Figli e stelle cadenti

Luciano Capone

Perché il partito di Casaleggio non può dare lezioni a nessuno, tantomeno a Mario Calabresi, sul tema della strumentalizzazione dei padri defunti

Roma. Per quanto sia indegno, pretestuoso e violento, quel post del Sacro Blog contro il direttore di Repubblica non provoca neppure indignazione, ma un senso di profondo imbarazzo, di vergogna per il comportamento ignobile di chi l’ha scritto: “L’unico approssimativo, privo di qualsiasi credibilità, onestà intellettuale e lontano dai princìpi deontologici è il sig. Mario Calabresi, che pur di infangare Luigi Di Maio è disposto a strumentalizzare addirittura il nome del padre defunto”, scrive il Blog delle stelle gestito da Davide Casaleggio. In quella mancanza di rispetto, in quella spietata offesa personale, c’è tutto lo stile Casaleggio già visto all’opera nel corso degli anni.

   

Passata la fase di vergüenza ajena (così gli spagnoli chiamano la vergogna provata per il comportamento altrui), si può contestualizzare questa aggressione personale che, come tutte le offese, racconta molto di più di chi l’ha fatta che di chi l’ha subita. Nella polemica televisiva a “DiMartedì”, Calabresi non ha affatto “strumentalizzato” la figura del padre, ma ha semplicemente risposto a un argomento sollevato da Di Maio per mostrare quanto il modo di lavorare del M5s sia superficiale: “Lei ha citato una delle querele che ci ha fatto, mi pare che ne abbiamo un paio adesso noi in corso, tre ne ho con Casaleggio – dice il direttore di Repubblica –. Il problema è che voi avete fatto causa a un signore che si chiama Luigi Calabresi, non a Mario Calabresi. Luigi Calabresi era mio padre che non c’è più da 40 e rotti anni. E’ un errore formale ma rende l’idea dell’approssimazione con cui fate le cose”. Calabresi non ha detto che il padre era un servitore dello stato, medaglia d’oro al merito civile, vittima del terrorismo e di una campagna d’odio. Ha detto semplicemente che “non c’è più”, che il M5s aveva querelato la persona sbagliata, un defunto. Non c’era in quelle parole alcuna strumentalizzazione.

    

Ma ciò che fa più riflettere non è tanto l’attacco personale feroce e ingiustificato su questioni così delicate, ma il pulpito da cui proviene: il Blog delle stelle di Davide Casaleggio. Ecco, se c’è qualcuno che ha “strumentalizzato” la figura del padre è proprio Davide che, in tutto e per tutto, è “il figlio di Casaleggio”. Da Gianroberto ha ricevuto in eredità la Casaleggio Associati e il controllo del M5s attraverso l’Associazione Rousseau, in nome di Gianroberto ha fondato l’Associazione Gianroberto Casaleggio, che è una camera di compensazione in cui si incontrano giornalisti, politici del partito, imprenditori, manager e faccendieri amici (come l’avvocato Lanzalone).

   

Insomma, è solo grazie al padre che è diventato, per discendenza, uno degli uomini più potenti d’Italia. Ed è solo grazie ai documenti tenuti segreti da Davide e rivelati dal Foglio il 31 gennaio 2018 che è possibile ricostruire il passaggio di consegne del controllo sul M5s in linea ereditaria all’interno della famiglia Casaleggio. Questa transizione politica era stata anticipata da Jacopo Iacoboni il 7 aprile 2016 sulla Stampa in un articolo che raccontava dell’aggravarsi delle condizioni di salute di Gianroberto – che morirà pochi giorni dopo – e dell’ascesa di Davide: “Il Riccardo III del Movimento, stanco e tradito, ha preparato una classica successione dinastica alla coreana”, scriveva. Il giorno stesso sul blog apparve una durissima smentita a firma di Gianroberto Casaleggio: “Lo sciacallo Iacoboni usa il pretesto delle mie condizioni di salute, note da tempo, per inventare retroscena inesistenti e fuori dalla realtà sulla gestione del MoVimento 5 Stelle e schizzare veleno sui portavoce”. Quella è stata l’ultima dichiarazione pubblica attribuita a Gianroberto Casaleggio ed era, evidentemente, una bugia. Perché il giorno successivo, quattro giorni prima della morte avvenuta il 12 aprile 2016, in una stanza dell’Istituto Auxologico in cui era ricoverato, veniva preparato il testamento politico con cui Gianroberto consegnava al figlio il controllo perpetuo del partito: “L’anno duemilasedici, il giorno otto del mese di aprile. In Milano, in una stanza dell’Istituto in via Mosè Bianchi n. 90”, c’è scritto nell’atto costitutivo dell’Associazione Rousseau rivelato dal Foglio, padre e figlio convocano un notaio per fondare con 300 euro la scatola che consentirà a Davide di mettere le mani sul M5s. Il potere di Casaleggio jr. viene blindato da due articoli – il 6 e il 13 – che consegnano eternamente il ruolo di presidente dell’Associazione Rousseau a uno tra i “Fondatori”. Di fondatori ce ne sono due e dopo appena quattro giorni, in seguito alla morte di Gianroberto dopo una lunga malattia, ne resta solo uno: Davide. Circa una settimana dopo la morte del padre, Davide fa di più. Accentra tutti i poteri del contenitore in cui confluiranno le attività fondamentali del partito cambiando lo statuto. Ma siccome non può farlo da solo, organizza una riunione sempre tenuta segreta finché non è stata rivelata dal Foglio, a cui i suoi avvocati che diventano i soci-fantasma di Rousseau: entrano, votano le modifiche allo statuto che consegnano tutti i poteri a Davide Casaleggio ed escono dall’associazione.

   

L’ultimo passaggio per il controllo perpetuo sul primo partito italiano arriva grazie al nuovo statuto del M5s, scritto da Lanzalone, l’avvocato che seguiva le cause del movimento, che partecipava alle cene organizzate da Davide e che ora è indagato nell’inchiesta sullo stadio della Roma. E’ il nuovo statuto che vincola per sempre il partito a Davide Casaleggio: “Gli strumenti informatici attraverso i quali l’associazione M5s si propone di organizzare le modalità telematiche di consultazione dei propri iscritti – c’è scritto all’articolo 1 – saranno quelli di cui alla cd. ‘Piattaforma Rousseau’, mediante appositi accordi da stipularsi con l’Associazione Rousseau”.

   

Oltre al partito, Davide ha ricevuto come lascito anche la Casaleggio Associati, che è il vero primo motore del M5s. Ed è grazie a questi due abiti ereditati dal padre, quello di titolare di una microimpresa e quello di politico, che Davide viene ritenuto addirittura un esperto di “intelligenza artificiale” e “blockchain”, nonostante si sia dimostrato incapace di gestire un sito internet (come dimostra l’indagine del Garante per la privacy che ha scoperto l’uso di un software scadente e scaduto da parte dell’Associazione Rousseau). Vedere ora il blog gestito dal “ figlio di Gianroberto” accusare persone che si sono fatte strada con le proprie forze e capacità di “strumentalizzare il nome del padre defunto”, oltre a essere vergognoso è anche grottesco.

  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali