Luigi Di Maio e Alfonso Bonafede (foto LaPresse)

Dopo la povertà Di Maio abolisce anche la corruzione

Salvatore Merlo

I parlamentari M5s festeggiano davanti al Parlamento l'approvazione dell'anticorruzione. Il vicepremier: “E' una giornata storica”. Sarà forse la duecentesima volta che lo ripete dall'inizio della legislatura

Avevano già abolito la povertà, festeggiando su un balcone di Palazzo Chigi. Adesso hanno abolito la corruzione, niente meno, alleluia, festeggiando con i cartelli davanti al Parlamento. E ogni volta, strambo come quel tale che aveva inventato un'ora che dura mezz'ora, ecco che Luigi Di Maio annuncia sorridente a una telecamera: “E' una giornata storica”.

 

 

 

Quella di oggi sarà forse la duecentesima dall'inizio della legislatura. Per Di Maio è stato “un momento storico” la vittoria del 4 marzo, “occasione storica” la formazione del governo per portare avanti un “cambiamento storico”, era ovviamente “storico” il taglio dei vitalizi agli ex parlamentari, com'è stato “storico” il reddito di cittadinanza e via così.

 

Con i ragazzi del cambiamento non si fa in tempo a montare una pagina che subito arriva un altro petardo, un nuovo botto, un salto nei cerchi di fuoco, un piano quinquennale, una rivoluzione definitiva, un momento fatale, un annuncio pirotecnico. Non gli si sta dietro. Mai una cosa normale ma chiara, sussurrata ma seria, in punta di piedi ma lasciando l'orma sul terreno: urla e pernacchie, rullio di tamburelli e bandiere, esagerazioni ed esagitazioni. Eppure così facendo, bisogna dirlo, non soltanto guidano il gioco ai propri fini, ma addirittura dettano le nuove regole agli avversari, e sul terreno più cruciale della politica, nel suo rapporto con la realtà.

 

Le opposizioni, afflitte anche loro dall’ansia dell’esistere, vanno infatti a sbattere come particelle subatomiche su tutti i muri mobili inventati dal marketing a cinque stelle. Ovviamente poco importa che anziché abolire la povertà a quanto pare abbiano abolito soltanto la crescita, che i vitalizi agli ex parlamentari saranno quasi certamente reintegrati perché la norma è illegittima, che il reddito di cittadinanza non è più reale dei master universitari di Rocco Casalino negli Stati Uniti, o che la norma pomposamente chiamata “spazzacorrotti”, approvata oggi, abbia allarmato gli avvocati e persino i magistrati che si sono espressi con una delibera del Csm.

 

Scriveva Vitaliano Brancati, nel suo Diario Romano: “La nostra società è quasi sempre conformista, ma in modo particolare quando s’atteggia a rivoluzionaria. Da trent’anni a questa parte, le rivoluzioni italiane consistono in un colpo di mano per mettere sul trono un tirannico Luogo Comune”. Con il suo orecchio finissimo, con la fatica e la contrazione di chi cammina controvento, Brancati avvertiva con terrore l’immortale brontolio degli spasmi politici italiani. Era attratto da De Gasperi “perché non è un eroe, non è un capo, non somiglia a nessuna statua. E’ un uomo perfettamente grigio che non annuncia rivoluzioni”. Poi aggiungeva, dimesso: “Un tipo d’uomo che dispiace agli italiani”.

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  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.