Aris Oikonomou, Pool Photo via AP

Classe dirigente che vai, vaccino che trovi

Giuliano Ferrara

Dallo stato onnipotente (ma efficiente) cinese a quello onnipresente (ma lentissimo) dell’Ue

Vaccino e regime politico, vaccino e situazione antropologica: una correlazione probabilmente esiste. La Cina di Mr. Ping è la più efficiente, dicono i dati, sia in numeri assoluti sia in percentuale sulla popolazione. Sono comunisti, lo stato può praticamente tutto, dà ordini che vengono seguiti, ordini alla burocrazia locale ma anche direttamente alla popolazione, su cui è esercitato un controllo sociale diffuso e centralizzato. Chi consideri la vaccinazione di massa una campagna di salute pubblica, senza alternative nella pandemia, potrebbe invidiare queste caratteristiche, ma fino a un certo punto se si pensa a quanto implichi poi per la vita reale il grado forte di chiusura di una società ormai perfino ricca, ma certo non libera. Inoltre sono confuciani, e di questo ne so poco, ma abbastanza per pensare che la sacralità della vita laica e secolare, delle armoniose relazioni umane, uno dei centri dottrinali e pratici del confucianesimo come ordine morale, può essere d’aiuto in una situazione in cui le relazioni fanno premio sulla relativa solitudine di individui e famiglie in società più aperte.

 

Dopo la Cina come campioni vaccinali vengono gli americani, gli indiani e gli inglesi. Gli indiani sono liberisti per assimilazione e scelta della famosa “più grande democrazia del mondo”, e godono della decentralizzazione della ricerca big pharma e della produzione dei vaccini, ma americani e inglesi, bè, ça va sans dire. La capacità di mobilitare energie pubbliche e private, di produrre o acquistare in quantità i vaccini, l’efficienza anche irruenta, anche spesso anarchica, di un modello di società aperta che moltiplica gli spiriti animali del vivaio umano, e anche una certa quale indifferenza agli estremi della codificazione normativa di ogni aspetto della vita associata: tutto questo ha messo in seconda e solida posizione, sulla scala della capacità mobilitatrice del sistema sanitario e di una capillare disseminazione di punti differenziati di raccolta e organizzazione di individui e famiglie, le democrazie liberali che possiamo chiamare impropriamente “pure”. Lo stato sarà anche meno forte e invasivo di quanto non sia altrove, ma la legge domina e si interiorizza e diventa una forma di patriottismo salvifico che raggiunge in men che non si dica, come centro propulsore di una campagna sanitaria nazionale, il supermercato o il pub, se necessario.

 

L’Europa non è in una situazione disperata, ci mancherebbe, ma è in forte ritardo e nella serie C della classifica. E’ una unione di nazioni, che ha deciso di non innescare meccanismi di concorrenza interna, dunque ha effettuato una sorta di centralizzazione nell’approvvigionamento e redistribuzione dei rimedi antivirali, ma una centralizzazione sovranazionale, a riparto, e ha applicato al tutto uno spirito regolatorio divenuto leggendario, dal principio di precauzione alla statuizione di priorità, schemi, regimi di autorizzazione e verifica. Qui lo stato è onnipresente ma non onnipotente, come in Cina, e funziona da organo di protezione con molte differenti versioni e diversi assetti socio-politici da un paese all’altro. La moneta è artificialmente, per così dire, unica, e agisce come una sorta di regola di cambio monetaria alla quale occorre una complessa convergenza di ciascuna nazione verso una media continentale o dell’unione.

 

Lo stesso in fondo vale per il vaccino. Ci se ne approvvigiona sulla base di istinti burocratici, con i tempi e i costi di un ordinamento regolatorio che non sgarra, ma certo non ha reso fluida la campagna e in molti casi l’ha rallentata mercanteggiando con oculatezza quando si doveva semplicemente spendere e partecipare a una specie di asta mondiale, per di più correndo. Per non dire del regime delle autorizzazioni, dei suoi tempi, delle sue esitazioni, anche comprensibili ma farraginose negli effetti. Ciascun sistema o regime o assetto ha le sue caratteristiche, in bene e in male. A noi è toccato, in Europa, quello meno reattivo nelle teste di serie dei regimi politici. Procediamo, come in molti altri campi, più sicuri forse e certamente più lenti.

 

Ci sono poi un primissimo della classe, che è lo stato-guarnigione di Israele, e un ultimissimo della classe, che è il Brasile in preda alla sindrome paradelinquenziale di un Caudillo sculettante e del tutto indifferente alla sorte effettiva del suo popolo. Anche qui, nei due casi del top e del peggio, le spiegazioni sono assolutamente ovvie. Pensate se al vertice del governo italiano fossero un Bacco, un Giorgianni o un Gratteri, e tirate voi le somme del negazionismo di governo in pandemia. Regime e classe dirigente che vai, vaccino che trovi. Con tutte le dovute distinzioni e riserve di criterio o di valore.

 

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.