Giuseppe Conte (foto LaPresse)

Conte e la fenomenologia delle leadership al tempo delle catastrofi

Carmelo Caruso

Da Berlusconi a Letta passando per Monti. E poi i casi di Macron, Johnson e Trump. Una chiacchierata con Lelio Alfonso

Roma. E’ eccezionale come questa epidemia e dunque anche la comunicazione delle istituzioni non potrà che essere studiata come il virus, un altro degli inediti. “Per questa ragione, prima di qualsiasi giudizio, è necessario tenere a mente questo discrimine e ripetere che sono saltati tutti i canoni”. Da Milano, dove lo raggiungiamo al telefono, Lelio Alfonso, che è certamente il più adatto a commentarla – e non solo perché in passato ha gestito la comunicazione della Presidenza del Consiglio così come di Rcs, consulente per Eni e Rai – dice insomma che lo sport da non praticare è quello che non è ancora stato proibito dal governo: dare pagelle e voti da bordo campo sulla gestione dell’emergenza. “In Italia siamo tutti allenatori di calcio e oggi, con tutto questo tempo a disposizione, rischiamo di trasformarci tutti in docenti”. Alfonso lo è stato e a lungo. Oggi è uno dei partners di Gianluca Comin e si occupa di crisi aziendali, comunicazione strategica e rapporti con i media per importanti società. “Ho vissuto in prima persona momenti non certo analoghi, ma comunque emergenziali e so quanto sia complesso per un premier comunicare in queste circostanze. Nel 2007, quando dirigevo la comunicazione di palazzo Chigi, affrontammo l’emergenza rifiuti in Campania e in altri territori, che non è neppure paragonabile con l’attuale pandemia. E però, anche in quel caso le critiche erano le stesse: la lentezza dell’azione, l’accusa di non avere previsto la crisi”.

 

 

In queste ore si rimproverano a Conte i molteplici decreti d’imperio, gli annunci in notturna, una scarsa attenzione nei confronti del parlamento. “La lezione numero uno rimane quella di Silvio Berlusconi a L’Aquila. Ma voglio ricordare che anche Mario Monti venne stigmatizzato per non essersi recato all’isola del Giglio dopo il naufragio della Costa Concordia. Venne apprezzato invece Enrico Letta per essersi precipitato a Lampedusa in occasione della più grande strage umanitaria di questo tempo. La verità è che ogni premier interpreta la crisi secondo la sua personalità”. Conte la interpreta come “ora più buia”. Non è che gli sta scappando di mano? “In queste ore gli italiani dovevano individuare una voce, pacata e calma. Autorevole. Conte ha mostrato senso di responsabilità anche se a volte il suo è sembrato un one man show e non è detto che questa sia alla lunga la scelta migliore”. Annunciare in anticipo norme che entrano in vigore successivamente non significa provocare ulteriore angoscia? “Abbiamo assistito a una corsa all’annuncio e anche io penso che la camomilla della sera, la comunicazione a tarda ora di misure che entrano in vigore a distanza di giorni, sia errata. Riconosco tuttavia che è difficile strutturare un decreto che incide in maniera così importante sulla vita dei cittadini”.

 

E’ normale condividere le bozze e lasciarle circolare? “Con le bozze accade quello che di solito avviene con gli avvisi di garanzia. Lo trovo grave perché in questo caso una bozza può mutarsi in avviso di pandemia. E’ un argomento che riguarda anche il giornalismo. Capisco che la notizia è sacra, ma non è anticipando di mezz’ora un decreto, non firmato, che si fa un servizio al lettore”. Come hanno gestito la comunicazione gli altri presidenti? “Ogni presidente si è adattato all’identità del suo paese. I francesi hanno bisogno di una figura forte. Macron è stato questo. Peccato che, ventiquattro ore prima, si era lasciato fotografare in compagnia con un bicchiere di vino. Johnson si è rimangiato quanto aveva detto, ma è rimasto coerente con la sua opinabile idea che è quella di creare l’isola. Trump continua con la sua narrazione di comandante del mondo. Vuole mostrare di non avere paura ma di fatto ha lasciato il carico a Cuomo e De Blasio. E poi c’è Bolsonaro…”. Che fino a ieri ha detto: “E’ solo un raffreddore”. Si ritorna a Conte. “Immaginare un ribaltone adesso è fantasia. Il suo discorso alla Camera è stato autentico, responsabile e nella sede propria, dove è giusto che la politica parli”.

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