La foto di Salvini e Trump appesa sulla bacheca nell'ufficio della Lega a Varese (foto LaPresse)

Dove sta la differenza tra Trump e Salvini

Giuliano Ferrara

Tra uno sbrasone globale e un piccolo bullo c'è la stessa distanza che esiste tra il fare e il chiacchierare

Trump è un impostore, un uomo infido, un petulante narcisista, uno che ha come progetto permanente la divisione dell’America su linee di guerra civile, la divisione dell’occidente e della Nato a favore di Putin perché costa meno e rende qualcosa (“e vissero infelici perché costava meno” è una classica battuta sul micragnoso modo di vivere di certuni tra i piccolissimi borghesi, anche billionaire), cerca la rottura del libero commercio internazionale per agitare il segnacolo dell’America First a quegli ossessionati dei suoi sostenitori in un paese da sempre ineguale, opulento e senza disoccupazione; è un gigantesco Toninelli, dice che la Germania dipende dal gas russo per il 60 per cento, invece è il 9 per cento, forse potrebbe scambiare un rimorchiatore per un incrociatore, e tratta i messicani come Salvini vorrebbe trattare i neri, non un giusto processo agli ammutinati della Guardia Costiera, gente in fuga che ha minacciato sfracelli perché non voleva essere riconsegnata ai libici (chi non avrebbe fatto lo stesso?), ma divieto di sbarco e “manette” garantite dal ministro dell’Interno in cerca di uno scalpo da offrire a una base frustrata e rancorosa.

 

Detto questo, Trump è uno che può ridurre le tasse, deregolamentare il sistema, rimettere in discussione il pre-nucleare iraniano, nominare gente preparata di orientamento conservatore alla Corte Suprema. Tutte cose interdette ai Salvini trumpeggianti, che ci prendono in giro con la loro battaglia navale in modo grottesco, prevedibile, da parecchie settimane, fino al divieto d’attracco alle imbarcazioni della Guardia Costiera, una scemenza ovviamente contraddetta perfino da un ministro dei Trasporti ignorante come un rimorchiatore, quando è troppo è troppo. La differenza tra i due, uno sbrasone globale che mette il mondo in pericolo e un piccolo bullo che si mette di traverso a Pontida, sta nella congruità. Eletto presidente degli Stati Uniti, Trump è a conoscenza dei suoi immensi poteri, e li usa nella maniera ribalda che si sa finché glielo consenta la maggioranza del Congresso. Divenuto ministro dell’Interno in una coalizione di opposti convergenti alla ricerca di un potere immaginifico, popolo contro élite, il nostro Truce o Duce o Buce fa del priapismo la sua bandiera esclusiva, copre con l’eccitazione e pesanti pennellate di mascara una quantità di promesse che sa di non poter mantenere, e tutto perché ha intuito ma senza capirlo nel profondo che non c’è congruità fra la sua autorità e gli strumenti a disposizione.

 

Un presidenzialista velleitario in uno stato fatto di frammenti, di pulviscolari ostacoli all’azione, fondato sulle tecniche del rinvio e le intermediazioni, inserito in una logica sovranazionale e intergovernativa ferrea, legato a una moneta che il popolo ardentemente desidera e di cui ardentemente desidera parlare male come capro espiatorio della bassa produttività generale e dell’arte di arrangiarsi, il Truce dovrebbe trovare la misura del suo Ego applicato al suo status, e invece siamo già alle smentite della ministra Trenta, alle gite di contrizione al Quirinale, a quella situazione in cui a forza di fare il bullo si è destinati a trovare qualcuno più bullo che bulleggia a tue spese. Senza opposizione, ciò che non si può dire di Trump, nonostante tutto, Salvini fa l’opposizione a sé stesso con i suoi farisaici estremismi, con le sue parole d’ordine da cortile, con i suoi comportamenti ostili al senso minimo delle istituzioni, con i suoi banali “lo dico da papà”, con i suoi selfie a sfavore dei miserabili di San Ferdinando, con le sue alleanze speciali con i nemici d’Italia, con la sua stessa sicurezza di sé così tenera e penosa, con le sue fissazioni che sono peggio della malattia. Ci fosse un’opposizione seria, questo trumpetto che a confronto l’originale sembra il Principe di Machiavelli, sarebbe già a casa.

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.