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Prima di pensare al Gentiloni bis, Renzi vuole giocarsi le sue carte

Il segretario del Partito democratico non esprimerà nessun nome prima delle elezioni. Scenari politici post elettorali

Matteo Renzi sarebbe in procinto di compiere il grande passo e lancerebbe Paolo Gentiloni candidato premier a pochi giorni dal voto? Qualche giornale ieri lo ipotizzava, ma la verità è un’altra. Il segretario del Partito democratico non esprimerà nessun nome prima delle elezioni. Paolo Gentiloni per Renzi è una carta che, eventualmente, potrebbe giocarsi dopo il voto, non adesso. E comunque non è nemmeno detto che se la giochi all’indomani delle elezioni. Infatti, se dalle urne il Pd e la coalizione di centrosinistra non dovessero andare male come oggi si scrive e si pensa, Renzi potrebbe proporsi in prima persona.

 

Gentiloni, dunque, dovrà aspettare. Ma Matteo Renzi sa bene che già adesso Sergio Mattarella, Romano Prodi, Marco Minniti e un altro pezzo del suo partito puntano comunque sull’attuale premier, sempre che il centrodestra non vinca le elezioni del 4 marzo. Sarebbe lui il capo del “governo del presidente” in una situazione di stallo. Il segretario del Partito democratico non è in linea di principio contrario a una simile prospettiva, ma vuole comunque essere lui a distribuire le carte e punta a evitare che invece, come vorrebbero Prodi, Mattarella e Minniti, i giochi venissero fatti sopra la sua testa. Per questa ragione, come scriveva la Stampa, ha riaperto un canale di comunicazione con Silvio Berlusconi. Già, vuole evitare che nel caso in cui vi sia una maggioranza definita il leader di Forza Italia si metta a giocare di concerto con Mattarella scavalcandolo.

 

Ma qual è la percentuale che potrebbe indurre Matteo Renzi alle dimissioni? E’ una domanda che si fanno in molti e non solo nel Partito democratico. Nessuna, risponde chi lo conosce bene. Nel caso in cui il Pd prendesse una vera e propria batosta e andasse intorno al 20 per cento, il segretario non si dimetterebbe, lasciando aperta la strada a un cambio di leadership (qualcuno ipotizza ancora la soluzione Delrio per un avvicendamento che venga accettato anche in area renziana). No, il leader del Pd a quel punto rilancerebbe proponendo di andare a un congresso in tempi brevi. Lì se la giocherebbe forte dei numeri che ha nel partito e nei gruppi parlamentari. Certo, dopo uno scontro del genere potrebbero essere inevitabili ulteriori scissioni, ma anche quelle vengono messe nel conto. A quel punto, seppur ridimensionato, nascerebbe veramente il Pdr, ossia il partito di Renzi. I fedelissimi sono pronti anche a questa nuova avventura.

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