In Germania

Annalena Baerbock assomiglia sempre più a una Merkel verde

La candidata dei Grünen offre una idea di Europa chiara e innovativa, che va oltre la tradizionale politica tedesca. Così mostra quanto è maturo il suo partito e dove può posarsi più leggera la pesantissima eredità della cancelliera

Paola Peduzzi

Quando dice che al gasdotto Nord Stream 2 che tanto tormenta Berlino nei suoi rapporti con Washington non rinuncerà, conferma un immobilismo tedesco cui molti sono diventati insofferenti o che forse accettavano dalla Merkel perché compensato da altri guizzi. Invece la Baerbock che dichiara, senza troppi giri di parole, che non importa se il gasdotto è completato quasi al 90 per cento, per lei e per il suo partito non deve essere terminato perché aumenta soltanto la dipendenza da Mosca. “Se vi fosse rimasto qualche dubbio – ha detto – qui stiamo parlando di guerra o di pace”

Capisci che Annalena Baerbock è una candidata temibile alle elezioni tedesche del 26 settembre facendo un giro sui social e trovando spesso #Baerbockfail, che raccoglie tutti gli errori della leader dei Verdi tedeschi (i Grünen); o notando come l’ultimo sondaggio di popolarità in cui la Baerbock scende un po’ sia vissuto da molti con sollievo: lo vedete che è tutto spin o spinta effimera? O anche vedendo quanto il suo inciampo sulla dichiarazione dei redditi (manca la voce di un bonus) sia citato e ripetuto dai suoi detrattori, chi denuncia la sua superficiale inesperienza, chi dice che la sola presenza dei bonus sia la dimostrazione di quanto i Verdi si siano svenduti al dio denaro.

 

E via così, di sbavatura in sbavatura, perché è evidente che questa politica quarantenne, donna ed ecologista nella stagione in cui la questione femminile e quella ambientale si rincorrono  e si completano (Zeitgeist!), incarna molte cose insieme, temibili e promettenti a seconda di chi guarda: mostra la maturità dei Grünen, un partito moderato ed europeista, con priorità chiare ma pragmatico, una via credibile del centrismo. E mostra, diciamolo pianissimo, che forse è su di lei che si deposita leggera la pesantissima eredità politica della cancelliera Angela Merkel.

 

 

Un buon esempio di questa convergenza è stato il dibattito sull’Europa con gli altri sfidanti.

Armin Laschet, candidato dell’Unione tra cristianodemocratici e cristianosociali e quindi sulla carta erede della Merkel, è in recupero dopo una partenza complicata dai suoi stessi compagni di avventura: Laschet è un uomo simpatico e pronto al sorriso, uno che esce sulla distanza, europeista nel modo più merkeliano possibile ma allo stesso tempo cauto quanto la Merkel, senza essere lei. Quando dice che al gasdotto Nord Stream 2 che tanto tormenta Berlino nei suoi rapporti con Washington non rinuncerà, conferma un immobilismo tedesco cui molti sono diventati insofferenti o che forse accettavano dalla Merkel perché compensato da altri guizzi. Invece la Baerbock che dichiara, senza troppi giri di parole, che non importa se il gasdotto è completato quasi al 90 per cento, per lei e per il suo partito non deve essere terminato perché aumenta soltanto la dipendenza da Mosca. “Se vi fosse rimasto qualche dubbio – ha detto – qui stiamo parlando di guerra o di pace”.

 

Lo stesso piglio la Baerbock lo ha utilizzato rispondendo alla domanda: qual è la cosa più frustrante dell’Unione europea? Laschet ha parlato di burocrazia, e così ha fatto anche il leader dell’Spd, Olaf Scholz, un moderato che ha vinto la corsa interna al suo partito contro i più radicali, mentre la Baerbock ha detto affilata: “Il principio dell’unanimità”. Doversi mettere tutti d’accordo rallenta l’azione dell’Ue soprattutto sulla politica estera, guardate cosa è successo questa settimana con l’Ungheria che non ha aderito al comunicato finale dei ministri degli Esteri sul conflitto israelo-palestinese: “Penso ci possa essere fatale”, ha detto la Baerbock con questi suoi toni che possono sembrare apocalittici ma che in realtà sintetizzano bene un senso di urgenza: siamo di fronte a scelte che hanno conseguenze.

 

E’ in questo approccio che si rivela la maturità dei Grünen, che si sentono pronti a uscire dal perimetro della sinistra e dell’opposizione in cui sono da tempo. Sempre qui si riconosce anche molto merkelismo, ed è per questo che la Baerbock sembra un’erede, anche se arriva da un altro mondo, anche se ha ancora tutto da dimostrare e conquistare.
 

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi