Antonio Tajani alla celebrazione dei 60 anni dei Trattati di Roma e dei 10 anni dell'Erc (foto LaPresse)

La buona idea di un partito conservatore

Moderato, europeo. Tajani può aiutare a far rivivere un po’ di Ppe in Italia

La scelta di Antonio Tajani come numero 2 di Forza Italia, se non è soltanto un’operazione cosmetica, può assumere un significato politico più rilevante di quelle legate alle varie figure che in precedenza avevano assunto ruoli simili, da Scajola a Verdini, a Alfano. Tajani ricopre una posizione di pregio, quella di presidente del Parlamento europeo, il che conferisce alla sua scelta un carattere europeista che va controcorrente, è stato eletto dall’assemblea di Strasburgo da una maggioranza conservatrice, popolare e liberale, e questo allude alla presenza anche in Italia di una formazione politica che assume questa collocazione.

    

Il fatto che in Italia non si sia mai affermata una forza esplicitamente conservatrice e democratica è la conseguenza del fallimento della classe dirigente liberale che portò all’affermazione del fascismo. La stessa Democrazia cristiana, che ha di fatto esercitato quel ruolo, aveva radici ideologiche diverse e in un certo senso opposte, che declinò nel quadro della contrapposizione tra Est e Ovest e perse la sua funzione centrale quando finì l’Urss. Forza Italia, ad essere un partito conservatore-liberale, non ci ha mai nemmeno provato seriamente.

     

Una forza conservatrice, in un panorama dominato da rivoltosi (magari da salotto o da talk show) sembra un anacronismo, ma è invece un ingrediente necessario ed equilibratore. Quelli che dicono che in Italia e in Europa non c’è niente da conservare in realtà camuffano con questo atteggiamento distruttivo l’incapacità di indicare trasformazioni necessarie e possibili. Tajani non sarà un capopopolo, ma di questi c’è già un eccesso, è una persona seria e moderata, e di questo invece non c’è certo abbondanza.

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