Matteo Salvini (LaPresse)

L'Azzeccagarbugli

Salvini lo scrivano: “Lo voglio per iscritto”. Quando i capi hanno paura

Carmelo Caruso

Il leader della Lega chiede garanzie, nero su bianco, dopo essere stato sbugiardato da Draghi sulla legge delega. Proprio lui che ripete ogni volta, quando battibecca con la Meloni e il Cav., che “a destra basta una stretta di mano”

Sta sui social tutta la giornata ma poi chiede: “Draghi lo metta per iscritto”. Nel terzo giorno di “quasi Papeete”, Matteo Salvini, ospite in radio, diventa lo “scrivano”. Sbertucciato da Draghi sulle tasse (che non aumenteranno) ha rilanciato con la più logora della frasi italiane, più di “Lei non sa chi sono io”. Qual è infatti la minaccia più popolare quando si è deboli e non si crede nella buonafede degli altri? È sempre: “Io lo voglio per iscritto”.

    

   

Perché tutta questa voglia di calamaio? Il passo successivo è “Ma noi lo avevamo firmato”. La politica di questi ultimi anni è infatti un carnevale di contratti. Inutile ricordare che sono tutti epigoni di Silvio Berlusconi che ha sempre fatto le cose in grande. Il suo era infatti un contratto con gli italiani. E poi una tipografia: i contratti tra Prodi e l’Unione. Quello fra Conte e Salvini con tanto di fuga di bozze: “Vi sveliamo il contratto”.

  

È stato Draghi ieri a dire, a Lubiana, la piccola verità. “Mi sembra che questo governo un po’ di credibilità ce l’abbia”. Equivaleva a dire che tra persone perbene lo “scritto” offende. E poi non è Salvini a ripetere, quando battibecca con la Meloni e il Cav., che “a destra basta una stretta di mano”? Per “iscritto” è sempre la garanzia dei diffidenti. Per “iscritto” è sempre il ghigno degli avvocati. Bossi che era ruspante se ne è sempre infischiato della carta e dello scritto. Nessun governo e nessuna alleanza si salva per merito delle Bic. Adesso che non ha la Bestia, "il Capitano" fa finta di essere dotto. Questa volta va accarezzato. Più che il “capo” sembra il Renzo del Manzoni. L’Azzeccagarbugli è lui.

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  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio