La dispensa del premier

Draghi alle prese con un'economia da reinventare. La crisi delle materie prime

Cingolani: "Non possiamo fermare tutta l'economia, altrimenti diventa una tragedia sociale"

Carmelo Caruso

Il premier a Versailles fa asse con la Francia per modificare le regole Ue. In Italia il nodo resta l'approvvigionamento delle materie prime come acciaio, argilla, grano. La preoccupazione di Giorgetti

Armi, acciaio e grano. E’ la malattia. Giorgetti ha bisogno di “ferro”. Patuanelli cerca grano in Canada. C’è un mondo che deve rinunciare a un pezzo di mondo e che scopre quanto la nazione sia ora l’infinito insufficiente. Prima di partire per la Francia, Mario Draghi ha ascoltato i suoi ministri che lo hanno ragguagliato sulle nostre materie prime, la “dispensa paese”.


Servono deroghe ai patti Ue, acquisti energetici comuni. Il premier, per farlo, ha chiesto il braccio della Francia. Enrico Letta gli ha offerto il suo: “Dobbiamo prepararci allo stop del gas russo”. Dicono che appena atterrato, a Versailles, per il Consiglio informale europeo, Draghi conoscesse a memoria le risposte che ha poi dato ai giornalisti. Rischiamo la recessione? Risposta: “Dobbiamo affrontare strozzature nell’offerta, sostenendo subito e diversificando le fonti di approvvigionamento”. E senza gas, presidente, come si farà? Replica: “La risposta non può che essere europea”.

 

Non spegneremo ancora i lampioni delle città (quello è l’ultimo gradino di una scala di tre e noi siamo al primo). Non dovremo razionare il pane ma bisogna cercare grano altrove e pure il mais perché dall’Ucraina ne veniva importato ben il 13 per cento. Il prezzo del grano è aumentato del 33 per cento in dieci giorni.

 

E infatti, quando in Cdm, Patuanelli e Giorgetti si passavano il testimone, non c’era ministro che non prendesse nota. Elencavano, come si fa casa quando ci si accorge che le riserve stanno finendo, quelle materie sensibili che rischiamo di non avere in cantina. In verità, ci mancano pure i silos, i centri di stoccaggio. Si ragiona se farle nelle vecchie raffinerie. Patuanelli suggeriva dunque a Draghi di “chiedere una deroga sulla disciplina degli aiuti di stato nel settore agroalimentare”. E proponeva l’altro Recovery, un Energy Recovery Fund, così come auspicava di ripensare la Pac, quella Politica agricola comune, le severe regole che costringono i produttori agricoli ad alternare un anno di coltivazione e l’altro di riposo. Sono insomma tutti quegli incunaboli di norme comunitarie che hanno fatto la fortuna dei sovranisti. Ci sputacchiavano sopra e crescevano nei sondaggi. Ora si sono buttati sul pacifismo.

 

Letta che non è stupido si butta sul realismo e avvisa che dobbiamo preparaci al gasexit. Non perde tempo, come altri e, ieri, non lo volevano perdere neppure i ministri. Giorgetti, ad esempio, doveva occuparsi, insieme al ministro Andrea Orlando, anche di Stellantis. Roberto Cingolani, uno che non parla in sindacalese, era atteso, di pomeriggio in Senato per un’audizione, e diceva la verità. Portava l’esempio della Germania: “Il collega tedesco spiegava: non possiamo chiudere e fermare tutta l’economia, altrimenti diventa una tragedia sociale. Vale anche per noi, onestamente”.

 

Un primo successo l’ha ottenuto. Ieri, in Cdm sono stati sbloccati ben sei parchi eolici. La settimana prossima si prevede un provvedimento di sostegno a favore di famiglie e imprese. Il più preoccupato dicono che sia Giorgetti. Era preparatissimo. Cerchiava con la matita tutti i nostri meno e proponeva “il divieto di esportazione di prodotti indispensabili”. Voleva dire dazi ma dato che è il più dritto lo diceva con queste parole: “E’ da valutare se sia opportuno accompagnare queste misure con l’applicazione di dazi”.

 

Si può fare ma solo se la Ue stabilisce che è il caso di farlo. Dalla Russia viene meno la ghisa, ferro, acciaio (-8%). E poi rame e alluminio (“ne importiamo ben 37 mila tonnellate” aggiungeva). Dall’Ucraina si deve rinunciare all’argilla. L’ottanta per cento delle importazioni europee proveniva da Kyiv. Ieri, il premier   ha perfino chiamato al presidente del Congo per rafforzare la sinergia energetica. E’ come prendere il planisfero e cancellarne quasi un terzo. Per fare meno paura, Draghi lo chiama “diversificare le fonti”. Si tratta in realtà di reinventare un mondo.

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  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio