L'incontro

Draghi disinnesca il Salvini al terzo giorno di Papeete: "Con chi vuoi stare?"

Il leader del Carroccio: "Incontrerò Draghi una volta a settimana"

Carmelo Caruso

Il premier incontra Salvini a Palazzo Chigi prima del Cdm che approva la riapertura di cinema e teatri al 100 per cento. Discoteche al 50 per cento. "Fidati, è il tuo governo"

E’ entrato minacciando ed è uscito ringraziando. Aveva ragione Matteo Salvini. Non intende lasciare il governo. Chiede solamente che qualcuno si prenda cura di lui. Dopo tre giorni di quasi Papeete è infatti resuscitato governista. Cosa voleva? Voleva solo essere aiutato come quei pazienti che chiedono ai medici ancora un quarto d’ora del loro tempo. Il premier, il dottore, e il leader della Lega, l’infermo, si sono incontrati ieri a Palazzo Chigi e hanno concordato un “percorso di recupero” fondato sulla fiducia: “Caro Matteo, da che parte stai?”.


Dicono che quando Salvini si è seduto di fronte a Draghi non ci fosse più né il ghigno né la confusione di questi giorni, ma solo l’ansia di interrompere questa sua recita a soggetto. Annuiva quando il premier gli diceva che il paese sta “uscendo dalla fiacchezza economica”. Perfino la delega fiscale, il testo contestato, veniva superato come argomento e diventava solo un affare di dettagli: “Caro presidente, non ci convince l’articolo sette. Possiamo intervenire?”. Il grande equivoco si scioglieva perché Draghi anziché dargli dell’incosciente lo stava a sentire con ancora maggiore attenzione, come a volergli dire che in questo governo non ci sono marginali e che la tavola è di quelle rotonde: “Cosa c’è che non va? Caro Matteo, di me ti puoi fidare”.

 

E concordavano, come se la pensassero da sempre allo stesso modo, sulla necessità di fare emergere gli immobili abusivi. Concordavano che  è necessario riaprire attività, riprendersi sempre più la vita di prima. Nessuno può garantire che il paziente Salvini non abbia una ricaduta. Restituiamo il senso e ci scusiamo dunque se le parole sono infedeli. Ma il senso delle parole di Draghi era questo: “La tua Lega, il tuo elettorato ti chiede di stare al governo. Questo governo fa bene a te. E’ il momento di spendere. Non vuoi essere protagonista di questo tempo? Ripeto devi scegliere con chi stare”. Salvini era solo. Prima di vedere Draghi si è confrontato con Giancarlo Giorgetti e con Massimiliano Fedriga.

E raccontano che sia stato ancora lo stesso Draghi a consigliare a Giorgetti: “Ritrovatevi, parlate”. Giorgetti gli rivolge sempre la stessa frase, la più cara. Gli vuole più bene di quanto Salvini stesso riesce a capire: “Scegli cosa vuoi essere. O governo o opposizione. Se scegli sarà più facile per te, ma sarà più facile anche per noi”. C’è chi dice che Salvini avesse quasi nostalgia di quel Palazzo e che tutto il suo dolore sia ancora quell’antico. Vorrebbe fare il capodelegazione. Nella Lega c’è chi aveva anche proposto: “Ma inventiamogli un ruolo”. Di mattina la sua infermità gli faceva chiedere addirittura: “Draghi mi metta per iscritto che non aumenterà le tasse”. Faceva lo scrivano. Voleva insomma porgere la Bic a Draghi. Perfino Luca Zaia, l’infermiere, dal Veneto, diceva: “Draghi sulle tasse è stato eloquente”. Come tutti gli ammalati, la prima cosa che va fatta è accettare la malattia. Quella di Salvini è la nostalgia, la ricerca del Viminale perduto. Ieri pomeriggio, finito l’incontro, si sporgeva infatti dal parapetto di Palazzo Chigi e guardava cominciare il Cdm. Gli manca.

 

Mentre se ne usciva dal Palazzo facendo sapere che il “clima è stato cordiale, costruttivo” e che “vedrà Draghi almeno una volta a settimana”, il governo si riuniva per fare quello che doveva fare. Aumenta la capienza di cinema e teatri al 100 per cento, per gli eventi sportivi sarà possibile riaprire gli impianti al chiuso al 60 per cento mentre gli stadi al 75 per cento. Le discoteche si fermano al 50 per cento. Era quest’ultima la vera battaglia di Salvini, ancora più della casa e del catasto. Era la battaglia del mojito. E questa volta non li si vuole irridere. Come vede dal 35 per cento (era il dato consigliato dal Cts) si è arrivati al 50 per cento e il suo capo delegazione, Giorgetti, riusciva anche a fare escludere dal conto i dipendenti dei locali. Tutto questo accadeva nella giornata in cui si riuniva, per la prima volta, la cabina di regia del Pnrr dedicata alla nuova istruzione (5 miliardi).

 

E ancora. Angela Merkel salutava Draghi lodandolo come garante dell’euro. Nancy Pelosi, che partecipava al vertice G20 dei presidenti dei Parlamenti, ricordava “il coraggio dell’Italia sotto la leadership del primo ministro Draghi, il cui esempio ha contribuito a riunire la comunità internazionale”. La vera cosa nuova di questo governo non è la natura, quel “larghe intese” ma l’attenzione per il calendario. Draghi si è servito ieri di queste due espressioni per specificare che si accelera. “I tempi cominciano a diventare corti e le riforme si devono fare. E’ il tempo di chiudere” e ancora “non seguiamo il calendario elettorale”. Sta pian piano entrando un nuovo articolo costituzionale: “Il governo rispetta il calendario”.

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  • Carmelo Caruso
  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio