Elisabetta Gualmini (foto LaPresse)

L'identità del Pd, secondo Elisabetta Gualmini

David Allegranti

“Con Zingaretti troppo di sinistra? Ma no, io ci vedo un umanesimo liberale”

Roma. Elisabetta Gualmini, vicepresidente della Regione Emilia Romagna e candidata alle Europee con il Pd nella circoscrizione Nordest, al secondo posto dietro Carlo Calenda, pensa che ci siano due allarmi fortemente esagerati. Il primo riguarda la spallata sovranista, il secondo lo spostamento a sinistra del Pd. Sul secondo punto, peraltro, pare concordare con lo stesso Calenda, che ieri al Tempio di Adriano insieme agli altri candidati capolista alle elezioni ha spiegato perché il Pd non è schiacciato sulla sinistra. “Con Nicola – ha detto l’ex ministro dello Sviluppo economico, presentato da Nicola Zingaretti – ho storia, cultura e carattere diversi, ma sono con lui fino alla fine in questa battaglia. Quando mi dicono ‘ma guarda che Zingaretti è comunista’, io rispondo ‘Ma che cacchio dici, guardate le cose che proponiamo’”.

 

 

Ma andiamo con ordine e partiamo, con Gualmini, un tempo sostenitrice di Renzi, dall’assalto di Salvini & co. “Non ci sarà – dice al Foglio la politologa-candidata – quel boom straordinario dei partiti sovranisti o di estrema destra; certamente quell’area si ingrosserà, anche grazie alla Lega che andrà meglio delle ultime elezioni, però il Parlamento europeo non sarà stravolto”. Tra l’altro, osserva Gualmini, bisognerà capire che cosa farà il Ppe, che ha appena sospeso il partito di Vitkor Orbán, Fidesz. “Ingloberà qualche ala estrema, cooptandola, oppure lascerà campo libero agli estremisti?”. Oltretutto l’internazionale sovranista è divisa fra rigoristi e no. Come noto, “i sovranisti non sono cooperativi”, basta vedere come si sono mossi sull’immigrazione: “Salvini per esempio non ha votato per la revisione del trattato di Dublino”. Alla faccia di tante chiacchiere sulla presunta emergenza migratoria.

 

 

E il Pd come sta? “Penso che ci sia una prateria davanti da occupare ed esplorare. Veniamo da una stagione di smarrimento e di fragilità, il congresso del Pd andava fatto subito, invece è passato un anno”. Le prime mosse di Zingaretti però sono positive, dice Gualmini. “Il segretario ha puntato su una lista unitaria, inclusiva, con profili di grande competenza e qualità. Lo spazio c’è, io me ne accorgo tutti i giorni facendo campagna elettorale nel Nordest e parlando con imprenditori arrabbiati in particolare con la Lega. Non dimentichiamo poi i sondaggi, secondo cui oltre il 66 per cento degli italiani è fortemente europeista. C’è insomma voglia di sviluppo e crescita, il Pd vada avanti con coraggio e difenda il progetto culturale e ideale di un’Europa unita, che non si occupi tanto del diametro delle banane o dei cetrioli ma anche della dimensione sociale”.

 

 

L’altro allarme fortemente esagerato, si diceva, riguarda l’eccessivo allargamento del Pd a sinistra. “Io sono capolista donna insieme a Carlo Calenda, stiamo girando il Nordest dove parliamo di crescita, sviluppo e riforme. Ci vedo parecchio umanesimo liberale e mi pare che le liste siano ben bilanciate, si va da Calenda a Pisapia. La scommessa di Zingaretti è quella di essere più inclusivo recuperando qualche strappo rispetto al passato. Certo, non deve essere il ritorno dei reduci e della nostalgia per una sinistra massimalista e settaria. Servono forze nuove, facce nuove e persone che possano dare un contributo grande e plurale. Mi sembra che l’idea di aprire porte e finestre non faccia male”. Insomma, dice Gualmini, con un po’ di gradualità il Pd può riconquistare una sua identità vertendo su una “proposta progressista, che tenga in equilibrio crescita, sviluppo, lavoro e compensazione sociale”. E’ giusto “rivendicare le riforme fatte dai governi Renzi-Gentiloni, di cui ho un giudizio positivo, soprattutto di quello Renzi”, però l’eccesso di ottimismo razionale non ha fatto bene al Pd e “io l’ho detto subito dopo il 4 marzo. Sulla redistribuzione e sulla compensazione sociale abbiamo fatto degli errori, non siamo riusciti a comunicare bene quello che abbiamo fatto”. E quindi, dice Gualmini, ha vinto la “richiesta urlata di protezione sociale. Certamente la visione ottimistica del pil, della globalizzazione e delle riforme non giova quando ha intere classi sociali che vivono nel disagio. Certo, è nulla rispetto a quel che si vede con questo governo: noi saremo stati pure troppo ottimisti, ma oggi tra chi parla di boom economico e di anno bellissimo direi che siamo alla follia”.

  • David Allegranti
  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.