La riunione al ministero dello Sviluppo economico sui rider. Foto LaPresse

Per Di Maio i rider possono aspettare. Se ne riparla a settembre

Maria Carla Sicilia

Niente accordo sulle tutele dei fattorini dopo l'ultimo incontro al Mise. Il ministro abbandona il tavolo in mano ai tecnici che dopo l'estate inizieranno a studiare una soluzione 

Che fine hanno fatto i rider? Dopo gli annunci dei primi incontri, ampiamente raccontati dalla stampa, sembra essere calato il silenzio su quella che per Luigi Di Maio "è stata – diceva settimana scorsa – la prima battaglia da ministro del Lavoro", quasi come se fosse ormai vinta. Oggi il tavolo è tornato a riunirsi dopo più di tre settimane dall'ultima volta e si è concluso, di nuovo, senza un accordo. Stavolta però c'è una consapevolezza in più e cioè che per ottenere dei risultati è il caso di sospendere gli annunci e di mettersi a lavoro. Perciò saranno i tecnici del ministero del Lavoro a occuparsi, da settembre, di studiare come affrontare la questione per inquadrare in qualche forma di contratto, parasubordinato probabilmente, la figura dei rider, accogliendo per quanto possibile le richieste dei fattorini senza soffocare il modello commerciale delle piattaforme. Luigi Di Maio, impegnato tra Ilva e decreto dignità, invece non tornerà a sedersi con le parti sociali. Il tavolo diventerà tecnico e anche se nelle ambizioni del ministro c'è di riuscire a normare l'intero spaccato delle piattaforme digitali, è ben più probabile che il primo tentativo sarà focalizzato solo sul food delivery. 

       

A dividere le parti coinvolte è la forma di contratto da adottare. Sia le aziende sia i sindacati non sono d'accordo su questo punto e se il ministro, all'inizio della sua battaglia, aveva dato un indirizzo preciso chiedendo contratti subordinati, nel corso della contrattazione ha spostato l'asticella delle priorità sulle tutele, abbandonando le pretese sull'inquadramento lavorativo.

  

Il fronte delle aziende è spaccato tra chi ha sottoscritto la Carta dei valori del food delivery, Foodora, Foodracers, moovenda e prestofood, che in realtà mette a sistema ciò che già le piattaforme firmatarie offrivano ai lavoratori prima degli incontri con Di Maio, e chi chiede di continuare ad agire in autonomia. Da un lato quindi ci sono realtà che si impegnano ad adottare contratti di collaborazione continuata e continuativa, copertura assicurativa Inail e tutele Inps, una paga su base oraria con incentivi per ogni consegna e trasparenza sull'algoritmo. Dall'altro ci sono Deliveroo, Glovo, Just Eat e UberEats, che con qualche differenza tra l'una e l'altra applicano contratti di prestazione occasionale, usano partite Iva, pagano a cottimo e preferiscono coprire la parte assicurativa con soluzioni private

    

Ci sono poi i sindacati. Quelli autonomi dei rider che hanno presentato una lista di tutele, alcune già accolte dalla Carta dei valori, altre su cui trattare ancora, che non rinunciano a chiedere un contratto subordinato. La settimana scorsa, inoltre, Filt-Cgil, Fit-Cisl e Uiltrasporti hanno articolato i dettagli intorno alla figura del rider inserito nel contratto collettivo nazionale lo scorso dicembre. Un'iniziativa, secondo alcuni poco condivisa con piattaforme e fattorini, che ha portato a individuare tutele (salariali, assicurative, previdenziali e un'assistenza sanitaria integrativa), orari di lavoro e parametri retributivi condivisi. Ma se per Cgil e Uil la risposta contrattuale è il lavoro subordinato, la Cisl chiede invece soluzioni che "evitino la contrapposizione pura tra lavoro subordinato o lavoro autonomo". Per l'Ugl "lo strumento più idoneo è il co.co.co. per uscire dall'impasse di una situazione in cui le piattaforme spingono su soluzione opposte". 

  

Di certo c'è che l'estate passerà senza nessuna novità per i fattorini, mentre Di Maio rilancia l'idea di intervenire per via legislativa in caso di mancato accordo. Una proposta di legge a dire il vero c'è già e l'ha presentata Tommaso Nannicini il 20 luglio sorpassando a sinistra il Movimento 5 stelle. In sostanza il senatore Pd chiede che quanto già scritto nell'articolo 2 del Jobs act, ovvero che la disciplina del lavoro subordinato si applichi anche ai rapporti di collaborazione quando si verificano certe condizioni, sia valido anche per i lavoratori delle piattaforme digitali in mancanza di accordi collettivi. Una possibilità già percorribile oggi, che però con la modifica in questione sarebbe sottratta alle ambiguità normative che hanno portato i giudici di Torino a respingere le richieste di alcuni fattorini contro Foodora nella prima causa sulla gig economy in Italia. 

 

 

 

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