Il leader M5s Luigi Di Maio con la candidata alla presidenza della Regione Abruzzo Sara Marconi (Foto via Facebook)

Non è solo il nord che contesta l'assistenzialismo. Di Maio in Abruzzo

Valerio Valentini

Il leader M5s sostiene la candidata alle regionali ma il ceto produttivo teme il decreto dignità e il reddito di cittadinanza. 

Roma. Che i guru della comunicazione, sui social, provino a rilanciare solo le cose positive della scampagnata abruzzese di Luigi Di Maio, è in fondo comprensibile: e allora le foto della folla accorsa in piazza per il comizio a Lanciano, nonostante il freddo, le mangiate di arrosticini tutti insieme, i sorrisi e gli abbracci con l’elevato Beppe Grillo in un pub di Pescara, i racconti commossi dei simpatizzanti che pagano il caffè al vicepremier grillino con nutrito staff al seguito. E però tra la serie di eventi organizzati da Di Maio in Abruzzo in sostegno della candidata alle regionali di febbraio, Sara Marcozzi, ce n’è stata anche uno cui la grancassa della propaganda a Cinque stelle non ha dato alcun risalto. Si tratta dell’incontro ospitato dalla Camera di commercio di Pescara, svoltosi venerdì pomeriggio. Ad ascoltare Di Maio e la Marcozzi c’erano una cinquantina di imprenditori e piccoli industriali locali. I quali, al termine del discorso del capo del M5s, non hanno perso l’occasione per esternare le loro critiche rispetto alle misure che il ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico si è intestato con maggiore entusiasmo.

 

Su tutti, ovviamente, è stato bersagliato il cosiddetto decreto dignità. “Abbiamo preoccupazioni importanti – ha dichiarato Gianni Taucci, presidente di Confesercenti Pescara – rispetto al fatto che, a causa della stretta sul rinnovo del contratto a termine, tante piccole imprese, soprattutto quelle stagionali, non possano più assumere, nel corso dell’anno, i loro lavoratori”. E questo, contrariamente a quanto Di Maio ripete, non si tradurrà in maggiori stabilizzazioni, ma semplicemente in “minore occupazione”, dal momento che gli imprenditori “redistribuiranno i carichi di lavoro sui dipendenti che già hanno”. Sullo stesso tema, anche Agostino Ballone, presidente di Confindustria Abruzzo, ha espresso le sue perplessità. “Le critiche delle imprese riguardano anche la causalità”, reintrodotta in caso di rinnovo dei contratti a termine: “È un elemento che genera incertezza e contenziosi”, ha detto Ballone. Il quale si è poi concesso anche la licenza dell’ironia, rivolgendosi direttamente al ministro: “Spero non si tratti della solita ‘manina’, ma nel decreto fiscale è stata prevista la riapertura dei termini per le assegnazioni in house dei servizi pubblici locali”. Altro che le liberalizzazioni auspicate. “Dalla sanità ai trasporti, passando per la raccolta dei rifiuti, si finirà di nuovo per sottrarre al mercato dei settori di grande valenza industriale”.

Quanto alla tanto decantata “semplificazione”, sia Marisa Tiberio di Confcommercio Chieti, sia Domenico Di Michele, in rappresentanza degli ordini professionali, hanno evidenziato come questo strumento, la cui entrata è prevista all’inizio del nuovo anno, “crea una quantità di problemi pratici rilevanti” – senza peraltro garantire davvero una lotta più efficace all’evasione – “soprattutto per i piccoli commercianti che dovranno adeguare le loro pratiche durante le festività natalizie”.

 

E poi, ovviamente, anche sul reddito di cittadinanza si sono registrati mugugni e insofferenze, da parte della platea. “Sui centri per l’impiego, soprattutto, siamo fortemente preoccupati”, ha contestato Taucci di Confesercenti. “E’ uno strumento che non funziona e che non dà alcuna garanzia a chi usufruirà del reddito”. A dimostrazione, dunque, che al di là dell’Italia che piace o non piace a Giancarlo Giorgetti, il problema dello sgangherato assistenzialismo grillino è che non pare essere apprezzato all’Italia che produce, o che ci prova: dal nord al sud. “A noi l’Italia piace tutta, da Palermo ad Aosta”: è stato questo lo slogan con cui il M5s ha provato a replicare, un po’ furbescamente, alle parole del vice di Salvini. Ma a Palermo come ad Aosta, chi crede ancora nella crescita e nella produttività delle imprese, quando gli si parla di reddito di cittadinanza, di questo reddito di cittadinanza, reagisce perlopiù con preoccupazione.