Dario Nardella festeggia i risultati delle amministrative. Foto Imagoeconomica

Il modello Firenze, o il granducato di “Lega free” Nardella II

Maurizio Crippa

Non soltanto una “linea del Piave”, come ha detto il sindaco. E’ la continuità di una storia positiva attraverso il Pd

Con questa fanno due volte e un pezzetto, da quando subentrò in quanto vice a Matteo Renzi che lasciava Palazzo Vecchio alla conquista di Roma. E prima c’era stato appunto Matteo, dal 2009, e prima c’erano stati i dieci anni di Leonardo Domenici, e prima e prima… Per ritrovare un sindaco democristiano bisogna tornare a metà dei Settanta, ma per ritrovare uno dei santi protettori della città bisogna tornare indietro a La Pira, che era della Democrazia cristiana ma era soprattutto il sindaco santo subito, santo patrono in particolare di Matteo Renzi. Questo ricordato non per sminuire la riconferma al primo turno, con oltre il 55 per cento dei consensi, di Dario Nardella. Ma per sottolineare che dietro c’è una storia politica che chiamare continuità è riduttivo, ed è meglio verificare se sia un “modello Firenze”, come ha detto il confermatissimo sindaco. Sull’onda dell’entusiasmo e del patriottismo, Nardella ha dichiarato che Firenze è la “linea del Piave, da qui la Lega non passa”. E di certo il suo è stato un successo, in una Toscana ex rossa che ha vissuto il trauma di Pisa divenuta leghista e di Siena pure perduta. Ma quello di Nardella è un “risultato storico” perché è un risultato storicizzabile, non frutto del caso.

   

Il caso Firenze è qualcosa di più di una “linea del Piave”, di uno spavento passato. Perché Nardella, alla prima elezione, era stato dipinto dagli avversari come niente più che il secondo tempo di Renzi, ma ora ha dimostrato di essere l’esponente di una lunga storia politica, il che è cosa diversa. Dei suoi 44 anni, ne ha già trascorsi quindici in Consiglio comunale, e dieci nella stanza dei bottoni. Quando dice che il “modello Firenze” è aver lavorato “con umiltà, credibilità e dedizione” dice il vero. La tenuta del Pd, con un simile consenso, parla di un sistema di equilibri stabile, nel contesto di una città fortemente identitaria e con variabili sociali meno ballerine che in metropoli di grandi dimensioni. Ci fu La Pira, sì, ma c’è stata una lunga storia del partito della sinistra. Dietro a quel “modello” che ha tenuto in un momento in cui la Toscana è percorsa dai barbari c’è però innanzitutto un tipo particolare di sinistra. Quella che con Renzi aveva scosso un contesto sonnacchioso facendo – per fare un esempio – delle grandi opere pubbliche e degli interventi di viabilità, così doppiamente delicati in un contesto urbanistico prezioso, il volano di un rilancio non soltanto economico. Non è un caso che l’opposizione più aggressiva a Renzi prima e a Nardella anche in questa campagna elettorale sia venuta dalla sinistra-sinistra, quella da sempre contro il tunnel cittadino della Tav, più di recente contro l’ampliamento dell’aeroporto, e ideologicamente contraria alle dismissioni di edifici pubblici, o la loro cambio d’uso, che in questi anni stanno ridisegnando il sistema dell’ospitalità turistica. Poi quel modello politico è trasmigrato a Roma, è divenuto il Giglio magico, si sa come è andata. Ma Nardella è rimasto a Firenze, ha attuato la continuità di un modello amministrativo. E’ per questo che vincono i sindaci di sinistra? Anche sì. Ed è sufficiente questo per dire che il “modello Firenze” è un modello per tutto il Pd? Il modello Nardella è come un chianti in purezza, ha una ininterrotta spirale di Dna alle spalle, ma vista oggi il prodotto dell’evoluzione è il Pd nel suo concetto migliore: il riformismo, il sistema aperto, con poca paura del cambiamento. Nardella è stato ovviamente abile a diluire il profumo di giglio (magico) che girava intorno, a portare a suo sostegno parti della sinistra e della città che avrebbero potuto non esserlo. Ma questo è avvenuto senza traumi, come in una vigna ben coltivata. In questo, per il Pd, il “modello Firenze” è forse anche più indicativo di un percorso che nemmeno il celebrato “modello Milano”.

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  • Maurizio Crippa
  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"