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Il falegname e il digitale. Perché la piccola impresa protesta

Daniele Bonecchi

Non solo le manifestazioni. Parlano gli imprenditori che si sentono traditi dal “manovratore”

Sembrava l’uomo più felice del mondo Maurizio Riva, quando, nel marzo del 2015 era riuscito a sistemare il “cavallo da tiro Pace e Speranza”, realizzato dalla sua azienda, disegnato da Valerio Cometti, alto più di tre metri, proprio davanti all’ufficio del commissario Expo, Beppe Sala. Perché la Riva 1920 di Cantù è un’azienda leader nel settore del legno. Mobili di alta gamma che dal Salone di Milano arrivano fino al mercato cinese, oltre a farsi rispettare in tutta Europa. Ma qualcosa si è rotto. “Sono deluso – dice Maurizio Riva, falegname per passione, mobiliere di qualità – perché non riesco a vedere un domani per i nostri ragazzi”. Lui, come migliaia di imprenditori, è profondamente insoddisfatto del paese nel quale vive e lavora oggi. A molti poi è andato di traverso quel “lasciateci lavorare” di Matteo Salvini detto agli imprenditori che lamentavano la distanza siderale del governo gialloverde dalle esigenze di crescita delle aziende italiane. Perché “non disturbate il manovratore” detto alle Pmi, agli artigiani che hanno sempre sostenuto, in particolare al nord, la Lega, è uno schiaffone in faccia difficile da accettare. Dopo la manifestazione promossa da Confindustria, Confcommercio, cooperative, artigiani a Torino, Salvini ha voluto dire subito la sua, perché “c’è qualcuno che è stato zitto per anni quando gli italiani, gli imprenditori, gli artigiani venivano massacrati. Ci lasciassero lavorare e vedranno che l’Italia sarà molto meglio di come l’abbiamo ereditata". Loro non se lo aspettavano, manco fosse l’uomo venuto dal sud, Luigi Di Maio, il paladino del reddito di cittadinanza e nemico della crescita. Quassù in Lombardia l’aria è rarefatta e il 13 dicembre le truppe convocate da Confartigianato saranno accompagnate dal coro dei “sì” alla crescita e da molte realtà locali. L’insofferenza è palpabile. “Come spesso accade la scuola è troppo distante dal mondo del lavoro. Questo rappresenta un grosso limite soprattutto per quei lavori che sono a metà tra il mondo dell’artigianato e quello dell’arte”, spiega ancora Maurizio Riva. “Si stanno perdendo le competenze e anche la nostra azienda fatica ad avere personale qualificato”. “Il lavoro del falegname si trasmetteva di padre in figlio, questo purtroppo oggi non è più possibile e tanti laboratori sono stati costretti a chiudere perché non sono più competitivi e perché oppressi da una pressione fiscale insostenibile. A maggior ragione oggi dovrebbe essere la scuola a supplire a questa mancanza, rischiamo di perdere una fetta importante del nostro saper fare”. Poi la pressione fiscale. Perché s’è fatto un gran parlare di flat tax in campagna elettorale e ora è rimasto ben poco. “La pressione fiscale è troppo elevata – insiste il patron della Riva 1920 – limita gli investimenti e immobilizza la crescita dell’azienda. E’ giusto pagare le tasse, nessuno vuole sottrarsi a questo dovere, si tratta solo di ricevere però qualcosa in cambio, per esempio una maggior tutela del Made in Italy, battaglia che al contrario dobbiamo portare avanti da soli come piccola azienda. Perché anche in questo noi italiani, di fronte a un sempre più minaccioso capitalismo straniero, non siamo capaci di fare squadra neanche attraverso le associazioni di categoria che troppo spesso si trovano a dover gestire le richieste dei singoli player piuttosto che visioni strategiche condivise”.

 

Già, la visione. “Non c’è visione per questo paese”, lamenta Maria Grazia Mattei, fondatrice di MGM Digital Communications, centro di ricerca, studio e diffusione della cultura dei nuovi media, che ha organizzato numerose iniziative dedicate alla diffusione e all’approfondimento della cultura digitale, per il mondo professionale e il grande pubblico, in collaborazione con prestigiosi enti e istituzioni tra cui Digifest (Toronto), Siggraph (Usa) e Imagina (Francia). Dal 2013 è commissario della Commissione centrale di beneficenza di Fondazione Cariplo e dal 2016 è membro del Consiglio di amministrazione di Artemide. “Seguo il tema dell’evoluzione digitale nel mondo – spiega Mattei – ma il paese è da anni in arretrato su queste competenze. Non è solo un problema di quest’ultimo governo, abbiamo visto passare il treno e nessuna forza governativa in passato come adesso ha fatto scelte opportune. Servono incentivi alle imprese perché possano fare un salto di qualità sulla digital transformation, diventino più competitive. L’unico momento che ha inciso – si corregge la fondatrice di MGM – è stato quando il governo Monti ha lanciato l’idea dell’agenda digitale, nel 2011 e di colpo ho visto le istituzioni pubbliche correre per capire cos’era questo digitale. Poi una parentesi col bravissimo Calenda con Industria 4.0”. E oggi? “Il digitale oggi viene affrontato a macchia di leopardo. E’ come se mancasse una visione di sistema, l’evoluzione delle imprese e della società verso un’economia e della cultura digitale. Oggi per le imprese il salto grosso non lo fai se non inneschi dei processi cognitivi, culturali. Dobbiamo mettere in moto processi tali che consentano anche alle Pmi di capire in che mondo crescere”, conclude Mattei. E così, dopo il manifesto delle imprese lanciato il 3 dicembre a Torino toccherà a Confartigianato, dieci giorni dopo, al MiCo di Milano, sostenere che lo sviluppo delle imprese è lo sviluppo del paese. “Servono politiche a sostegno del mondo produttivo rappresentato per il 98 per cento da artigiani, micro e piccoli imprenditori”, spiegano dall’associazione. “A cominciare dagli investimenti nelle infrastrutture materiali e immateriali indispensabili per far muovere il paese”. Più che una protesta, tanti sì. “Sì, quindi, a efficaci collegamenti nazionali e internazionali, alle grandi opere strategiche per far viaggiare le persone e le merci. Sì a reti e connessioni per il trasferimento dei dati e della conoscenza. Sì anche ad una pubblica amministrazione che funzioni e sia attenta alle esigenze dei cittadini. Sì a un mercato del lavoro che valorizzi il merito e le competenze incrociando le necessità competitive delle imprese. Sì a una giustizia civile rapida ed efficiente. Sì all’Europa con l’euro moneta comune”. Con buona pace per il manovratore.

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