essere europea. Per il ministro degli Esteri tedesco Annalena Baerbock potrebbero arrivare otto milioni di profughi dall’Ucraina: queste persone devono essere accolte e redistribuite in Europa. Rispetto alla crisi siriana, i paesi dell’Europa orientale si mostrano più sensibili, forse perché gli ucraini sono bianchi e di religione cristiana, più simili a noi. Anche quei paesi, che nel 2015 si opponevano alla proposta di una redistribuzione pro quota, adesso invocano la condivisione europea”.

Si va verso una Nato baltica? “La Nato, fondata con l’obiettivo di contenere militarmente l’Urss, non può essere disattenta verso ciò che accade in Nordafrica e Medio oriente. Letta è coerente con gli insegnamenti del suo maestro Beniamino Andreatta che, da ministro della Difesa, insisteva sul rafforzamento dell’alleanza transatlantica e della sua gamba europea. Macron invece punta sul concetto di autonomia strategica perché pensa a un’Europa indipendente dalla Cina e diversa dagli Stati Uniti. Nel caso di Letta questa ambiguità non c’è”. 

 

Sul rapporto con l’alleato d’oltreoceano si sofferma il politologo Angelo Panebianco, editorialista del Corriere della sera: “In generale, il manifesto mi ha fatto una buona impressione, in particolare sull’Unione dell’energia e sulla necessità di superare i veti. Ha ragione il segretario Pd: serve una Convenzione per riscrivere i Trattati. Tuttavia mi sembra che vi sia una sottovalutazione del rapporto con gli Stati Uniti, citati soltanto una volta. Se l’Europa ha espresso una posizione compatta sulla crisi ucraina è merito di Washington che ha favorito questa compattezza. Mai potrà esistere una difesa comune europea che possa prescindere dalla Nato e dal rapporto con gli Stati Uniti. Forse Letta avverte il bisogno di schermarsi da certi americanismi presenti nella sua area politica. Mi sembra poi ingiusto e liquidatorio il giudizio su Margaret Thatcher: euroscettica, certo, ma alcune critiche dell’ex premier britannica erano sacrosante, per esempio a proposito dell’eccesso di dirigismo e statalismo a livello europeo. Quanto ai flussi migratori, sarebbe auspicabile una governance europea ma poi resta da gestire il rapporto con le comunità che si formano nei paesi d’arrivo, e ciò non può avvenire all’insegna di una ottusa ideologia del politicamente corretto. Localmente la sinistra tende spesso a privilegiare rapporti con le componenti più radicali del mondo islamico, il che confligge con i valori europei declinati da Letta e avvantaggia i gruppi che si oppongono all’immigrazione sempre e comunque”.

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