La sofferenza dell'intellettuale grillino

Redazione

Avviso agli inconsolabili: la sintonia tra Lega e Movimento 5 stelle non è forzata, è naturale

Soffre. Ah, come soffre. L’intellettuale organico del grillismo di governo, a vedere la concordia ormai dilagante tra i ministri a cinque stelle – sempre inappuntabili, nel loro sorriso cordiale – e quelli leghisti, bruti e impresentabili per definizione, proprio non ce la fa a non disperarsi. Ma come? Quella incorrotta meglio gioventù dell’antiberlusconismo radicale, coccolata da chi sognava una sinistra che ogni volta fosse altra da quella reale, vezzeggiata da chi vagheggiava il trionfo della moralità sulla politica, ora si ribella a chi l’ha accreditata come forza responsabile e moderata, e si profonde in attestazioni di stima per la turpe marmaglia sovranista? Come sopportarlo, senza angustiarsi?

 

Lunedì sera, a guardare “Otto e mezzo”, su La7, veniva quasi compassione davanti allo spaesamento di Antonio Padellaro. Che ascoltava Alfonso Bonafede, novello ministro della Giustizia, parlare d’immigrati e sicurezza – “di un censimento nel senso di un monitoraggio” dei rom – manco fosse un aspirante segretario del Carroccio, e amorevolmente lo rampognava. “Lei è una persona civile e garbata: ma come fate, voi del M5s, a tollerare che Salvini (ecc ecc)?”.

 

Padellaro contrito, nel suo sforzo di salvare la dignità del Guardasigilli, e quello invece, serafico, alzava le spalle: “A noi interessano le azioni del governo”, per cui Salvini, sì, ha il suo modo di esprimersi, ma va preso così com’è. Padellaro ci riprovava: “Ma perché parla così? Usate il vostro linguaggio, che è migliore di quello della Lega”, e Bonafede, imperterrito: “L’Italia finalmente sta camminando a testa alta”. “E’ per la terza volta in piedi ...”, doveva risuonare nelle orecchie dell’editorialista del Fatto, che infatti si sbracciava mettendo in guardia dai richiami di “un antico e triste passato”.

 

Ci vorrà forse ancora un po’: qualche altra balbettante giustificazione delle sparate razziste di Salvini, qualche altro silente assenso di fronte alle sue provocazioni peroniste, e poi, forse, anche gli ultimi utopisti della fu democrazia diretta si rassegneranno alla triste realtà dei fatti, e cioè che quelle pulsioni di rozzezza, quel disprezzo per le istituzioni e per le regole dello stato di diritto, covavano da sempre nella pancia dei grillini, del resto disposti a qualsiasi svolta – anche, alla bisogna, la più bieca – pur di raccattare nuovo consenso. Sarà dolorosa, la presa di consapevolezza. Ma durerà poco: poi tutto sarà finito.

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