Foto LaPresse

La moneta della pace spiegata a Salvini

Giuliano Ferrara

L’euro è l’unico collante rimasto all’Europa, e per questo tornerà sotto attacco

L’euro sembra scomparso dalla scena, misteriosamente. Strano. Era un prim’attore, tra spread, debito, riforme del bilancio europeo, e poi contratto all’italiana, caso Savona, fu salvato a suo tempo nella crisi dei mercati finanziari da un whatever it takes provvidenziale eccetera. Ora niente. La moneta introdotta da Mitterrand e Kohl, a Muro caduto e Germania riunificata, sembra aver smesso di primeggiare tra i nostri incubi. E’ stato sostituito dal negher, dallo zingaro, cose a costo zero in apparenza. La moneta unica era un ostacolo alla formazione del governo minaccioso e spassoso dei gialloverdi, ora la sua scomparsa a favore del negher e dello zingaro ha rilanciato alleanza e contratto nella mente o mentalità dell’italiano, che è quasi sempre medio, mediocre, almeno nei comportamenti civili.

 

Quando nacque l’euro molti scettici, e tra questi amici dell’establishment come Antonio Fazio, Cesare Romiti, Giorgio La Malfa, Paolo Savona e altri, obiettarono con semplicità e senso pratico: non si comincia dalla moneta, si comincia dalla politica, dalle istituzioni, nessuna convergenza delle economie sarà mai garantita da una moneta unica. Poi si aggiunse Tremonti con i suoi apotropaici rischi fatali, infine, date tempo al tempo, leghisti di schiatta salviniana e grillozzi si aggiunsero anch’essi, con gli antieuro di sinistra estrema, i social No Euro alleati con i Basta Euro. Quell’esercito ha perso in Francia con Madame Le Pen, evviva Macron, non ha vinto in Germania, dove a suo modo condiziona le decisioni ma è all’opposizione, evviva la figlia del pastore luterano Angela, e ha vinto a sorpresa in Italia, paese dell’opera buffa e del fascismo eterno autarchico, abbasso papà Salvini e il socio di minoranza Di Maio. Ma solo un quarto dell’opinione pubblica universale in Europa, lo dicono tutti i sondaggi, ce l’ha ancora con l’euro. I restanti tre quarti se lo tengono stretto. Grillo è ridotto a polemizzare con Claudio Amendola, altro che referendum.

 

L’Unione europea è divisa e indebolita, prima di tutto sull’invasione demografica di sostituzione che c’è e non c’è, e se c’è non si combatte chiudendo i porti. Il tema è la solidarietà, evanescente questione morale tra nazioni politiche, ma più concreto campione di istituzioni sovranazionali e intergovernative che sono chiamate a funzionare, a partire dal diritto del mare, dall’obbligo di soccorso per il quale il ministro dell’Interno italiano dovrebbe essere denunciato, causa appello all’omissione, e possibilmente incarcerato dopo un regolare processo. (Salga a bordo, capitano De Falco, cazzo!) Ma l’euro, è una constatazione, è l’unico collante rimasto a tenere insieme l’Europa. I popoli si sono ribellati alle élite che fanno soltanto i loro interessi, ma hanno anche loro un interesse particolare, e sanno riconoscerlo: la moneta unica, che copre insieme quel tanto di convergenza delle economie, il caso Grecia insegna, e quel tanto di divergenza delle medesime che tuttavia può reggere alla concorrenza e alla libertà internazionale dei commerci e perfino al protezionismo delle democrature e delle repubbliche demagogiche, a partire da Trump, il tutto appunto grazie a una moneta indivisa e invisa ad americani e russi, non so i cinesi, ma alla fine accettata e come dire coccolata dai suoi detentori, dall’Olanda al Regno di Messina, dalla Bretagna a Lesbo, dal Portogallo alla Polonia opulenta ed esausta, almeno calcisticamente e democraticamente (per non parlare della Baviera, della Lombardia, del Veneto, della Catalogna e altre autonomie).

 

Salvini sarebbe già a tenere un comizio al confine con la Francia dalle parti di Ventimiglia o di Mentone, posto che lo facciano entrare, dopo aver mandato due divisioni al Brennero, se non ci fosse l’euro. E vedrete che l’incrudimento immaginifico della tragedia in forma di commedia delle rotte dell’esodo africano troverà nell’euro alla fine il suo limite naturale. Per la quale ragione si finirà per dire che per una volta è la moneta che fa l’istituzione, non l’opposto. Ma c’è un ma. Il contratto prevede forzature di vario genere, quella della chiusura dei porti e della guerricciola antieuropea sull’immigrazione ne è solo una componente, la più disgustosa e vistosa. Ci sono cambiali elettorali ingenti da pagare, e un popolo sbilenco e immusonito intende riscuoterle, da Pisa a Caserta e oltre. Sicchè, dàgli e dàgli, finirà che anche l’euro ritornerà in primo piano, e non sarà un momento facile per gli indebitati esigenti e spendaccioni della dignità altrui.

Di più su questi argomenti:
  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.