Beppe Grillo e lo sproloquio dello struzzo

Il contro-discorso di Capodanno del comico che oscurava il Quirinale non c’è più. Come tutto il resto

Maurizio Crippa

Si scava la fossa, o scava una trincea. In fondo è l’unica ambiguità che resta, l’ambiguità che un tempo era tutta dentro alla sua ironia corrosiva e sgangherata (molti non s’accorsero di quanto fosse sgangherata, e lo presero sul serio). Si scava la fossa, o scava una trincea. E’ tutto quel che resta, mentre grida “basta avere paura, sarà un anno meraviglioso, all’insegna dell’ottimismo”, e chissà se parla ai suoi. Nient’altro resta di quello che un tempo, per alcuni anni, era l’atteso e temibile contro-discorso di Capodanno da opporre all’inquilino del Quirinale.

 

Stavolta, il contro-discorso dissacrante è scomparso, e Beppe Grillo sembra inghiottito dalla sabbia che va scavando, nel suo breve video. Esattamente come il Movimento è inghiottito dal suo stesso disastro politico – tra le dimissioni e la fuoriuscita dell’ex ministro Fioramonti e lo scandalo dei rimborsi che monta come un temporale. Rimane poco o niente da dire, al Guru fondatore. Qualcuno ha parlato di cambio di stile, di salto della comunicazione. Ma è molto di più, e insieme molto di meno, di un format adattato ai nuovi bisogni.

 

E’ un fatto politico. Il 31 dicembre, anziché l’ormai tradizionale contro-discorso in diretta mentre a reti unificate parla il presidente della Repubblica, Grillo ha postato su Facebook un video registrato in cui parla – e verrebbe a dire del più e del meno – mentre scava e scava nella sabbia. Se è una mossa di comunicazione, è la mossa dello struzzo. Nel 2015, un’eternità politica fa, il suo contro-discorso di Capodanno aveva la forza di oscurare, nel rimbalzo dell’opinione mediatica, quello vero nell’ordalia della cancellazione della politica che sembrava prendersi tutto. Grillo usava il suo machete: “Abbiamo un presidente della Repubblica che è l’ologramma di un ologramma, unico caso al mondo”. “Non esiste questo paese, come non esistono il Parlamento e il governo. Vi siete resi conto in che paese viviamo? Abbiamo deputati che non esistono, proiezione di qualcosa di morboso”.

 

Poi è accaduta una cosa molto semplice: che i grillini sono andati al governo, non più di qualche città ma del paese. E il crollo di credibilità, i pasticci farlocchi, le bocciature elettorali sono state così rapide da aver svuotato di prospettiva la retorica di Grillo.

 

Già nel 2017, più pacato, diceva ai suoi (e non più al popolo), per rassicurarli: “Guardate noi affrontiamo questo 2018 con un po’ più di allegria, di serenità, un po’ più di respiro. Abbiamo fatto una nuova associazione perché quella che avevamo era un po’ confusa. Stiamo diventando adulti. Dovete anche avere pazienza. Stiamo diventando adulti”. Ma nel 2018, un altro messaggio registrato, il tono era già completamente cambiato, via dalla pazza politica e da un partito che non divertiva più lui, e figurarsi gli italiani. Via dal vaffa facile che seppelliva il nemico in una risata grassa, pavloviana. Un anno fa, Beppe Grillo era un riquadro di pixel incistato su un corpo maschile e palestrato – non il suo, a significare chissà quale trasformazione. Lo sproloquio di un imbonitore che assembla le proprie visioni e i propri incubi: “Sono ormai a un livello così altro… non sono più nemmeno l’Elevato… Ormai non so più neanche che anno è, io ragiono per secoli”. E via crescendo: “Sono dentro questa singolarità che mi permette di non soffrire… sono dentro i ricorsi”. Poteva sembrare la favola raccontata da un ex visionario in un momento di ubriachezza. Era una cosa molto più semplice: non c’era più nulla da dire, da difendere, né rivoluzioni da guidare con l’apriscatole. La stagione all’infermo dei Cinque stelle era già iniziata, un anno fa, sotto gli occhi di tutti. Non resta che la fossa, o la trincea. E non fa più nemmeno ridere.

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  • Maurizio Crippa
  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"