Fabrizio Salini, Marcello Foa, Alberto Barachini durante una riunione della commissione di Vigilanza della Rai (foto LaPresse)

Lega e M5s fanno baruffa intorno alla Rai, ma poi si spartiscono tutto

Valerio Valentini

Oggi il cda di lotta e di governo e poi la Vigilanza. Botte da orbi tra gli alleati di governo. Ma è una recita senza conseguenze

Roma. Se le parole più o meno strillate avessero ancora una parvenza di senso, le cose stamattina dovrebbero andare più o meno così: il cda della Rai prenderebbe atto che una maggioranza non c’è più, dal momento che i vari consiglieri si smentiscono e s’insultano a vicenda; e un paio d’ore dopo, la commissione di Vigilanza sancirebbe lo sfarinamento della coalizione gialloverde e porterebbe alla sfiducia della dirigenza di Viale Mazzini. Sennonché le parole hanno perso la loro gravità, svolazzano incontrollate, senza mai toccare il suolo, in questa gazzarra pre-elettorale tra Lega e M5s. E infatti Massimiliano Capitanio, il braccio destro di Matteo Salvini nella commissione che oggi pomeriggio si riunisce a San Macuto per discutere del futuro del presidente Marcello Foa, entrando a Montecitorio, con l’aria di chi già si aspetta la domanda che gli verrà posta, mette subito le mani avanti: “E’ tutta una sceneggiata”. Ce l’ha coi grillini, suoi compagni di governo, che hanno annunciato di votare, insieme al Pd, una risoluzione contro il doppio incarico conferito a Foa, presidente sia della Rai sia della sua società di distribuzione all’estero, RaiCom. “La situazione è imprevedibile perché chi dovrebbe essere alleato – dice Federico Mollicone, di Fratelli d’Italia, con mirabile sintesi – si fa la guerra, e chi dovrebbe stare all’opposizione offre una sponda a chi sta in maggioranza”. 

 

 

Succede infatti che per l’intera giornata, alla vigilia di una resa dei conti che in verità non ci sarà, i leghisti provino a trovare nei colleghi di Forza Italia quelle rassicurazioni che logica vorrebbe andassero ricercate negli amici del M5s. “Non fate mica scherzi, su Foa?”, domandano quelli del Carroccio ai parlamentari azzurri. I quali tra loro discutono sul da farsi – lo faranno fino a tarda sera, in una riunione interna convocata all’ora di cena – e alla fine si rassegnano a sposare la linea della non belligeranza, una volta di più. Ma al contempo riemergono i malumori, si rievocano vecchie promesse mai mantenute (“Noi gli abbiamo votato Foa, a Salvini. E lui cosa ci ha dato, in cambio?”), si rinfacciano a quelli del Carroccio certe sceneggiate, la corsa di Salvini all’alba del primo agosto scorso, dal bagnasciuga di Milano Marittima fino alla stanza d’ospedale del San Raffaele dove era ricoverato Silvio Berlusconi per strappargli il sì a Foa. “E ora perché non lo chiedono ai loro cari grillini, un aiuto?”.

 

Lo fanno, in realtà. Ma per tutta la giornata i leghisti restano in attesa di una parola di chiarezza da parte del M5s. Invano. Tutto insomma sembra terribilmente grave. “Il doppio incarico di Foa è in contrasto con l’articolo 22 dello statuto della Rai”, sentenzia, sulle prime, il grillino Primo Di Nicola, col tono di chi pare ostentare risolutezza. E invece non è proprio così, perché tutto sembra terribilmente grave ma poi tutto si rivela un po’ farsesco. E infatti subito Di Nicola, vicepresidente della Vigilanza, si premura di precisare che “però domani dovremo richiedere, e poi valutare, tutta la documentazione necessaria per approfondire la questione, anche nei suoi risvolti penali”. E insomma, si finirà col rinviare. “Che significa rinviare di sicuro a dopo le europee, e forse di parecchi mesi, visto che poi partirà la lunga trafila delle audizioni”, dice Michele Anzaldi, del Pd. Ma del resto, per i grillini sarebbe non poco imbarazzante chiedere, come pure pretende Di Nicola, “un passo indietro di Foa”. “Diciamo che se si mette in discussione la nomina di Foa a RaiCom – spiega infatti Capitanio – poi si dovrebbe mettere in discussione tutte le altre, comprese quelle del cda. E compresa quella dell’ad Salini, voluto dal M5s, che ha proposto e favorito la decisione che lo stesso M5s ritiene ora di contestare”. Paradosso che Di Nicola prova a scansare: “Questo lascio dirlo a voi cronisti. Di certo, se il doppio incarico di Foa si rivelerà illegittimo, ognuno si prenderà le sue responsabilità, sia all’interno del cda sia, eventualmente, nelle corti dei tribunali”.

 

Frase tra l’allusivo e il doroteo, che testimonia di come lo stesso M5s abbia perso non poco della sua fiducia nei confronti di Salini. E non a caso anche chi, nel Movimento, lo aveva sponsorizzato, ora viene ritenuto responsabile dell’immobilismo della Rai: e infatti a Gianluigi Paragone, che all’epoca tesseva le lodi del Salini che era “direttore de La7 quando su quel canale davo vita a un programma assolutamente controcorrente qual era ‘La Gabbia’”, ora Luigi Di Maio ha chiesto d’occuparsi d’altro.

 

Dovrebbe invece occuparsi delle nomine dei nuovi vicedirettori di Rai1 il cda di stamattina, a cui si arriva dopo giornate di vicendevoli scambi di accuse tra i vari consiglieri: il filoleghista Igor De Biaso contro Salini, il delegato dei dipendenti Rai Riccardo Laganà e Rita Borioni, in quota Pd, contro De Biasio, il meloniano Giampaolo Rossi contro l’antifascismo e tutti contro Giampaolo Rossi. Finirà, pare, con un rinvio, anche qui. “Che poi a bene vedere – chiosa Giorgio Mulè, di FI – è la soluzione più giusta per questa Rai che doveva essere del cambiamento, e che invece è della restaurazione”.