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La tirannia democratica

Giuseppe Bedeschi

Il governo gialloverde non è solo deprimente, ma anche pericoloso. Ce lo dicono Constant e Tocqueville

I grandi scrittori liberali hanno sempre criticato e respinto l’idea (e la prassi) di una “sovranità illimitata”, esercitata da una fazione, da un partito, o dalla maggioranza stessa del corpo sociale e politico. Memorabili le pagine di Benjamin Constant su questo tema. Sovranità popolare, egli diceva, significa supremazia della volontà generale su ogni volontà particolare, e questo è un principio incontestabile. Ma sarebbe un errore imperdonabile scambiare tale supremazia per una sovranità illimitata. Coloro che sono stati investiti del potere da parte della maggioranza dei cittadini hanno nella loro azione due limiti invalicabili: il rigoroso rispetto dei diritti delle minoranze e la non intromissione nella vita privata dei singoli, qualora questi non violino le leggi. Se la società vìola i diritti delle minoranze, o se si intromette nella sfera della vita individuale che non le compete, essa si rende colpevole non meno del despota che ha come titolo soltanto la spada sterminatrice. Il che significa che la sovranità può esistere solo in maniera limitata e relativa, che la società non può eccedere dalla sua competenza senza essere usurpatrice, la maggioranza senza essere faziosa.

 

E’ vano pretendere di sottomettere i governi alla volontà generale, perché sono sempre essi a dettare tale volontà

Avere disconosciuto queste verità – diceva Constant – costituisce l’errore più grave di Rousseau nel suo Contratto sociale, un’opera tanto spesso invocata a favore della libertà ma divenuta il più terribile sussidio di ogni specie di dispotismo. Rousseau definisce il contratto intervenuto tra la società e i suoi membri come la completa alienazione di ogni individuo con tutti i suoi diritti e senza riserve alla comunità. Per rassicurarci circa le conseguenze di questa completa alienazione di tutti i nostri diritti a favore di un ente astratto, Rousseau ci dice che il sovrano, cioè il corpo sociale, non può nuocere né all’insieme dei suoi membri né a ciascuno di essi in particolare; che ognuno, dandosi a tutti, non si dà a nessuno; e che infine ognuno acquista su tutti gli associati gli stessi diritti che cede loro e guadagna con maggior forza l’equivalente di tutto ciò che perde. Senonché, nonostante queste rassicurazioni, la soluzione roussoiana è astratta e irrealistica. Rousseau dimentica infatti che non appena il sovrano deve far uso della forza che possiede, non appena deve procedere a una organizzazione pratica del potere – in quanto egli non può esercitarlo in proprio – egli deve delegarlo: sicché non è affatto vero che il cittadino, dandosi a tutti, non si dà a nessuno; egli si dà invece a coloro che agiscono a nome di tutti, i quali sono degli uomini, non degli angeli. “Ne segue – diceva Constant – che dandosi interamente [a tutti] non si entra in una condizione eguale per tutti, poiché alcuni [ai quali è stato delegato l’esercizio della sovranità] traggono esclusivo profitto dal sacrificio degli altri; non è vero che nessuno abbia interesse a rendere onerosa la condizione altrui, poiché vi sono degli associati che stanno fuori della condizione comune. Non è vero che tutti gli associati acquistino gli stessi diritti che essi cedono, [perché] non tutti guadagnano l’equivalente di ciò che perdono, e il risultato di quel che sacrificano è o può essere l’instaurazione di una forza che toglie loro ciò che hanno”. Il fatto è che, quando la sovranità non è limitata, non c’è alcun mezzo per tenere gli individui al riparo dai governi; ed è vano pretendere di sottomettere i governi alla volontà generale, perché sono sempre essi a dettare tale volontà.

 

La prevaricazione esercitata dalla maggioranza politica nelle società democratiche era anche la grande preoccupazione di Tocqueville. Il quale temeva che in tali società le minoranze e i dissenzienti non avessero spazio alcuno per far valere le loro idee e le loro esigenze: la maggioranza tendeva infatti a diventare un padrone assoluto. Scriveva Tocqueville: “Il padrone non dice più: tu penserai come me o morirai; dice: sei libero di non pensare come me; la tua vita, i tuoi beni, tutto ti resta; ma da questo giorno tu sei uno straniero fra noi”.

 

Grillini e leghisti non tollerano il pluralismo, non tollerano gli istituti di garanzia, non tollerano l’indipendenza di tali istituti

Il pensatore normanno scorgeva nella società americana alcuni veri e propri anticorpi che limitavano il trionfo incontrastato della tirannide democratica. Fra questi, il decentramento amministrativo, che faceva sì che il governo centrale dovesse rimettersi a strumenti che spesso non dipendevano affatto da lui. “I corpi municipali e le amministrazioni delle contee formano così altrettanti scogli nascosti, che ritardano o dividono il flutto della volontà popolare”. Sicché, anche quando la legge è oppressiva, la libertà trova ancora un rifugio nel modo in cui la legge viene interpretata e applicata.

 

Queste considerazioni di Constant e di Tocqueville sulla democrazia sono oggi più che mai attuali per noi italiani, nella fase politica che stiamo attraversando. Nessun dubbio che la Lega e il Movimento 5 stelle, che hanno dato vita all’attuale governo, abbiano tentazioni illiberali e negatrici del garantismo. Queste tentazioni si sono già manifestate in varie occasioni. La nostra Carta costituzionale dice che il capo dello stato nomina i ministri (dunque essi devono godere anche della sua fiducia). Ma quando Mattarella ha posto il veto su Savona come ministro dell’Economia, i 5 stelle hanno gridato allo scandalo, e per vario tempo hanno chiesto addirittura l’impeachment per l’attuale presidente della Repubblica (il quale si era speso con tutte le sue forze perché nascesse un governo “politico”).

 

La Lega non è da meno. Il presidente dell’Inps esprime riserve sull’abolizione della legge Fornero sui pensionamenti? Il suddetto presidente deve dimettersi e, se vuole, può presentarsi alle prossime elezioni politiche. Il governatore della Banca d’Italia richiama il governo alla prudenza per quanto riguarda la legge finanziaria in rapporto al nostro enorme debito pubblico? Bene, il governatore deve dimettersi, e, se vuole, può presentarsi alle prossime elezioni politiche. Aspettiamo, prossimamente, un eguale trattamento per la Corte costituzionale.

 

La verità è che le attuali forze politiche al governo non tollerano il pluralismo, non tollerano gli istituti di garanzia, non tollerano l’indipendenza di tali istituti. Per le suddette forze politiche esiste una sola volontà: quella leghista-pentastellata, la quale non ammette limiti di sorta. Ecco perché la fase politica che viviamo in Italia è non solo deprimente, ma assai pericolosa.

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