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Pnrr di guerra

Droni, satellity, cybersecurity: così il governo pensa di riscrivere i bandi del Recovery

Valerio Valentini

I bandi connessi ad alcuni progetti verranno ricalibrati, così da valorizzare al massimo il cosiddetto uso duale. Investimenti, cioè, utili per scopi sia civili sia militari

Se ne parlava mesi fa e sembrava un capriccio da guerrafondai. Irrobustire la spesa militare: un’anticaglia novecentesca, o peggio. E invece, ora che Putin ci ha risprofondati nelle logiche del secolo che troppo precipitosamente avevamo liquidato come breve, la necessità di finanziare il nostro apparato di Forze armate è tornata a manifestarsi in tutta la sua concretezza.

E se è vero che molto del potenziamento della spesa bellica passerà dal progetto di Difesa comune e dagli Eurobond che saranno utili a finanziarlo, è altrettanto chiaro che delle revisioni di obiettivi e di metodi avranno ricadute anche sui bilanci dei singoli stati. Ed è in questa prospettiva che al ministero di Lorenzo Guerini hanno individuato, d’intesa col Mise di Giancarlo Giorgetti e con Palazzo Chigi, una possibile soluzione. Parziale, certo, ma comunque importante, visto che implica una correzione del Pnrr. Non una riscrittura del Piano, che imporrebbe nuove negoziazioni con Bruxelles. Piuttosto, una ricalibratura dei bandi connessi ad alcuni progetti, così da valorizzare al massimo il cosiddetto uso duale. Investimenti, cioè, utili per scopi sia civili sia militari. La Francia, del resto, su questo fronte aveva osato molto fin dalla prima stesura del suo Piano nazionale, aggirando in parte i vincoli imposti dalla Commissione europea, che non consentono di utilizzare i fondi del Recovery per spese belliche. Ora, questo stesso sentiero lo percorrerà anche la nostra Difesa. 

 

Le missioni interessate da questo ripensamento sono parecchie. Alcune linee di intervento della missione 1, quella su “digitalizzazione e innovazione”, verranno riviste così da includere maggiori bandi sul tema della sicurezza cibernetica, che è la frontiera più avanzata dello scontro in corso tra diverse aree d’influenza. L’altro lembo futuribile, ma in effetti già attualissimo, della cortina di ferro 2.0, è quello dell’aerospazio: e qui un rafforzamento degli investimenti riguarderà l’osservazione della Terra. Un certo satellite, del resto, può essere utilizzato sia per individuare, attraverso la rilevazione della diversa temperatura del suolo, l’avanzamento di un fronte di frana o il luogo di deposito di rifiuti radioattivi, come si fa in Italia; ma anche, con la stessa tecnologia, per scovare dei tunnel sotterranei utilizzati da Hamas, come fa Israele.

 

E lo stesso vale, e varrà, per lo sviluppo dei droni: un “Falco evo” o un “Euro male” possono servire per recuperare degli alpinisti dispersi in montagna, oppure per pattugliare i confini. Uso duale, appunto. E dunque, perché non puntare su questi piani, nell’ambito della realizzazione dei “distretti militari intelligenti” previsti dal Pnrr con l’obiettivo di creare poli d’attrazione per ricerca e investimenti? Davvero il massimo a cui la difesa può ambire, attraverso il Pnrr, dovrebbe restare il miglioramento dell’efficienza energetica delle basi militari, anche ora che l’invasione dell’Ucraina ha stravolto scenari e prospettive? Evidentemente no. E dunque, dirottare sul Recovery alcune delle spese previste nel bilancio ordinario, permetterà di liberare spazio fiscale che il ministero di Guerini utilizzerà per finalità più strettamente belliche. Sembrerà un mezzo trucco contabile, ma anche da qui passa un pezzo del ripensamento della politica d’investimenti nel campo della Difesa.

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  • Valerio Valentini
  • Nato a L'Aquila, nel 1991. Cresciuto a Collemare, lassù sull'Appennino. Maturità classica, laurea in Lettere moderne all'Università di Trento. Al Foglio dal 2017. Ho scritto un libro, "Gli 80 di Camporammaglia", edito da Laterza, con cui ho vinto il premio Campiello Opera Prima nel 2018. Mi piacciono i bei libri e il bel cinema. E il ciclismo, tutto, anche quello brutto.