Giancarlo Giorgetti (Ansa)

Tra i vigneti pugliesi

 Giorgetti e la pax Draghi-Salvini: “Ci vorrebbe la cena del lunedì, come ai tempi Berlusconi e Bossi”

Michele De Feudis

 Il ministro a Manduria nella masseria di Vespa. Doveva parlare di vino ma è passato dall’evocazione delle armoniose cene di Arcore alla ripresa possibile fino alla Lega che “bilancia l’azione dell’esecutivo”

La pax tra Mario Draghi e Matteo Salvini, secondo il ministro Giancarlo Giorgetti, potrebbe passare dalla calendarizzazione di una cena settimanale tra il premier e il leader della Lega, per appianare i dissensi fin qui ricorrenti tra Carroccio e Palazzo Chigi. Invitato da Bruno Vespa per un meeting su vino ed economia nella masseria del giornalista a Manduria, tra i vigneti del rinomato primitivo, il politico lombardo ha provato a dribblare tutte le domande dei cronisti, perfino una battuta sul Southampton, il club inglese per cui tifa (la squadra arranca in Premier, come la Lega alle comunali). Sul palco, però, è inchiodato all’attualità (“Se Salvini è contento, sono contento. Se Draghi è contento, sono contento. Se Salvini e Draghi sono contenti, io sono felice”), e così evoca la liturgia che in passato appianava i dissidi tra Silvio Berlusconi e Umberto Bossi. “Ma non dovevamo parlare di vini?”, chiosa divertito e “descamisado” sotto un tendone che genera un vero effetto serra. Da qui il rimando al rito della tavola di Arcore: “Quando Bossi non andava d’accordo con il Cavaliere, istituzionalizzarono la cena del lunedì”.

 

 

Il riferimento è all’incontro Draghi-Salvini, che auspica divenga un appuntamento settimanale, perché di fronte a nuovi equivoci, “potranno essere chiariti direttamente, non lasciati cuocere a beneficio dei giornalisti”. Vespa difende la categoria e il ministro aggiunge una riflessione: “Ho passato la campagna elettorale a spiegare che mi occupo di politica, non di fantapolitica, sottolineando la differenza tra scienza e fantascienza. Il metodo del confronto aiuterà a risolvere non tanto gli equivoci, ma i problemi che ogni governo si trova di fronte”. Giorgetti, nella veste di “consilium principis” che smina il cammino dell’esecutivo draghiano, sottolinea anche il ruolo dei leghisti, evidenziando che “il premier apprezza il nostro contributo di idee per un bilanciamento della sua azione di governo. Cosa sarebbe l’esecutivo senza la Lega? La domanda è già una risposta…”. Sulle comunali è ecumenico: “L’opinione dei cittadini è fondamentale. Quanto a sindaci conquistati a noi non è andata male. Poteva andare meglio. Se c’è qualcosa che abbiamo sbagliato, abbiamo tempo per correggere la rotta e vincere le politiche”.

 

Il resto della conversazione nell’antico casale rivela le previsioni di Giorgetti sull’andamento dell’economia italiana, a condizione che si colga in pieno la sfida del Recovery, “innescata dai fondi pubblici, ma alimentata dalle iniziative private”. Ecco quindi l’elogio dell’imprenditore “come persona fisica, che si assume il rischio, rispetto a questo universo di fondi, che pure sono importanti”. E parla con prudenza anche di un possibile superamento del 6 per cento di crescita. “Ci sono due incognite: i consumi e la dinamica dell'indice manifatturiero", ma senza imprevisti legati alla pandemia è un traguardo “possibile”, puntualizza incrociando le dita. Sulla querelle Draghi al Quirinale: “È un timore - puntualizza - ma per qualcuno rappresenta una garanzia. Basta aspettare tre mesi e tutto si chiarirà”. Non si sbilancia: “È chiaro che il nome Draghi è il brand dell'Italia all'estero. La voce del governo italiano ha uno standing internazionale”.

 

Il dialogo si sofferma a lungo sull’entità della ripresa: “Nelle economie mature, che hanno incrementi demografici modesti, è difficile immaginare numeri roboanti. Ma se prendiamo l’onda, l’onda va lunga. L’Italia ha potenzialità inespresse, come il Sud. Il minimo comune denominatore deve essere la fiducia nel futuro, per uscire dalla rassegnazione. C’è tanto denaro in giro, serve chi ha fiducia e investe”. La chiosa finale è traboccante di ottimismo: “Se si vede la nota di aggiornamento al Def, se c’è crescita e un po’ di inflazione, il problema del debito sarebbe automaticamente risolto…”.