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Cronaca semiseria di un'improbabile lezione del M5s sui bilanci

Valentino Rosso

Il tema del giorno è il bilancio degli enti locali. A Torino. Dove la sindaca Chiara Appendino, insieme all’assessore al Bilancio e al capo di gabinetto, sono indagati con l’accusa di falso in atto pubblico

Torino. Indicazioni, non ce ne sono. Striscioni, gazebo: nulla. “Vogliamo governare l’Italia, ma non riusciamo a mettere due cartelli”, sbotta un uomo sulla sessantina, irritato perché teme di essere in ritardo. E invece no: la coda, per entrare, è ancora lunga. Le scale che scendono verso l’auditorium di Corso Dante, zona sud di Torino, sono affollate. L’ingorgo non si scioglie: per entrare all’Open Day di Rousseau – uno degli incontri in cui gli arcana della mirabolante piattaforma digitale del Movimento 5 stelle vengono rivelati agli iscritti – bisognava prenotarsi online, attendere una mail di conferma, e poi mostrarla all’ingresso: ma in tanti non lo avevano capito, e gli addetti che con zelo, all’ingresso, decidono ora chi è ammesso e chi no, si trovano costretti a gestire come possono, con la cortesia un po’ glaciale che è tipica degli operatori dei call center, domande e lamentele.

 

“E’ per questioni di sicurezza, la capienza massima va rispettata”, spiega Davide Bono, consigliere regionale e anima del Movimento 5 stelle piemontese, che poi però si trova un po’ in imbarazzo quando si accorge che la sala è mezza vuota. “E’ per evitare che s’intrufoli qualche infiltrato e faccia casino”, spiega Eros, attivista napoletano, con l’aria di chi la sa lunga. Alla fine comunque entreranno tutti. E nel torpore del primo dopopranzo, ad accogliere la platea c’è, sul maxischermo, una bilancia stilizzata: “Bilancio, questo sconosciuto”.

 

Sul palco sale la deputata Laura Castelli. Che gioca doppiamente in casa. Sia perché è nata a pochi chilometri da qui. Sia perché ormai è lei, forte di una laurea triennale in Economia aziendale, la responsabile grillina delle tematiche economiche. Ma prima che la lezione abbia inizio, ai presenti viene distribuito un questionario. “Tranquilli, è in forma anonima”, scherza lei. E’ una “valutazione ex ante”: sì, perché alla fine del seminario bisognerà compilare quella “ex post”. “Per vedere se avete fatto dei progressi, ah ah”.

 

Il tema del giorno è, manco a dirlo, il bilancio degli enti locali. A Torino. Dove la sindaca Chiara Appendino, insieme all’assessore al Bilancio e al capo di gabinetto, sono indagati con l’accusa di falso in atto pubblico: proprio per avere, secondo i pm, omesso d’inserire a bilancio 5 milioni di debito del Comune. Facciamoci del male. “Eh, in effetti: magari se il seminario lo avessimo fatto prima”, sorride un consigliere regionale del M5s. La dissertazione intanto procede: le slide si susseguono, la Castelli, col tono affabile di chi si sforza di coinvolgerti, fa quel che può per non apparire un po’ pedante, mentre illustra la normativa sul processo di armonizzazione contabile e sui metodi di estinzione anticipata dei prestiti. Ogni tanto si ferma, si rivolge alla platea (“Il 193 del Tuel dovete studiarvelo bene, eh, mi raccomando”), chiede se ci sono domande. E certo ha del commovente, l’impegno con cui tanti attivisti – la maggiora parte ha più di cinquant’anni – prendono appunti sui loro quaderni, danno di gomito ai vicini per chiedere chiarimenti (“Ma tu l’hai capito perché il disavanzo è una trappola?”). Del commovente e dell’inquietante, al tempo stesso. Conforta allora scorgere qualcuno che, più che ascoltare, tra uno sbadiglio e l’altro guarda Torino-Milan sull’iPad.

 

La lezione finisce, ed è la volta della propaganda.

 

L’eurodeputata Tiziana Beghin le prova tutte per strappare un’ovazione inveendo contro “un certo signor Salvini, il più assenteista del Parlamento di Bruxelles”, ma l’unico applauso lo ottiene raccontando di quando Martin Schulz la chiama per cognome – “Beghin” – e tutta l’assemblea capisce che la votazione “cominci”. Poi c’è Danilo Toninelli, che dovrebbe spiegare il funzionamento di Rousseau ma più che altro inveisce contro Renzi e il “Rosatellum di Verdini”, che è “una merda” (la legge, s’intende, non il senatore). E Manlio Di Stefano, candidato in pectore per la Farnesina, spiega che “se ci fosse una stampa libera Berlusconi sarebbe in galera, non in campagna elettorale”. Ma ormai l’evento marcia a fatica, l’entusiasmo dei primi minuti s’è annacquato. “Ecco che arriva Chiara”. Ma la Appendino parla solo per pochi minuti. Poi ha un impegno, deve proprio scappare. Sipario.

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