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“No al Pds. E subito pronti alle elezioni”, ci dice Andrea Marcucci

David Allegranti

Il capogruppo dem al Senato spiega perché anche nel nuovo Pd il renzismo non può essere archiviato

Roma. “Pronti alle elezioni”, dice al Foglio il capogruppo del Pd al Senato Andrea Marcucci. Quasi un ammonimento a non farsi venire strane idee di pura tattica parlamentare, adesso che c’è un nuovo segretario del Pd. “Noi siamo lontani anni luce sia dal M5s sia dalla Lega. Dopo aver fatto una dura opposizione adesso dobbiamo prepararci a essere anche un’alternativa al governo”. Insomma, estote parati, perché dopo le Europee potrebbero esserci delle novità, dice Marcucci. “Le elezioni europee sono prossime e questo congresso così partecipato è un buon viatico per liste qualificate che saranno un misto di continuità e novità. Per novità intendo un’apertura al mondo civico, come c’è stato in passato, ma anche persone nuove rispetto a chi c’è oggi. Alle Europee, peraltro, c’è un sistema elettorale che ci permetterà di fare la nostra corsa valorizzando i nostri candidati, visto che ci sono le preferenze”.

 

Dopo le Europee, dunque, si vedrà: “Sono convinto che la partita per riportare in Italia il bipolarismo tradizionale è aperta. Dopo il voto di maggio si dovrà pensare seriamente a nuove elezioni, perché perché lasciare il paese in mano a questi superficiali, arroganti e pericolosi governanti di Lega e Cinque stelle, che non hanno il senso della realtà, è veramente un rischio che la comunità nazionale non può più correre. Io non mi auguro che questa legislatura arrivi alla fine”. Naturalmente, dice Marcucci, “la palla di vetro non ce l’ho, però il Pd di Zingaretti dopo le Europee deve pensare a come preparare un’alternativa a questo governo da proporre agli italiani”.

 

Marcucci spera che il Pd non rinunci adesso al suo riformismo, quello che – dice il capogruppo al Senato – il partito guidato da Renzi aveva messo in campo. “Ma a dire il vero non ho la percezione che Zingaretti voglia fare la riedizione del Pds. Se così fosse sarebbe un errore perché non credo lo voglia e neanche lo temo. Oltretutto non penso che sia interesse del Pd farlo”. Alcune cose naturalmente andranno riviste. “Sono un parlamentare datato, diciamo così, e sono affezionato a un certo modello di partito. Però questo modello va rivisto, semplificato nei meccanismi. Questo strumento è ancora attuale, come dimostra la partecipazione alle primarie. Però vanno semplificati alcuni meccanismi barocchi, complicati, come il doppio turno alle primarie, i due euro da pagare, le primarie per i circoli, quelle per la segreteria regionale. Forse c’è stato un abuso, un’eccessiva burocratizzazione in alcuni passaggi. Io comunque sono ancora orgoglioso di un partito che prende le sue scelte dal basso, che discute nei territori, nei circoli. Altri partiti non fanno così”. Quali? “Cinque stelle, Lega o Forza Italia presentano invece aspetti pericolosi per la democrazia. Semplicemente, non sono democratici. Non sono comprensibili, non sono partecipativi. Sono oscuri nei meccanismi decisionali. Basta vedere in che modo il M5s ha deciso di salvare Salvini. E’ rimasto oscuro il modo con cui la Lega ha posto nei gazebo la questione del contratto di governo. Noi invece siamo all’antica, siamo trasparenti, da noi decidono gli elettori. Da altre parti invece, tipo la Lega, vedo il modo in cui si comporta il gruppo parlamentare, dove c’è un atteggiamento molto verticistico. Non mi sembra insomma che abbiano una ossessione per le regole democratiche”.

 

Queste primarie archiviano la stagione di Renzi? “Io penso che la stagione del riformismo moderno non possa essere archiviata. Credo che una personalità come quella di Matteo Renzi sia importante per il futuro del Pd”. In più, dice Marcucci, “io sono abituato a giudicare il comportamento dei senatori e il contributo che sta dando Renzi all’attività del Senato è importante. Renzi offre grande determinazione ed esperienza nella battaglia contro le offese alle istituzioni lanciate da maggioranza e governo e contro gli attacchi che subiamo da questo strano gruppo di persone che sembra avere a cuore tutto tranne l’interesse del paese”.

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  • David Allegranti
  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.