Parliamo di Annalena Baerbock

Micol Flammini

La leader dei Verdi tedeschi è sempre sotto attacco. Non perché sia donna, ma perché è l’outsider di queste elezioni dalle quali la Germania uscirà diversa. Per chi è refrattario al cambiamento, la candidata è il bersaglio più naturale, ma ridurre le accuse che riceve alla questione femminile, dopo sedici anni di Merkel, rischia di svilire la sua campagna elettorale

Annalena Baerbock, leader dei Verdi tedeschi e candidata alla cancelleria, non riesce a non inciampare in qualche scandalo. Nulla di grosso, ma da quando il partito ha scelto lei come leader per le elezioni del 26 settembre prima è venuto fuori un problema con un bonus di 25 mila euro ricevuto dai Grünen, poi qualcuno ha fatto notare che il suo curriculum presentava delle imprecisioni e, adesso, la Baerbock è accusata di plagio. Stefan Weber, grande cacciatore di plagi, ha detto che nel libro appena uscito della candidata, “Jetz” (Adesso), ci sarebbero estratti di articoli copiati da una rivista di politica estera, da siti istituzionali e dallo  Spiegel:  copiaincollati, senza  alcuna citazione. 

 

A parte Weber, che è austriaco e ha definito l’episodio “riprovevole”, sono state poche in politica le voci che hanno accusato la Baerbock. Secondo il Monde tanto silenzio sarebbe dovuto al fatto che Weber è una minaccia un po’ per tutti, meglio non infastidirlo, e sia la Cdu di Armin Laschet sia l’Spd di Olaf Scholz hanno i loro altarini. Ma la vicenda non può che far male alla leader verde, la quale, subito dopo l’annuncio  della sua candidatura aveva regalato ai Verdi percentuali altissime nei sondaggi e anche il brivido di superare il partito di Angela Merkel. Ma da qualche settimana perde sempre più punti   nonostante le ultime accuse  non abbiano nulla a che fare con la politica,  l’obiettivo è colpire il personaggio. 


Annalena Baerbock finora è la più esposta fra tutti i candidati alla cancelleria e secondo molti commentatori le accuse di plagio al suo libro sono esagerate: non si tratta di una tesi di laurea o di un lavoro scientifico. Ma sono la prova del fatto che la leader verde è la più bersagliata. C’è chi ha cercato di spiegare il tutto con la misoginia, di semplificare le accuse e le attenzioni nei confronti della candidata con il fatto che si tratta dell’unica donna,  ben posizionata nonostante le ultime cadute, in una corsa di uomini. Ma la Germania viene da sedici anni di Angela Merkel, è un paese abituato ad avere una donna  al comando. Baerbock è una politica con poca esperienza di campagne elettorali, non ha mai governato  né amministrato nulla. Conosce bene il suo paese, sa come lo vorrebbe cambiare, ma non è abituata  a doversi difendere dalle accuse continue, dai tranelli, e dagli sgambetti. Queste elezioni saranno cruciali per la Germania. Sono le prime senza  Merkel e i partiti stanno ridiscutendo tutti la loro anima e le loro priorità. In questa gara Baerbock è l’outsider, la novità che piace: così lontano, tanto da sognare la cancelleria, i Verdi non c’erano mai arrivati. Per questo Baerbock è la più esposta, la più vulnerabile, è lei che rappresenta il cambiamento più grande dopo sedici anni.

 

Stefan Kuzmany, giornalista  dello Spiegel, ha sintetizzato questo voto in Germania come la speranza in un nuovo inizio e allo stesso tempo la paura del cambiamento e per tanti, soprattutto per i più refrattari, Baerbock è “l’immagine cliché del nemico: è verde e questo significa che vieterà schnitzel e benzina”. Nel suo partito c’è chi  ha detto che l’essere donna rende la sfida per lei ancora più complessa. Ma la questione femminile c’entra poco, gli attacchi a Baerbock, per il momento, sono più frequenti rispetto a quelli a Laschet perché è lei la novità. E’ una campagna elettorale che diventerà sempre più polarizzata, questo Annalena Baerbock lo sa, e dire che è più vulnerabile, esposta, attaccata in quanto donna la rende più piccola rispetto agli altri candidati. Davanti a lei ha una cancelliera, che in tanti hanno attaccato, ma alla quale nessuno ha neppure mai pensato di dire: per te non c’è la sedia, tu vai sul divano. 

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Sul Foglio cura con Paola Peduzzi l’inserto EuPorn in cui racconta il lato sexy dell’Europa, ed è anche un podcast.