Il sottosegretario Raffaele Volpi (foto LaPresse)

“Bruxelles non spinga l'Italia sulla via della Brexit”. Parla Volpi

Valerio Valentini

“L’elezione di Sassoli non è uno sgarbo alla Lega, ma all’Italia. E’ folle marginalizzare un paese”, dice il sottosegretario alla Difesa

Roma. Mentre si accende l’ennesima sigaretta, dopo aver chiesto un’altra lattina di Coca-Cola, Raffaele Volpi quasi sbuffa la sua insofferenza, in una domanda a metà tra il meravigliato e il provocatorio. “Ma davvero non gli è bastata la lezione della Brexit? Davvero questi signori che comandano a Bruxelles vogliono spingerci nella stessa posizione della Gran Bretagna?”. Al che viene inevitabile rispondergli, con la stessa franchezza: ma davvero pensavate di dichiarare guerra all’Europa, finire sconfitti ed evitare la marginalizzazione? E qui il sottosegretario agli Esteri, vecchia scuola democristiana prima di diventare uno degli uomini forti della Lega, ha come un sobbalzo, dietro alla sua scrivania ingombra di carte, al piano nobile del Palazzo della Marina. “Noi, innanzitutto, non abbiamo affatto lanciato una guerra all’Europa. Anche perché questo presupporrebbe che l’Europa fosse una entità terza, estranea, e noi invece, checché se ne dica, ci sentiamo assolutamente parte in causa, e a pieno titolo. Noi abbiamo semmai detto di voler cambiare certe logiche politiche che vigono a Bruxelles, abbiamo messo in discussione un asse franco-tedesco che ha ormai egemonizzato la politica europea, lasciando ai margini tutti gli altri paesi, e che esercita questo suo ruolo autoritario in maniera perfino palese, come dimostra l’accordo di Aquisgrana”.

 

Volevate piegare l’asse tra Parigi e Berlino, e invece siete finiti ai margini, esclusi da cariche e tavoli che contano, in virtù di quel “cordone sanitario” che pensavate di potere aggirare, o rompere. “A me sembra che a Bruxelles non abbiano capito. Non fai un dispetto alla Lega se prendi il pur stimabilissimo David Sassoli, un esponente di un partito che in Italia è all’opposizione e ha perso le elezioni del 26 maggio, e lo eleggi presidente del Parlamento europeo. Fai uno sgarbo all’Italia. Ed è un errore strategico clamoroso. Se qualcuno ritiene che l’Italia possa essere marginalizzata o umiliata con giochetti politici di basso livello, allora vuol dire che questo qualcuno ritiene che non sia importante mantenere l’Italia all’interno dell’Unione europea”. Lo scenario della Brexit, appunto. “Esatto, spero che a Bruxelles se ne rendano conto”. E però, viste le convulsioni britanniche da tre anni a questa parte, la domanda potrebbe essere ribaltata: siete davvero convinti che convenga trascinare l’Italia in uno scenario simile? “Rispondo con una domanda”, premette Volpi. “Ma è davvero ammissibile – dice – che l’Italia resti sotto il ricatto di queste compagnie di giro che sono ormai le famiglie politiche europee? Davvero se il terzo paese dell’Unione, un paese fondatore, non vota come qualcuno a Parigi o a Berlino auspica, può essere penalizzata? Possibile che la loro analisi del voto si risolva nel dire che la gente ha sbagliato a votare? Vadano pure avanti così, si facciano pure il loro governo, magari con un bel partito unico tra socialisti e popolari, che ormai del resto non hanno più nulla, o quasi, dei valori e delle identità che li hanno contraddistinti per decenni. Condannare i populisti, i sovranisti, è fin troppo facile ma, citando Pier Luigi Bersani, dico che a Bruxelles non si sono accorti che in Europa c’è una mucca nel corridoio”.

