foto LaPresse

Perché la crisi del governo certifica il fallimento di due chiari modelli di populismo

Claudio Cerasa

L’esecutivo gialloverde non passerà alla storia per la litigiosità ma per la capacità di trovare pericolosi punti di contatto. Senza cambiare la propria natura, i populisti saranno sempre respinti dalla realtà. Spunti di utile ottimismo

La velocità con cui la politica italiana si è ritrovata nel giro di poche ore a dover fare i conti con un governo passato in meno di una settimana dal votare prima la fiducia al suo presidente del Consiglio e poi a chiedere improvvisamente la sua sfiducia rischia di farci concentrare molto sui dettagli del governo uscente e poco sulla ciccia. I dettagli relativi al governo uscente, ve ne sarete accorti, tendono a suggerirci che la coppia Salvini-Di Maio passerà alla storia per essere stata una delle più litigiose dell’epoca repubblicana e ovviamente, anche a giudicare dai cazzotti che si sono mollati negli ultimi mesi il Truce e Mr Ping, c’è del vero in questa affermazione. Concentrarsi però solo sulle divisioni, e sui cazzotti, è un modo un po’ malandrino per mettere a fuoco cosa ha significato per l’Italia avere a che fare per quattordici mesi con il suo primo governo populista. E se si mettono da parte le divisioni si capirà con facilità che il vero tratto distintivo dell’esecutivo del cambiamento non è stata la sua chiassosa diversità ma è stata la sua mostruosa compatibilità, a causa della quale l’Italia oggi si trova in una condizione economica peggiore rispetto a un anno e mezzo fa. Non si tratta di ragionare sull’apocalisse, che per fortuna non c’è, e non si tratta di ragionare sull’allarmismo, che come sapete non ci appassiona. 

 

Si tratta però di evidenziare, con onestà-tà-tà, che la ragione per cui il governo Salvini e Di Maio passerà alla storia è legata ai disastri combinati insieme in poco più di un anno. Gli scendiletto, più o meno involontari, del populismo continueranno per settimane a dire che il governo è caduto a causa delle differenze tra Lega e Movimento 5 stelle ma la verità è che il governo è caduto a causa di un virus iniettato tanto da Matteo Salvini quanto da Luigi Di Maio. Un virus che in nome della dottrina anti sistema, grazie alla quale anche la non-competenza diventa un modo come un altro per reagire alla casta della competenza, ha permesso all’Italia di diventare un paese meno credibile, meno affidabile, meno attrattivo, più isolato, più fragile, più vulnerabile. E il processo innescato dal populismo non è dipeso da uno dei due contraenti del contratto di governo ma è dipeso da entrambi.

 

E’ stato Salvini, insieme con Di Maio, a votare sì alla riforma che ha abolito la prescrizione dal primo gennaio del 2020. E’ stato Salvini, insieme con Di Maio, ad aver scelto di far aumentare la pressione fiscale per coprire le proprie scellerate misure assistenzialiste. E’ stato Salvini, insieme con Di Maio, a isolare progressivamente l’Italia, il primo alleandosi con i peggiori teorici della democrazia illiberale d’Europa, e non solo Orbán, il secondo flirtando con i peggiori sfascisti d’Europa, e prima di Ursula Von der Leyen ci furono i gilet gialli. E’ stato Salvini, insieme con Di Maio, a considerare per molto tempo l’aumento del debito pubblico come un problema secondario ed è stato Salvini, insieme con Di Maio, a mettere mano, seppure in modo soft, alla legge Fornero, offrendo ogni giorno l’impressione di voler scassare, in futuro, il sistema pensionistico del nostro paese. E’ stato Salvini, insieme con Di Maio, ad aver promosso, ogni volta che ce n’è stata occasione, una politica ultra statalista per risolvere crisi che si sarebbero potute risolvere semplicemente affidandosi al mercato, per esempio Alitalia. E’ stato Salvini, insieme con Di Maio, ad aver allontanato l’Italia dai suoi tradizionali partner europei. E’ stato Salvini, insieme con Di Maio, ad aver portato avanti in Europa una battaglia contro la difesa del copyright. E’ stato Salvini, insieme con Di Maio, a rompere l’unità dell’Europa nei rapporti con la Cina portando l’Italia a diventare l’unico paese del G7 ad aver firmato un memorandum con Pechino. E’ stato Salvini, insieme con Di Maio, ad aver scelto in Europa di votare sistematicamente contro tutte le mozioni finalizzate a chiedere maggiore attenzione alle autorità competenti dei paesi membri relativamente al “possibile riciclaggio di miliardi di euro all’anno attraverso l’Unione europea da parte di società e individui russi, nel tentativo di legalizzare i proventi della corruzione”. E’ stato Salvini, insieme con Di Maio, ad aver combattuto in Europa per non modificare il trattato di Dublino, perché i partiti che si fondano sulla paura hanno pur sempre bisogno di non risolvere fino in fondo i problemi per alimentare la paura. La crisi politica che stiamo vivendo in questi giorni non è la semplice crisi di un modello di governo ma è la crisi profonda e irreversibile di un governo bipopulista che ha mostrato di essere incompatibile con la realtà. Non sappiamo come andrà a finire con la crisi di governo, non sappiamo se si riuscirà a votare presto, non sappiamo se il Pd cederà alla tentazione di trasformare l’esecutivo balneare che potrebbe nascere all’indomani del voto di sfiducia a Conte in un esecutivo invernale, sappiamo però che l’anno di governo populista ci ha dimostrato che il populismo in Italia non può funzionare e che anche i più pericolosi estremisti se vogliono tentare di governare la settima economia più importante del pianeta, e la terza d’Europa, devono trovare un qualche alleato che gli permetta di non realizzare le proprie promesse. Il populismo, per governare, ha bisogno di una scusa per smentire se stesso e se non sceglie di introdurre nel suo Dna il gene della moderazione non può che fare la fine di questo governo: schiantarsi contro la realtà.

  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.