Il governo e la rimozione (psicologica) di Arcuri

Luciano Capone

Il Commissario non parla più da tre settimane e non viene invitato ai tavoli che contano. Per l'esecutivo è come se non esistesse, ma i problemi a partire dai vaccini restano irrisolti

La faccenda sta assumendo contorni imbarazzanti. Per la terza settimana di fila, senza una motivazione, salta la conferenza stampa del Commissario straordinario Domenico Arcuri. E’ quasi un mese, dalle dimissioni di Giuseppe Conte che l’aveva nominato plenipotenziario anti Covid, che l’uomo che è stato il volto dello stato nell’emergenza non appare. Arcuri non parla più a nome del governo e il governo non parla più di lui. Era il convitato di pietra nell’ultimo vertice sui vaccini, in cui il premier Mario Draghi ha invitato Franco Locatelli (Css), Silvio Brusaferro (Iss) e Agostino Miozzo (Cts). Tutti tranne lui.

 

Arcuri in pratica è stato rimosso, ma in senso psicologico. Formalmente è sempre il Commissario straordinario per l’emergenza Covid, un ruolo cruciale per tutta la gestione della pandemia, ma per il governo è come se non esistesse. Etsi Arcuri non daretur. E lui, l’ex onnipresente e onnipotente Commissario, per adeguarsi alla nuova stagione e si è silenziato e smaterializzato. Gli unici segnali di esistenza giungono dai comunicati stampa, una modalità che si usa nei regimi quando i leader non se la passano benissimo: “La campagna di vaccinazione contro l’epidemia Covid sta registrando un confortante incremento. Da lunedì 22 febbraio sono state effettuate in media oltre 100 mila somministrazioni al giorno e ieri, mercoledì 24 febbraio, è stato raggiunto il picco di 102.433 dosi”, dice l’ufficio stampa del Commissario. Da un altro comunicato, sempre di ieri, si apprende che Arcuri ha partecipato a un tavolo al Mise sulla produzione italiana di vaccini, convocato dal ministro Giancarlo Giorgetti, insieme a Farmindustria e all’Aifa. Stavolta era presente, ma si tratta di un altro segnale del commissariamento del Commissario visto che era un tema che finora Arcuri aveva gestito in autonomia e in prima persona, mentre adesso passa in mano a Giorgetti.

 

Insomma, quello che era il loquace protagonista è diventato una comparsa taciturna. Dal discorso al Senato, è evidente che Draghi ritiene di fondamentale importanza il piano di vaccinazione e che le sue idee sono divergenti rispetto all’impostazione data da Arcuri, almeno stando alla netta bocciatura delle “Primule”. Ed è altrettanto evidente, al diretto interessato prima di tutti, che il presidente del Consiglio intende ridefinire e ridimensionare il suo ruolo. Ma, a distanza di settimane, non è ancora chiaro come. Probabilmente ci sono anche difficoltà tecniche a riorganizzare una struttura disegnata e costruita su misura di Arcuri, che usa uomini e mezzi di Invitalia. Gestire il passaggio a un sistema meno personalistico e più istituzionalizzato, come ad esempio la Protezione civile, non è semplice durante un’emergenza. Ma di certo non è sostenibile una situazione del genere. Perché la campagna di vaccinazione mostra criticità in diverse regioni che un Commissario delegittimato non può affrontare. Inoltre la scomparsa di una comunicazione pubblica sull’andamento della campagna vaccinale crea problemi, come ad esempio la diffusione di notizie infondate sul dimezzamento delle forniture di AstraZeneca. L’assenza e il silenzio vengono così riempiti da caos e confusione.

 

Infine, la definizione del ruolo del Commissario rappresenta anche un dovere di correttezza nei confronti di chi, bene o male, ha gestito finora un’emergenza complicata. Forse Draghi cerca una soluzione efficace ma soft, perché non intende regalare a qualcuno lo scalpo di Arcuri. Ma lasciarlo sulla graticola non è un bene per nessuno.

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali