Idee per il dopo Arcuri

Luciano Capone

Il piano vaccinazioni, insieme al Recovery plan, è ciò su cui ci si aspetta maggiore discontinuità dal nuovo governo. Draghi dovrà decidere se confermare il Commissario o trovare un'alternativa. Due ipotesi possibili: coinvolgimento della Protezione civile o di esperti nella logistica delle forze armate

Cosa deciderà di fare Mario Draghi del Commissario straordinario anti Covid? Quale sarà il futuro di Domenico Arcuri? In questo anno ha incarnato la gestione emergenziale del governo Conte, che ha accentrato su di lui tutti i compiti (oltre a quelli precedenti che aveva in Invitalia) ritenuti “utili a fronteggiare l’emergenza sanitaria”. La risoluzione di ogni questione, dalle mascherine ai banchi scolastici passando per il potenziamento della rete ospedaliera fino all’organizzazione del piano vaccinale, è stata rimandata ad Arcuri. Che è diventato anche il volto del governo, in tv e in conferenza stampa, l’unico insieme al premier Conte a parlare direttamente agli italiani. Sovraesposizione mediatica, responsabilità crescenti e risultati altalenanti lo hanno fatto diventare il parafulmine dell’esecutivo e ora, con il cambio di premier e di maggioranza, il perfetto capro espiatorio. Anche perché, nel frattempo, oltre al mutato quadro politico che ha visto soccombere il suo protettore Conte, la gestione della campagna vaccinale non sembra andare per il meglio.

 

C’è molto scetticismo sulla pianificazione e sulla logistica. Le “primule”, cioè i padiglioni temporanei da installare nelle piazze per le vaccinazioni di massa, che nella descrizione di Arcuri dovrebbero essere dei “luoghi con qualche evocatività e identità”, rischiano invece di trasformarsi in un simbolo ignominioso della campagna di vaccinazione anti Covid. Insomma, di evocare un po’ ciò che i banchi a rotelle hanno rappresentato per la riapertura delle scuole. E’ lo stesso bando per le “primule” che, proprio come per i banchi scolastici, è stato modificato e prorogato ad alimentare un senso d’incertezza, anche perché prevede un numero di strutture che va da un minimo di 21 a un massimo di 1.200 (con un costo che va da 8 a 480 milioni di euro), una forchetta talmente ampia che non che può suscitare dubbi sull’avvio di una vaccinazione di massa che è ormai imminente. Le regioni sono scettiche e si stanno organizzando autonomamente come se le “primule” non esistessero, individuando teatri, palazzetti dello sport, palestre, fiere, strutture sanitarie. Sul lato dell’approvvigionamento dei vaccini, al momento il collo di bottiglia per le vaccinazioni, non c’è alcune responsabilità di Arcuri, visto che gli acquisti sono centralizzati a livello europeo, ma la campagna scatenata dal Commissario contro le “multinazionali”, anche usando mistificazioni e insinuazioni, che è partita strombazzando sui giornali denunce a Pfizer in sedi nazionali e internazionali e si è poi tragicomicamente conclusa con “diffida” non è il modo migliore per gestire i problemi in una fase così delicata.

 

Altri problemi riguardano il Piano strategico per la vaccinazione, che al momento è poco più di un canovaccio. E così ogni regione fa per sé, individuando i propri metodi e criteri operativi. Ciò che in generale manca è un coinvolgimento delle reti professionali che hanno una presenza capillare sul territorio, come i medici di base che sono fondamentali per individuare le persone più fragili e fornire le liste per le priorità. La sensazione, anche tra chi nelle istituzioni è impegnato nella gestione dell’emergenza, è che ci sia improvvisazione. Per ora tutti i problemi vengono scaricati sulla scarsità delle dosi, e quindi su un fattore esterno (le multinazionali), ma il forte dubbio è che finora le cose sono andate bene perché si stavano raccogliendo i low hanging fruit, le vaccinazioni più semplici da fare, quelle per le persone più informate e più facili da contattare e convocare (medici, personale sanitario e Rsa). Il timore è che non ci sia l’organizzazione necessaria quando si passerà a tutta la popolazione, in particolare anziani, disabili e persone non autonome. Nei giorni scorsi, diversi componenti del Comitato tecnico scientifico hanno chiesto un coinvolgimento della Protezione civile, che ha una forte presenza sul territorio e competenze per supportare operazioni del genere.

 

A questo si aggiunge il contesto politico mutato, con diverse forze che chiedono la testa di Arcuri. Mario Draghi di certo non subirà veti e diktat dei partiti, ma il tema delle vaccinazioni e ai rilancio economico sono i punti fondamentali del mandato che gli è stato conferito dal presidente Mattarella. E tenere Arcuri sarebbe un po’ come confermare il Recovery plan di Conte. Serve quindi un segno di discontinuità, ma cosa può esserci al posto di Arcuri? Uno è il “modello Bertolaso”, proposto da Matteo Salvini, che al di là del nome può indica il sistema della Protezione civile. Un altro può essere il coinvolgimento di un professionista della logistica, magari proveniente dal mondo delle forze armate, per depoliticizzare quel ruolo. Sarebbe il modello usato negli Stati Uniti, che hanno affidato la missione a Gustave Perna, il generale responsabile della logistica dell’esercito americano. L’incarico del Commissario termina il 30 aprile, ma con la campagna di vaccinazione già avviata Draghi difficilmente aspetterà quella scadenza. Dovrà decidere prima se confermare Arcuri o ringraziarlo per il prezioso lavoro sinora svolto.

 

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali