Raffaella Paita, deputata Iv e presidente della commissione Trasporti (Ansa)

la presidente commissione trasporti

"Il ponte sullo Stretto è l'alternativa all'Italia dei sussidi", dice Paita (Iv)

Ruggiero Montenegro

"Il ministro Giovannini è stato coraggioso a sbloccare la situazione. Ora i tempi sono maturi e ci sono le risorse. Il Pd? Smetta di assecondare l'ostruzionismo grillino e riabbracci il riformismo", dice al Foglio la deputata

L'ultimo capitolo di una storia che si trascina da almeno mezzo secolo è stato scritto mercoledì, quando il ministro dei Trasporti Enrico Giovannini, in audizione alla Camera, ha annunciato un nuovo progetto di fattibilità per il ponte sullo Stretto, stanziando a questo scopo 50 milioni di euro e abbozzando un cronoprogramma, in base al quale l'opera potrebbe essere inserita nelle legge di bilancio 2023. “È stato molto coraggioso, sbloccando una situazione che si trascinava da anni – dice al Foglio Raffaella Paita, deputata di Italia Viva e presidente della commissione Trasporti -. Grazie anche al lavoro della vice ministra Teresa Bellanova, registriamo un netto cambio di passo. Il governo precedente si è troppo spesso trincerato dietro alle lente tempistiche delle commissioni e degli studi di fattibilità. E questa è una critica che vale anche per l'esecutivo Monti”. 

 

Ma adesso, per Paita, i tempi sono finalmente maturi, ci sono i programmi e le risorse. “E' un'opera fondamentale che può avvalersi di fondi europei, essendo inserita nel progetto infrastrutturale del Corridoio scandinavo mediterraneo, e trovare spazio nel bilancio dello stato: dai finanziamenti destinati al sud a quelli per il ministero”, spiega la deputata secondo cui anche i principali alibi addotti nel tempo da chi si opponeva sono caduti: “Non si può più parlare di cattedrale nel deserto o dell'inutilità dell'opera in quanto, grazie ai progetti del Pnrr per la Salerno-Reggio Calabria e per l'alta velocità nelle regioni meridionali, il sud è al centro di un disegno organico di infrastrutture e ammodernamento”. Una prospettiva che si lega alle valutazioni di tipo commerciale perché, sottolinea l'esponente di Iv, “i dati indicano una ripresa del traffico portuale, come nei casi dei porti Palermo e Gioia Tauro”. In base alle stime di Assoporti, nonostante la pandemia, i due terminali hanno registrato nel 2020 rispettivamente una crescita del 26 e del 36 per cento, in termini di tonnellate merci movimentate.

 

Insomma, fosse per Raffaella Paita, tra Reggio e Messina, sarebbe già tutto un fiorire di cantieri. I lavori del Parlamento, tuttavia, procedono in maniera più cauta. Cosa possiamo aspettarci adesso? “Ora bisogna darsi un metodo. E su questo punto non sono d'accordo con Giovannini, credo si possa fare più in fretta di quanto indicato dal ministro”. Ci spieghi meglio: “Grazie alle nuove norme sulla semplificazione, si potrebbe arrivare all'assegnazione dei primi appalti nel 2023. Sarebbe questo un obiettivo fattibile, che ci restituirebbe credibilità internazionale e al tempo stesso avrebbe un senso culturale per lo stesso sud: la risposta all'assistenzialismo, l'alternativa a chi vuole l'Italia dei sussidi”. 

 

Il riferimento è in primis al Movimento 5 stelle, alla proverbiale contrarietà grillina alle grandi opere: “Dal loro punto di vista vedo una sconfitta. Oggi tutte le posizioni, a cominciare dalla Tav, sono cambiate o sono marginali”. Ma la deputata di Iv non risparmia nemmeno il Pd, colpevole di “aver abbandonato il riformismo, assecondando spesso quella logica ostruzionista portava avanti dal M5s nelle commissioni. Come nel caso del progetto Gronda a Genova, quando i dem pur non dichiarandosi contrari hanno inseguito le posizioni pentastellate”. Un giudizio che riguarda tutta lo storia del Pd post renziano: “Con Zingaretti il tratto riformista si era perso del tutto, e anche con Letta non vedo segnali incoraggianti. Ma stiamo a vedere”.

 

Nonostante tutto, Paita si dice comunque convinta che, al netto delle difficoltà e dei posizionamenti in Parlamento, questa sia la volta buona. Nel suo ragionamento il ponte sullo Stretto si farà, per almeno tre ragioni. “Le condizioni che ci sono oggi non si sono mai verificate in passato: registriamo una convergenza parlamentare molto ampia. Poi, ripeto, esiste finalmente una strategia organica per le infrastrutture e – conclude la presidente – c'è anche la disponibilità economica. Senza dimenticare che abbiamo un premier come Mario Draghi, che ha autorevolezza e gode di un grande credito, in Italia e in Europa”.