Il premier e il bugiardo

Salvini vota no alla delega fiscale. Draghi lo svergogna sulle tasse

Quello che il leader del Carroccio sta facendo è un'operazione che nei vecchi partiti si chiamerebbe infedeltà, tradimento

Carmelo Caruso

Ordina ai suoi ministri di disertare il Cdm, che approva il provvedimento anche senza la Lega. Organizza una conferenza stampa dove parla di "aumento delle tasse". Fa ancora prove di Papeete

Tutti devono sapere che è uno spergiuro. Cosa aveva detto Matteo Salvini dopo le elezioni amministrative? “Il governo non va abbattuto. Non sarà la Lega a metterlo in difficoltà”. Ha mentito. Martedì, nella giornata in cui il Cdm approvava la legge delega sul fisco, ha provato a vendicarsi in trasferta, con un’anti conferenza stampa, una bancarella di merce guasta.

    

Delega fiscale, perché la Lega ha abbandonato il Cdm

 

Non è stato capace neppure di annunciare a Mario Draghi quanto stava per fare. È un esperto di sabotaggio. Ha infatti preteso che la sua delegazione non partecipasse al Cdm. Ha ordinato la diserzione. Cosa ha ottenuto? Malgrado l’assenza dei suoi ministri, il Cdm ha votato sì a una legge che è più una dichiarazione di volontà, dieci articoli che non è vero, come Salvini ripete, che si tradurranno “in nuove tasse”. Non solo lo ha detto. Ha perfino caricato la colpa dell’assenza su Giorgetti-Garavaglia-Stefani (“ho condiviso la loro scelta di astenersi”). Cosa dice sempre? “I miei ministri, i miei ministri…”. I suoi ministri preferirebbero dimettersi che continuare a sopportare, ancora, uno come lui. Ormai ha imparato a conoscerlo perfino il premier. Quando si è presentato in conferenza, quella vera, una conferenza breve, precisa, Draghi si è rivolto agli italiani. Li voleva avvisare di non credere ai ciarlatani, ai venditori di patacche, quelli che agitano “il salasso sulla casa”.  Da giorni spiega che la riforma del catasto non è altro che “una riformulazione del catasto”.

    
Se Salvini avesse ascoltato il ministro Daniele Franco avrebbe perfino detto “evviva”. Si supera l’Irap e l’Imu viene destinata ai comuni. La verità è che aveva bisogno solo di un pretesto, un fiammifero. L’ha trovato nel retorico “noi leggiamo i testi e il testo ci è stato consegnato solo poche ore prima”. Da quando indossa gli occhiali fa finta di fare il serio.

    

Il capo delegazione della Lega che ha partecipato alla cabina di regia era Massimo Garavaglia. È stato costretto a dire “scusate devo uscire, mi devo confrontare con il partito”. Vogliamo prendere per buono l’alibi di Salvini? Facciamolo. Il testo? Draghi gli aveva offerto qualcosa che è più di un testo. Il suo tempo. Ha spiegato “personalmente” a Salvini, e al suo ministro di riferimento, Giancarlo Giorgetti, cosa contenesse la legge delega, come funzionerà l’esercizio. Ha spiegato, di nuovo, “personalmente”, che quello che Salvini dice “è il mio interesse” è l’interesse di tutti.

   

Come può credere che uno come lui, uno con la sua formazione economica, possa volere “alzare le tasse”? Davvero, quando Draghi dichiarava “sarà Salvini a spiegarci i motivi”, lo diceva perché l’ambiguità è pur sempre un aspetto del carattere, ma inventare una realtà parallela è un qualcosa di più grave. Salvini ha solo elencato un catalogo di dispetti, di capricci. Un altro era questo. “Non potevamo votare. Si trattava di una delega in bianco. Cosa facciamo se poi arriva un altro al posto di Draghi?”. Ed è così che se lo tiene stretto? È così che gli è leale?

   

Martedì mattina ha dato mandato al suo capogruppo alla Camera, Riccardo Molinari, di colpire i ministri della Lega perché “chi è al governo dovrebbe incidere di più. Se i nostri elettori non sono andati a votare è perché non apprezzano la nostra forza di governo”. Commissiona in pratica ritorsioni, delega analisi. Sono tutte azioni di un subalterno. Draghi avrebbe i numeri per continuare anche senza la Lega. È Draghi che la vuole al governo. Quello che Salvini sta facendo è un’operazione che nei vecchi partiti si chiamerebbe infedeltà, tradimento. Ha restituito centralità al Pd, sta condannando alla marginalità i suoi presidenti di regione. Non è il leader della Lega. È la talpa di Letta.

 

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  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio