Il ministro delle Infrastrutture, Danilo Toninelli, e il vicepremier, Luigi Di Maio (foto LaPresse)

Genova conferma: i cialtroni vanno combattuti per ciò che sono

Giuliano Ferrara

Subito dopo il crollo del ponte Morandi, hanno cominciato a blaterare in ogni direzione accuse e giudizi definitivi che solo degli irresponsabili, degli abusivi sfruttatori elettorali di morte, potevano permettersi

Ecco un caso di scuola, in mezzo al lutto per Genova, della mia teoria, poco liberale, ma realista e pragmatica, secondo la quale l’opposizione ai gialloverdi nazionalpopulisti si può e si deve fare mirando a ciò che essi sono prima che a quello che fanno. Subito dopo il crollo del ponte Morandi, mentre i soccorsi erano in azione e gli italiani guardavano sbigottiti all’enormità della tragedia, i cosiddetti governanti hanno cominciato a blaterare in ogni direzione accuse e giudizi definitivi che solo degli irresponsabili, degli abusivi sfruttatori elettorali di morte, potevano permettersi. Il Truce, nel bel mezzo di una spanzata tra i suoi a Messina, ha messo sotto tiro l’Unione europea, colpevole di aver tagliato fondi, per via dell’austerità, destinati alla manutenzione delle infrastrutture. E’ stato smentito su tutta la linea, ma fa lo stesso, nella sua logica l’attacco via Twitter, trumpesco e grottesco, serviva subito come deterrente e sviamento, era decisivo trovare un obiettivo politicamente compatibile con le sciocchezze antieuropee che già costano parecchi miliardi di euro all’economia italiana e rendono presuntivamente nella manipolazione dell’opinione e dei sondaggi. Giggino e il lobbista vice del suo vice, mentre l’addetto alle Infrastrutture se la prendeva con i camionisti polacchi rei di caricare troppo i loro Tir, additavano – sempre a macerie ancora fumanti – la società privata Autostrade della famiglia Benetton come imputato da condannare senza attendere i tempi dell’accertamento via indagini ed eventuale processo, facendosi tribunale di giustizia sommaria e aggiungendo velenose insinuazioni sul sostegno finanziario dei Benetton ai governi e alle forze politiche del passato.

 

Uno spettacolo miserabile, un teatrino di poveri sciacalli mordaci incapaci di trovare un linguaggio istituzionale acconcio e un tono umano, tempi e parole in grado di suturare intorno a una ferita sanguinosa aperta la comunità nazionale, che per loro è solo un bottino ideologico manipolativo. Ciò che dicono e fanno, nella loro irresponsabile responsabilità, non ha alcuna importanza. Tutti sanno, chi per scienza chi per semplice senso comune, che per adesso il crollo del Morandi a cinquant’anni dalla sua costruzione può avere molte cause diverse e nessuna accertata. Può essere che Autostrade, un’azienda che si cerca di distruggere a basso prezzo, abbia delle responsabilità. Può essere che chi doveva controllare lo stato di manutenzione del ponte non abbia fatto con scrupolo il proprio dovere, a livello di ministeri e autorità tecniche preposte al compito. Può essere che le tecnologie costruttive fossero fallaci o che il modello di mobilità successivo le abbia invalidate. Può essere e può non essere, sono ipotesi. Non è controverso, al contrario, il fatto che la futile ideologia del partito guida della coalizione, del suo profeta comico dottor Gribbels e dei suoi comitati e amministratori liguri e genovesi, aveva definito “una favoletta” la storia dell’insicurezza del ponte, segnalata da più parti, e aveva fatto chiassosa opposizione, anche a livello di governo, fino agli ultimi minuti prima del crollo, a un progetto infrastrutturale detto “Gronda” che avrebbe dovuto alleggerire il traffico sul Morandi, e questo con argomenti ignoranti superficiali e demagogici che sono l’esatto equivalente, prima del disastro, delle farneticazioni in alto loco dopo il disastro.

 

Come si vede, quello che dicono e fanno non conta. E’ solo panna montata ad arte in un contesto di caccia al consenso che non finisce mai e che non può finire, perché non c’è una classe dirigente dotata di sufficiente competenza per sfuggire alle trappole del bla bla bla e altre tagliole approntate da lobby e burocrazie politicamente e civilmente prive di responsabilità. L’accertamento sgombro di pregiudizi, dovuto alla città di Genova, alle vittime della catastrofe e agli italiani tutti, che ormai vivono nell’insicurezza permanente, è fuori dall’orizzonte di un governo che si comporta come una fazione ribalda, un’orda di bruti ai quali un voto popolare offuscato dal veleno decompositivo della più spietata demagogia ha consegnato nelle mani il potere, compreso il potere di nuocere e gravemente alla salute collettiva.

 

Vedremo che cosa succederà per la concessione, ma pur essendo un problema capitale che allude alla definizione stessa dello stato di diritto, Bruxelles o Caracas, in sostanza è problema secondario. Vedremo che fine faranno le accuse agli eurocrati e ai poteri sovranazionali e intergovernativi, la bestia nera di questi mantenuti del nulla ignorante e plebeo, ma anche qui il gioco delle ipotesi sarà esposto alla manipolazione continua di sentimenti e emozioni. Vedremo che cosa accerterà, se lo saprà accertare sine ira ac studio, la magistratura penale o amministrativa, per non considerare un parlamento che è bivacco di manipoli addetti alla propaganda.

 

Ecco. La questione non è quel che fanno e dicono, perché fanno e dicono tutto e il contrario di tutto, muovendosi nel cinismo più sguaiato invece che nell’arte di governo decente e seria, ma quel che sono. Prendete uno qualunque degli ultimi ministri delle Infrastrutture, un qualunque presidente del Consiglio dei ministri, una qualunque coalizione politica sostegno di governi di diverso colore e orientamento, di diversa cultura e con diversi gradi di avventurosità politica, e vedrete che di tutti, in situazioni analoghe, potremmo denunciare limiti, reticenze, lentezze, anche depistaggi di volta in volta, opponendo versioni puntuali che disdicono sicurezze o teorie da respingere, ma di nessuno potremmo semplicemente e decisivamente dire quel che si può dire di questi che ci governano: per quel che sono, sono dei cialtroni.

  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.