Giuseppe Conte e Matteo Salvini (foto LaPresse)

La manovra in stile no vax

Claudio Cerasa

La legge di stabilità è un veleno non per come gioca con il deficit ma per come gioca con il futuro dei nostri figli

Le piazze contano, le folle incantano, le masse affascinano, i cortei coinvolgono, le manifestazioni seducono. Ma nell’Italia sommersa dallo stupidario populista oltre alle azioni delle moltitudini contano anche i piccoli gesti dei singoli. Gesti come quelli della splendida Maria Rosaria Coppola che qualche giorno fa su un convoglio della Circumvesuviana per difendere dagli insulti un ragazzo pachistano ha utilizzato una frase che passerà alla storia come l’orecchio di Mourinho allo Juventus Stadium: “Tu non sei razzista, sei solo stronzo”. Gesti come quelli della signora Eleonora, casalinga di Borgo Pio, che due giorni fa, a Roma, vedendo Salvini passare sotto casa, ha iniziato con gentilezza a fischiare con le dita in bocca contro il ministro, urlando “buffone” e rifiutandosi poi di farsi identificare da quattro poliziotti in borghese che l’avevano inspiegabilmente e bruscamente allontanata dal ministro facendole persino perdere l’equilibro. Gesti civili e pacifici come questi, come quelli di Maria Rosaria e di Eleonora, che però difficilmente possono eguagliare la forza di un’immagine del tutto involontaria che meriterebbe di essere stampata con malizia sui francobolli della repubblica antisovranista.

    

L’immagine è quella del bambino vestito di rosso che insieme con altri diciassette compagni di classe partecipa con aria avvilita, o diciamo meno entusiastica di tutti gli altri, alla foto di gruppo con Matteo Salvini, durante la trasmissione di Rai 3 “Alla lavagna” dove il ministro è stato trionfalmente ospite. Il volto smarrito del bambino dura solo pochi secondi. Pochi fotogrammi dopo, non sappiamo se a seguito di un richiamo dei Benalla del Truce, il bambino torna sorridente e festante. Ma quello scatto, seppure accidentalmente, è un’immagine fantastica che ci aiuta a mettere a fuoco il vero tema che si nasconde dietro al Ping Pong sulla manovra tra il governo italiano e la Commissione europea. E per giocare ancora con quella foto potremmo metterla così: che sguardo ha la manovra del cambiamento sul futuro dei nostri figli? Salvini e Di Maio hanno avuto l’abilità di sterilizzare il dibattito sulla legge di Stabilità costringendo molti di noi a discutere sulla legittimità o no di sforare il deficit (yawn). Ma il vero problema della Finanziaria populista non è, come ha notato giustamente l’Economist qualche giorno fa, “its spending, but its politics”. E anche se probabilmente il nostro eroe in maglietta rossa non lo sa, quel simpatico signore abbracciato ai suoi compagni di classe sta facendo di tutto, con un sorriso, con molte emoticon, con molti selfie, con molti baci inviati in diretta Facebook, per tenere l’Italia in ostaggio del presentismo e lontana dal futuro.

    

Il vero problema della manovra non è dunque tanto il dibattito naturalmente importante eppure troppo tecnico sul disavanzo strutturale, sull’innalzamento dello spread, sui rendimenti dei titoli di stato (ieri, dato importante, l’emissione di Btp con scadenza 2038 è stata coperta solo 1,4 volte dalla domanda degli investitori, un mese fa la copertura era stata 1,9). Ma è il dibattito che ci dovrebbe essere e che purtroppo non c’è sul fatto che una politica che scommette sul sostegno alla disoccupazione più che all’occupazione, che spende per finanziare nuovi pensionati più che nuove infrastrutture, che si preoccupa di tutelare più il proprio consenso che i nostri risparmi, che usa la leva del debito più per giocare con l’assistenzialismo che per abbassare le tasse, che osserva l’Europa più come un nemico da combattere che come un sogno su cui investire è una politica che tende a usare in economia la stessa logica diabolica e pericolosa usata con i vaccini: essere disposti a mettere a rischio il futuro dei nostri figli pur di non mettere a rischio il proprio bottino elettorale. Naturalmente il bambino con la maglietta rossa non avrà pensato a nulla di tutto questo. Ma il fotogramma del suo sguardo spaesato rischia di essere lo stesso sguardo che avranno un giorno non lontano i nostri figli se la classe dirigente che si trova oggi al governo e anche all’opposizione non farà in fretta qualcosa per provare finalmente a diventare adulta.

  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.