 

Ma siete voi, la mucca nel corridoio. O quantomeno siete voi, la Lega e i vostri alleati, che quella mucca la alimentate e la aizzate, per poi proporvi come gli unici in grado di domarla. Siete i migliori amici della Le Pen. “Che ha vinto le ultime europee in Francia. E allora come la mettiamo? Nella stessa Germania, nei Länder più in difficoltà, mi risulta che montino pulsioni radicali, nostalgie inquietanti. O l’Ue ritrova una sua anima, un suo comune sentire, che non può essere solo quello delle regole e dei vincoli, o è un problema per tutti”. 

 

Ma al di là dell’anima, c’è la politica. E la Lega sta dimostrando di non riuscire a farla, a livello europeo. I vostri presunti amici Orbán e Seehofer vi hanno usato e poi voltato le spalle, gli austriaci sono ormai i più rigoristi sui conti pubblici italiani. Volevate stravolgere gli equilibri continentali e, semplicemente, non ci siete riusciti. Ora mettete in discussione anche il voto a Ursula von der Leyen come presidente della Commissione? “Non lo so ancora come voteremo, credo che una riflessione vada sicuramente fatta, non si può decidere a cuor leggero. Ma il problema non è la singola persona. E’ la prospettiva europea che quella persona incarna. E qui il rischio non è solo di ignorare le istanze italiane, ma di rendere marginale la stessa Europa nello scacchiere globale. L’Ue non ha alcuna politica estera comune, Federica Mogherini in cinque anni non ha combinato un bel nulla. E stiamo rischiando di trasformarci in un grande mercato per i cinesi”. Detto da un uomo di governo dell’unico grande paese occidentale che ha firmato il memorandum della Via della seta, fa un certo effetto. “Io sono stato, sempre, assolutamente contrario alla firma di quel trattato, anche perché gli accordi di scambi commerciali si possono fare anche senza ratificare degli accordi politici più ampi. Ciò chiarito, non credo che siano in tanti, in Europa, a poterci dare lezioni. Anzi, credo che mettere fuori gioco l’Italia significa anche privare l’Europa del paese più filoatlantico. Se questi governanti francesi o tedeschi si ritengono degli statisti, si preoccupino di rinsaldare l’alleanza con Washington. Sempre che non siano sotto ricatto per il gas che arriva dalla Russia”.

 

A dire il vero, i sospetti sui rapporti con Mosca ricadono tutti sulla Lega. “Ho intravisto appena questa vicenda rivelata da BuzzFeed” dice Volpi, mentre in effetti le notizie sugli audio registrati nell’hotel Metropol si vanno ancora rincorrendo in maniera disordinata. “Non posso commentare. Posso però dire che l’ancoraggio all’atlantismo non preclude il multilateralismo. Una strategia che, per un paese di frontiera come l’Italia, è indispensabile”.

 

Ma è davvero il governo giusto, questo, per affrontare sfide così ambiziose, per provare a cambiare gli equilibri in Europa? “Io so che è il paese a essere pronto: un paese che sta riscoprendo un suo orgoglio nazionale, un paese che è stato a lungo narcotizzato e ora è consapevole del fatto che o si accetta di combattere, o davvero bisogna rassegnarsi alla marginalità”. Insisto, c’è un governo che litiga su tutto. Il suo ministro, Elisabetta Trenta, è in polemica ormai permanente col titolare dell’Interno, Matteo Salvini. “Quando i ministri si parlano, noi umili sottosegretari facciamo un passo indietro”. Ma in questo ministero che clima c’è? Trapelano talvolta voci inquietanti, di fibrillazioni permanenti, perfino di un certo tintinnar di sciabole. Che rapporti ci sono fra lei e la Trenta? “Non devo rispondere io. E’ il ministro che ha la responsabilità di tenere i rapporti coi sottosegretari, e anche di gestire il ministero. Ognuno risponde delle proprie responsabilità e delle proprie scelte, e devono valutare i vari ministri se sono in grado di saperle gestire”.