
Luca Bergamo, vicesindaco di Roma, con Virginia Raggi (foto LaPresse)
campidoglio in subbuglio
Perché per il vice della Raggi la ricandidatura della Raggi non è una buona notizia
Luca Bergamo sperava nell'alleanza giallorosso per le comunali del 2021. Serviva un candidato civico, però. E ora il Pd lo lusinga
Per ora fa buon viso a cattivo gioco. Con chi lo interpella, è costretto a salvare le apparenze. E però Luca Bergamo, nell'annunciata ricandidatura di Virginia Raggi, non ci vede alcuna buona notizia. E sì che lui, che della sindaca è vice da quattro anni, dovrebbe pur condividerne ambizioni e velleità. Se non che, però, rispetto al grillismo, e al grillismo capitolino in specie, Bergamo è sempre rimasto collaterale, un corpo estraneo finito nell'orbita gravitazionale del M5s per una coincidenza di accidenti un poco irripetibili. La Raggi aveva cercato – per interposto Massimo D'Alema, si vociferò – Tomaso Montanari. Lui rifiutò e allora si ripiegò su Bergamo come assessore alla Cultura. Nonostante le perplessità dei duri e puri a cinque stelle, che guardavano con sospetto a quella vicinanza del prescelto al mondo del centrosinistra romano: stimato da Francesco Rutelli, pupillo dell'allora ministro Giovanna Melandri che nel 2007, governo Prodi, lo volle alla guida dell'Agenzia nazionale per i giovani, Bergamo appariva troppo autonomo.
E ora proprio quella sua sintonia d'intenti e di vedute col centrosinistra lo induce a dubitare della bontà della scelta della Raggi. Perché la ricandidatura della sindaca mette evidentemente a rischio la costruzione di quel progetto di progressiva convergenza tra il M5s e il Pd, quell'alleanza organica giallorossa che nella corsa al Campidoglio avrebbe dovuto sostanziarsi intorno a una candidatura civica: un esponente del mondo dell'impresa, magari, gradito al Nazareno e non incompatibile coi valori del SacroBlog, seguendo insomma lo stesso canovaccio che si va scrivendo a Torino, nell'altra grande città amministrata dal M5s e che nel 2021 andrà al voto.
Così Bergamo si trova invece stretto tra la sua famiglia d'appartenenza e quella con cui ha condiviso i quattro anni al Campidoglio, già intravedendo il rischio incombente di dover prendere, in tempi anche rapidi, una decisione irrevocabile. Perché in fondo sono arrivate anche a lui le voci che risuonano nei corridoi del Nazareno, quell'idea secondo cui proprio su Bergamo il Pd dovrebbe puntare la prossima primavera per provare a scardinare l'unità già traballante del M5s romano. Non come sindaco, certo. "Ma se il nostro candidato sindaco – ragionano nel Pd capitolino – decidesse in anticipo di coinvolgere Bergamo nella sua giunta, a quel punto cosa farebbero gli attivisti di sinistra del M5s?". Pensieri, per ora. Che però rendono comunque tribolato il ferragosto del vicesindaco.


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