Il Ppe smentisce qualsiasi dialogo con il M5s dopo le Europee

Secondo la Stampa, Di Maio non escluderebbe intese con i popolari. Per centristi il vicepremier “può dire quello che vuole ma non abbiamo avuto contatti con lui e non lo faremo”

Mentre Matteo Salvini si prepara all'incontro di oggi a Milano tra i nazionalisti europei, la Stampa riferisce che il Movimento 5 stelle vorrebbe aprire un canale di dialogo con il Ppe: secondo il quotidiano di Torino Di Maio “non esclude intese con i popolari in Europa dopo il voto” di maggio. E questo perché il nuovo gruppo che unirebbe i movimenti sovranisti sotto il vessillo di una riforma dell'Unione sulla base della democrazia diretta, potrebbe non avere i numeri nemmeno per formarsi, secondo l'ultima proiezione ufficiale di Strasburgo. Inoltre, all'alleanza tra M5s, Zivi Zid, Kukiz15, Liike Nyt e Akkel mancano ancora due partiti per formare un gruppo all’interno del Parlamento europeo. E proprio per questo motivo il riposizionamento, come scrive Ilario Lombardo, è obbligato. Serve a evitare il rischio di restare tagliati fuori a Bruxelles visto che con l'ipotesi Brexit e il possibile addio dell'alleato di maggior spessore, l'Ukip di Nigel Farage, l'attuale contenitore politico dei grillini (l'Efdd) resta in piedi solo grazie alla destra tedesca dell'Afd. Che però oggi discuterà a Milano la possibilità di stringere un'alleanza con la Lega di Salvini.

 

Ecco allora la nuova strategia: “Equidistanza da destra e da sinistra” e tentativi di affiancarsi al Ppe, come se “i cannoneggiamenti quotidiani contro Bruxelles, non ci fossero mai stati”, scrive Lombardo.

 

È però lo stesso Ppe a chiudere a qualsiasi dialogo con il M5s dopo le elezioni Europee. O almeno è quello che fanno sapere fonti popolari europee all'Agi: “Il signor Di Maio può dire quello che vuole ma il Ppe non ha avuto contatti con lui e non lo farà”. Fu proprio Manfred Weber, l'attuale capogruppo del Ppe all'Europarlamento, “a denunciare nel gennaio 2017 l'accordo sotto banco tra Di Maio e Guy Verhofstadt” per l'adesione dei Cinque stelle all'Alde “che ha quasi fatto esplodere questo gruppo e che, alla fine, ha cambiato le sorti dell'elezione alla presidenza del Parlamento europeo a favore di Antonio Tajani anziché di Gianni Pittella”.

  

Quella con i liberali non è l'unica avance che il partito di Di Maio ha tentato verso forze apparentemente lontane dalla storia del Movimento all'interno dell'Aula di Strasburgo. Come aveva anticipato il Foglio a fine marzo 2018 (e come era stato poi confermato in una nota ufficiale della delegazione del M5s a Bruxelles), mentre Lega e M5s si preparavano al primo giro di consultazioni per la formazione del governo, Di Maio pensava a un possibile asse con Macron. I tempi sono cambiati in fretta e al presidente francese i grillini hanno preferito i flirt con i gilet gialli.